T7 - La condanna alla follia (Enrico IV)

T7

La condanna alla follia

Enrico IV, atto III

Riportiamo le pagine conclusive del dramma, quando un medico escogita una messa in scena per far rinsavire Enrico (che in realtà ha già riacquistato il senno da otto anni). Egli ha preparato un incontro del falso folle con Matilde, la donna che aveva amato, e sua figlia Frida, vestite entrambe come il personaggio storico della contessa Matilde di Canossa, lo stesso travestimento indossato dalla marchesa il giorno della caduta di Enrico da cavallo. Frida assomiglia in modo impressionante a sua madre da giovane, e la sua vista dovrebbe riportare Enrico a quel momento di vent’anni prima, facendogli riprendere da lì una nuova vita: «Come un orologio che si sia arrestato a una cert’ora, e che si rimetta a segnare il suo tempo, dopo un così lungo arresto». Ma mentre il protagonista è sconvolto dall’apparizione di Frida, irrompono sulla scena Matilde, Belcredi e il Dottore, i quali hanno appreso dai servi che il pazzo non è più tale.

enrico iv […] Caso interessantissimo, dottore! Studiatemi, studiatemi bene!

Vibra tutto, parlando:

Da sé,1 chi sa come, un giorno, il guasto qua…

si tocca la fronte

5      che so… si sanò. Riapro gli occhi a poco a poco, e non so in prima2 se sia sonno

o veglia; ma sì, sono sveglio; tocco questa cosa e quella: torno a vedere chiara­mente… 

Ah! – come lui dice –

accenna a Belcredi

via, via allora, quest’abito da mascherato! questo incubo! Apriamo le finestre:

10    respiriamo la vita! Via, via, corriamo fuori!

Arrestando d’un tratto la foga:

Dove? a far che cosa? a farmi mostrare a dito da tutti, di nascosto, come Enrico

IV, non più così, ma a braccetto con te,3 tra i cari amici della vita?

belcredi Ma no! Che dici? Perché?

15    donna matilde Chi potrebbe più…? Ma neanche a pensarlo! Se fu una disgrazia!

enrico iv Ma se già mi chiamavano pazzo, prima, tutti!

A Belcredi

E tu lo sai! Tu che più di tutti ti accanivi contro chi tentava difendermi!

belcredi Oh, via, per ischerzo!

20    ENRICO IV E guardami qua i capelli!

Gli mostra i capelli sulla nuca.

belcredi Ma li ho grigi anch’io!

enrico iv Sì, con questa differenza: che li ho fatti grigi qua, io, da Enrico IV,4 capisci?

E non me n’ero mica accorto! Me n’accorsi in un giorno solo, tutt’a un tratto,

25    riaprendo gli occhi, e fu uno spavento, perché capii subito che non solo i ca­pelli, 

ma doveva esser diventato grigio tutto così, è tutto crollato, tutto finito: e

che sarei arrivato con una fame da lupo a un banchetto già bell’e sparecchiato.

belcredi Eh, ma gli altri, scusa…

enrico iv (subito) Lo so, non potevano stare ad aspettare ch’io guarissi, nemmeno

30    quelli che, dietro a me, punsero a sangue il mio cavallo bardato…5

di nolli6 (impressionato) Come, come?

enrico iv Sì, a tradimento, per farlo springare7 e farmi cadere!

donna matilde (subito, con orrore) Ma questo lo so adesso, io!8

enrico iv Sarà stato anche questo per uno scherzo!9

35    DONNA MATILDE Ma chi fu? Chi stava dietro alla nostra coppia?

enrico iv Non importa saperlo! Tutti quelli che seguitarono a banchettare10 e che

ormai mi avrebbero fatto trovare i loro avanzi, Marchesa, di magra o molle pie­tà, 

o nel piatto insudiciato qualche lisca di rimorso, attaccata. Grazie!

Voltandosi di scatto al Dottore:

40    E allora, dottore, vedete se il caso non è veramente nuovo negli annali della

pazzia! – preferii restar pazzo – trovando qua tutto pronto e disposto per questa

delizia di nuovo genere: viverla – con la più lucida coscienza – la mia pazzia e

vendicarmi così della brutalità d’un sasso che m’aveva ammaccato la testa! La

solitudine – questa – così squallida e vuota come m’apparve riaprendo gli oc­chi11

45    – rivestirmela subito, meglio, di tutti i colori e gli splendori di quel lontano

giorno di carnevale, quando voi

guarda Donna Matilde e le indica Frida12

eccovi là, Marchesa, trionfaste! – e obbligar tutti quelli che si presentavano a

me, a seguitarla, perdio, per il mio spasso, ora, quell’antica famosa mascherata13

50    che era stata – per voi e non per me – la burla di un giorno! Fare che diventasse

per sempre – non più una burla, no; ma una realtà, la realtà di una vera pazzia:

qua, tutti mascherati, e la sala del trono, e questi quattro miei consiglieri segreti,

e – s’intende – traditori!14

Si volta subito verso di loro.

55    Vorrei sapere che ci avete guadagnato, svelando che ero guarito! – Se sono gua­rito, 

non c’è più bisogno di voi, e sarete licenziati! – Confidarsi con qualcuno,

questo sì, è veramente da pazzo! – Ah, ma vi accuso io, ora, a mia volta! – Sa­pete? 

– Credevano di potersi mettere a farla anche loro adesso la burla, con me,

alle vostre spalle.15

60    Scoppia a ridere. Ridono ma sconcertati, anche gli altri, meno Donna Matilde.

belcredi (al Di Nolli) Ah, senti… non c’è male…

di nolli (ai quattro giovani) Voi?

enrico iv Bisogna perdonarli! Questo,

si scuote l’abito addosso

65    questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra masche­rata, 

continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii

indica Belcredi

quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere – l’abito, il loro

abito, perdonateli, ancora non lo vedono come la loro stessa persona.

70    Voltandosi di nuovo a Belcredi:

Sai? Ci si assuefà facilmente. E si passeggia come niente, così, da tragico 

perso­naggio –

eseguisce

– in una sala come questa! – Guardate, dottore! – Ricordo un prete – certamen­te 

75    irlandese – bello – che dormiva al sole, un giorno di novembre, appoggiato

col braccio alla spalliera del sedile, in un pubblico giardino: annegato nella

dorata delizia di quel tepore, che per lui doveva essere quasi estivo. Si può star

sicuri che in quel momento non sapeva più d’esser prete, né dove fosse. Sogna­va! 

E chi sa che sognava! – Passò un monello, che aveva strappato con tutto il

80    gambo un fiore. Passando, lo vellicò,16 qua al collo. – Gli vidi aprir gli occhi

ridenti; e tutta la bocca ridergli del riso beato del suo sogno; immemore: ma

subito vi so dire che si ricompose rigido nel suo abito da prete e che gli ritornò

negli occhi la stessa serietà che voi avete già veduta nei miei; perché i preti irlan­desi 

difendono la serietà della loro fede cattolica con lo stesso zelo con cui io i

85    diritti sacrosanti della monarchia ereditaria.17 – Sono guarito, signori: perché so

perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! – Il guajo è per voi che la

vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia.

belcredi Siamo arrivati, guarda! alla conclusione, che i pazzi adesso siamo noi!

enrico iv (con uno scatto che pur si sforza di contenere) Ma se non foste pazzi, tu e lei

90    insieme,

indica la Marchesa

sareste venuti da me?

belcredi Io, veramente, sono venuto credendo che il pazzo fossi tu.

enrico iv (subito forte, indicando la Marchesa) E lei?

95    BELCREDI Ah lei, non so… Vedo che è come incantata da quello che tu dici… affasci­nata 

da codesta tua «cosciente» pazzia!

Si volge a lei:

Parata come già siete,18 dico, potreste anche restare qua a viverla, Marchesa…

donna matilde Voi siete un insolente!

100 ENRICO IV (subito, placandola) Non ve ne curate!19 Non ve ne curate! Seguita a cimen­tare. 

Eppure il dottore glie l’ha avvertito, di non cimentare.20

Voltandosi a Belcredi:

Ma che vuoi che m’agiti più ciò che avvenne tra noi;21 la parte che avesti nelle

mie disgrazie con lei22

105 indica la Marchesa e si rivolge ora a lei indicandole il Belcredi

la parte che lui adesso ha per voi!23 – La mia vita è questa! Non è la vostra! – La

vostra, in cui siete invecchiati, io non l’ho vissuta! –

A Donna Matilde:

Mi volevate dir questo, dimostrar questo, con vostro sacrificio, parata così per

110 consiglio del dottore? Oh, fatto benissimo, ve l’ho detto, dottore: – «Quelli che

eravamo allora, eh? e come siamo adesso?» – Ma io non sono un pazzo a modo

vostro, dottore! Io so bene che quello

indica il Di Nolli

non può esser me, perché Enrico IV sono io: io, qua, da venti anni, capite? Fisso

115 in questa eternità di maschera! Li ha vissuti lei,

indica la Marchesa

se li è goduti lei, questi venti anni, per diventare – eccola là – come io non posso

riconoscerla più: perché io la conosco così24

indica Frida e le si accosta

120 – per me, è questa sempre… Mi sembrate tanti bambini, che io possa spaventare.

A Frida:

E ti sei spaventata davvero tu, bambina, dello scherzo che ti avevano persuaso a

fare, senza intendere che per me non poteva essere lo scherzo che loro credeva­no; 

ma questo terribile prodigio: il sogno che si fa vivo in te, più che mai! Eri lì

125 un’immagine; ti hanno fatta persona viva – sei mia! sei mia! mia! di diritto mia!

La cinge con le braccia, ridendo come un pazzo, mentre tutti gridano atterriti; ma come

accorrono per strappargli Frida dalle braccia, si fa terribile, e grida ai suoi quattro 

giovani:

Tratteneteli! Tratteneteli! Vi ordino di trattenerli!

130 I quattro giovani, nello stordimento, quasi affascinati, si provano a trattenere automaticamente 

il Di Nolli, il Dottore, il Belcredi.

belcredi (si libera subito e si avventa su Enrico IV) Lasciala! Lasciala! Tu non sei

pazzo!25

enrico iv (fulmineamente, cavando la spada dal fianco di Landolfo che gli sta presso) Non

135 sono pazzo? Eccoti!

E lo ferisce al ventre.

È un urlo d’orrore. Tutti accorrono a sorreggere il Belcredi, esclamando in tumulto.

di nolli T’ha ferito?

bertoldo L’ha ferito! L’ha ferito!

140 dottore Lo dicevo io!

frida Oh Dio!

di nolli Frida, qua!

donna matilde È pazzo! È pazzo!

di nolli Tenetelo!

145 BELCREDI (mentre lo trasportano di là, per l’uscio a sinistra, protesta ferocemente) No!

Non sei pazzo! Non è pazzo! Non è pazzo!

Escono per l’uscio a sinistra, gridando, e seguitano di là a gridare finché sugli altri gridi se

ne sente uno più acuto di Donna Matilde,26 a cui segue un silenzio.

enrico iv (rimasto sulla scena tra Landolfo, Arialdo e Ordulfo, con gli occhi sbarrati, esterrefatto 

150 dalla vita della sua stessa finzione che in un momento lo ha forzato al delitto)

Ora sì… per forza…

li chiama attorno a sé, come a ripararsi,

qua insieme, qua insieme… e per sempre!

 >> pagina 690

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nelle battute finali del dramma il protagonista confessa agli astanti di non essere più pazzo, ma al tempo stesso lamenta l’impossibilità di tornare a una vita normale. Passati tanti anni, egli si accorge che ormai il banchetto è già bell’e sparecchiato (r. 27), cioè, fuor di metafora, che la vita è stata goduta da altri, mentre lui era recluso nel carcere mentale e fisico della sua pazzia. Ora è rinsavito, ma per lui rimangono solo avanzi (r. 37), una magra o molle pietà (rr. 37-38) o, al massimo, un po’ di rimorso (r. 38) da parte degli altri.

L’unica soluzione che gli appare possibile, dunque, è quella di vivere la propria condizione con la più lucida coscienza (r. 42), vale a dire con piena consapevolezza, per scelta e non per accidente. D’altra parte – afferma Enrico – la finzione accomuna tutti, pazzi e sani di mente, essendo una generale consuetudine sociale: i panni regali che egli ha vestito per tanti anni, e che continua anche ora a indossare, sono soltanto la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii (rr. 65-66), vale a dire il simbolo esasperato dell’abitudine a fingere, ad assumere maschere e ruoli rigidi, che tutti noi manteniamo nei rapporti interpersonali di tutti i giorni. Ma a differenza di Enrico, che ha scelto di fare della maschera la propria realtà, gli altri non sono in grado di vedere che l’abito, la maschera che portano su di sé, corrisponde ormai alla loro stessa persona (r. 69).

 >> pagina 691 

La finzione può però assumere una vita autonoma, inconsapevole, anche in chi, come Enrico, normalmente sia cosciente del carattere “teatrale” del nostro agire e del nostro atteggiarci: è proprio quella vita che in un momento lo ha forzato al delitto (r. 150). A questo punto solo la prosecuzione della sua recita potrà evitargli la punizione per il delitto compiuto. Perciò non gli resta che continuare a fingere: Ora sì… per forza… (r. 151). Dopo avere rivelato di essere guarito dalla follia, adesso, avendo ucciso Belcredi, Enrico si è condannato a portare per sempre la maschera e a rimanere ancorato a un destino di solitudine assoluta.

Le scelte stilistiche

Nello strutturare il suo dramma, Pirandello riprende alcuni topoi del teatro tradizionale, come il colpo di scena nel momento in cui culmina la vicenda (qui la rivelazione che il protagonista non è pazzo, ma ha soltanto finto di esserlo) e il finale melodrammatico (in questo caso la punizione del colpevole). Tuttavia, tali elementi sono inseriti in un contesto la cui finzione viene esplicitamente esibita: un castello falso, personaggi mascherati con costumi medievali da operetta, un protagonista che simula di essere pazzo, una storia apertamente inverosimile. In tal modo il pubblico viene di continuo avvertito che il dramma non è reale e neppure realistico, ma che si tratta, appunto, di un’invenzione fantasiosa. Ciò determina come conseguenza un raffreddamento dell’adesione emotiva dello spettatore alle vicende rappresentate, a favore di un maggior distacco razionale.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi in circa 10 righe il contenuto delle parole rivolte da Enrico agli astanti.


2 Perché Enrico trafigge Belcredi? Che cosa stava cercando di impedirgli di fare quest’ultimo?

ANALIZZARE

3 Rintraccia nelle battute di Enrico la presenza di toni ironici e sarcastici.

INTERPRETARE

4 Quali sentimenti ti sembra provare Matilde nei confronti di Enrico? Motiva la tua risposta con opportuni riferimenti al testo.


5 In che modo l’aneddoto del prete irlandese (Ricordo un prete… della monarchia ereditaria, rr. 74-85) si lega alla situazione di Enrico?

Produrre

6 Scrivere per esporre. Partendo da questo brano e riferendoti ad altri testi di Pirandello, inquadra il tema del rapporto fra normalità e pazzia nell’opera dell’autore in un testo espositivo di circa 50 righe.

Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento