Due lettere a padri difficili
Talora l’annientamento della volontà dei figli da parte dei genitori equivale, se non a una morte fisica, a una sorta di morte interiore. Ne è esempio il giovane Giacomo Leopardi, per il quale il padre Monaldo aveva previsto il ruolo di “prete di casa”, poiché i diritti di primogenitura erano passati a Carlo, più sano e robusto. Giacomo, però, si accorge che i progetti paterni sono in contrasto con i suoi sogni di gloria. Così, appena raggiunta la maggiore età, nel 1819 il giovane poeta progetta la fuga da Recanati, scrivendo a Monaldo una lettera di congedo in cui dichiara, drammaticamente, la propria condizione di figlio soffocato dai vincoli familiari.
Esattamente cent’anni più tardi, un’accesa contrapposizione al proprio genitore viene espressa da Franz Kafka (1883-1924) nella Lettera al padre (1919). I rapporti tra il robusto padre commerciante e il fragile figlio scrittore non erano dei più semplici: «Come padre», scrive, «tu eri troppo forte per me». Lo scrittore compie una lucidissima analisi della relazione con la figura paterna, forse per trovare uno spiraglio di comunicazione, anche se non consegnerà mai al destinatario la sua lettera, scritta cinque anni prima di morire.