La vita

La vita

  Gli anni della formazione

Un’infanzia dolorosa Umberto Saba – pseudonimo di Umberto Poli – nasce a Trieste nel 1883. La severità della figura materna, Felicita Rachele Coen, e l’intenso affetto della balia slovena a cui viene affidato, Gioseppa (Peppa), segnano profondamente il poeta, che non smetterà mai di ricordarle nella sua poesia.

Raggiunta la maggiore età, il giovane rinuncerà al cognome paterno in segno di ostilità verso il genitore, che, lasciando la famiglia ancor prima della sua nascita, ha lasciato in lui un doloroso senso di abbandono. Sceglie così lo pseudonimo di Saba, forse in omaggio all’amata balia – il cui cognome è tradizionalmente riportato come Sabaz – o forse in riferimento alle origini ebraiche della madre (in ebraico la parola saba significa “pane”).

La consolazione della poesia Saba ha un percorso scolastico irregolare. Dopo avere frequentato il ginnasio con scarso profitto, si iscrive all’Imperial-regia Accademia di commercio e nautica (a quel tempo la città di Trieste faceva ancora parte dell’Impero austro-ungarico), imbarcandosi poi come mozzo su un mercantile. In seguito viene assunto come apprendista da una ditta triestina.

Negli anni della giovinezza il poeta tende a rifugiarsi nelle proprie fantasticherie e in quelle che in seguito definirà «le sterminate letture d’infanzia»: individua in Leopardi, in particolare, il proprio autore prediletto, ma legge anche altri poeti, tra cui d’Annunzio.

Nel 1905 si trasferisce a Firenze, dove prende contatto con gli ambienti intellettuali della città e in particolare con il gruppo che si riunisce intorno alla “Voce”. I rapporti sono però di reciproca incomprensione: il gusto poetico di Saba è infatti assai lontano dagli orientamenti estetici della rivista. Essendo cittadino italiano per parte di padre, nel 1907-1908 svolge il servizio militare a Firenze e a Salerno.

Il matrimonio e l’esordio letterario Nel 1909 torna a Trieste e sposa, con rito ebraico, Carolina Wölfler – la donna cantata con il nome di Lina nel Canzoniere –, che sarà la compagna di tutta una vita (salvo un periodo di separazione e crisi coniugale) e musa ispiratrice della sua poesia. L’anno seguente nasce Linuccia, la loro unica figlia.

Alla fine del 1910 pubblica a Firenze, a proprie spese, il primo libroPoe­sie, che però non riceve particolare attenzione o apprezzamento. Gli intellettuali della “Voce” non gli risparmiano le stroncature: uno di loro, il suo concittadino Scipio Slataper, afferma di cogliere nella poesia di Saba una «stanchezza che moralmente ci ripugna».

CRONACHE dal PASSATO

  Un incontro con d’Annunzio

La soggezione del giovane poeta di fronte alla cortese accoglienza del “vate”


Non si può immaginare poeta più diverso da Saba di Gabriele d’Annunzio. Eppure – come tutti i poeti italiani di inizio Novecento – anche il giovane Umberto non si sottrae al fascino incantatore del “vate”.

Una visita in Versilia

A distanza di anni, egli ricorda così una visita resa a d’Annunzio in Versilia, nel 1905, grazie all’amicizia con uno dei suoi figli, Gabriellino: «Mi accolse un bianco immacolato signore (voglio dire un signore vestito inappuntabilmente di bianco), ancora giovane, che aveva, e sapeva di avere, un sorriso affascinante. Egli fu con me, dal primo istante, squisito. E quanto sia stato squisito appena oggi posso capirlo, perché appena oggi riesco ad immaginare la noia che deve avergli recata la presenza di quel “giovane poeta”, che aveva alcune “umane stranezze”, e vestiva (anche questo però allora usava) un palamidone [un soprabito molto ampio e lungo] grigio azzurro, coi risvolti di seta. Si liberò da suo figlio, e da altre persone che gli stavano attorno, e mi condusse nel giardino della villa, dove mi fece sedere accanto a sé su una panca».

L’«aquila» e il «pulcino»

Al suo cospetto Saba è in soggezione, si sente «come un pulcino tra gli artigli di un’aquila». D’Annunzio promette al giovane triestino di segnalare i suoi versi al proprio editore, promessa che però non manterrà. A proposito di questo episodio Saba scrive, in un sonetto dell’Autobiografia (1924): «Gabriele d’Annunzio alla Versiglia / vidi e conobbi; all’ospite fu assai / egli cortese, altro per me non fece». Di buono, di quell’incontro, gli rimarrà se non altro il ricordo di aver gustato, alla tavola di casa d’Annunzio, un’ottima pastasciutta al sugo di pomodoro.

  Un’esistenza avara di gioie

La ricerca di una sistemazione stabile Alla vigilia della Prima guerra mondiale Saba è a Milano, dove amministra i conti di un cabaret. Dopo il conflitto, al quale partecipa ricoprendo ruoli amministrativi e di retroguardia (a risparmiargli le trincee sono gli accessi di depressione constatati dai medici), rileva a Trieste, nel frattempo diventata italiana, una libreria antiquaria, che gli consente di vivere sobriamente per tutta la vita e di dedicarsi alla poesia. L’attività commerciale gli dà inoltre l’occasione di conoscere artisti e scrittori e di viaggiare in diverse città d’Italia e d’Europa.

Nel 1921, con il marchio editoriale della libreria, pubblica la prima edizione del Canzoniere, che comprende tutte le liriche composte fino a quel momento. Nello stesso anno muore sua madre.

Le leggi razziali, la guerra e gli ultimi anni Nel 1938, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, Saba abbandona Trieste per rifugiarsi a Parigi. Le persecuzioni contro gli ebrei, la Seconda guerra mondiale e la crisi triestina dell’immediato dopoguerra (con l’occupazione militare della città da parte dei paesi vincitori del conflitto) aggiungono ragioni sociali e politiche all’infelicità esistenziale del poeta. Sono esperienze che tornano insistentemente nelle ultime raccolte di poe­sie, riunite poi nella terza parte del Canzoniere.

Saba trascorre gli ultimi anni della sua vita a Trieste, con prolungati ricoveri in clinica dovuti a una nevrosi di origine depressiva, di cui egli soffriva peraltro da tempo e aggravatasi in seguito alla perdita della moglie, scomparsa nel 1956. In questo periodo scrive anche un romanzo rimasto incompiuto, Ernesto. Muore a Gorizia nel 1957.

La libreria “Umberto Saba”

L’origine dell’attuale libreria “Umberto Saba” risale al 1904, con l’avvio di un’attività antiquaria. Acquistata nel 1919 da Umberto Saba e ribattezzata “Libreria antica e moderna”, essa diviene il «nero antro funesto» dove il poeta lavora e scrive, nonché un importante punto di incontro per intellettuali triestini (Italo Svevo, Giani Stuparich, Virgilio Giotti) e non (Carlo Levi, Giovanni Comisso), entrando a pieno titolo nella storia della città di Trieste.

Dal 1981 a gestire la libreria è Mario Cerne, figlio di Carletto, socio di Saba dopo la guerra, il quale l’aveva ereditata alla morte del poeta. Il negozio è oggi un vero e proprio monumento alla memoria, ed è stato recentemente restaurato a cura della Biblioteca Marciana di Venezia grazie al finanziamento del ministero dei Beni culturali.

Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi