Lo stile e le strutture narrative

Lo stile e le strutture narrative

Il tempo della coscienza La coscienza di Zeno è un libro molto innovativo dal punto di vista formale. Un primo elemento di originalità è legato al trattamento del tempo narrativo. I fatti non si susseguono, in base a un “prima” e a un “poi” o in virtù di rapporti di causa ed effetto, ma si intersecano e si sovrappongono tra loro, giacché risultano compresenti nella coscienza del protagonista.

La concretezza degli eventi e della realtà oggettiva viene continuamente messa in discussione dal commento del narratore, attraverso la costante intersezione tra due piani temporali: quello della stesura delle memorie (l’oggi della scrittura) e quello degli eventi accaduti nel passato (lo ieri dei fatti) che ora vengono ripercorsi dal narratore.

Il primo piano, quello del presente, copre due anni della vita del protagonista (dai 57 ai 59 anni d’età; dal 1914 al 1916) e occupa i capitoli 2 e 8 (Preambolo; Psico-analisi); il secondo, quello del passato, abbraccia sei anni (dai 33 ai 38 anni d’età; dal 1890 al 1896) e copre i capitoli dal 4 al 7 (La morte di mio padre; La storia del mio matrimonio; La moglie e l’amante; Storia di un’associazione commerciale); nel capitolo 3 (Il fumo) si intrecciano piani temporali diversi: Zeno bambino, poi ventenne, infine padre di un figlio di tre anni. I medesimi periodi vengono ripercorsi a più riprese nei vari capitoli, in base alle tematiche su cui di volta in volta si focalizza l’attenzione del narratore.

Il continuo andirivieni temporale – con frasi che riepilogano e passaggi che anticipano esiti successivi – oltre a mettere in crisi il tempo “reale”, cioè il tradizionale ordine cronologico della narrazione, reinterpreta e modifica i fatti del passato, che così perdono la loro univoca fissità. Inoltre, mentre il narratore racconta eventi e azioni, li giudica e li sottopone a un’impietosa disamina critica.

L’ironia Rispetto al tono a tratti tragico e angoscioso con cui vengono descritte le vicende di Alfonso Nitti ed Emilio Brentani, il clima dominante nella Coscienza è senza dubbio più lieve e rasserenato. Tale risultato è ottenuto grazie all’ironia della narrazione: Zeno è un personaggio che non prende nulla sul serio, soprattutto sé stesso e i propri problemi. Attraverso l’ironia, intesa come distacco salutare dall’esistenza propria e degli altri, egli trasforma l’inettitudine in strategia di sopravvivenza, stempera disillusioni e fallimenti ed esprime un profondo scetticismo verso sé stesso e il mondo che lo circonda.

All’ironia di Zeno come elemento caratteristico del suo temperamento corrisponde, sul piano narratologico, l’ironia come strategia retorica dominante, nei termini di una ricorrente compresenza di significati opposti all’interno della stessa espressione. Ciò accade a partire dal titolo stesso del libro: il termine coscienza può essere inteso in senso cognitivo (“consapevolezza”) oppure in senso etico (“giudizio morale”), ma esso ci dice anche che il protagonista racconta solo ciò che sa (di cui è cosciente) e ciò che vuole raccontare, nei modi suggeriti dalla sua indole bugiarda e dalla sua – è il caso di dire – “cattiva” coscienza.

L’antiletterarietà Un ultimo elemento di originalità, per quanto controverso, è legato allo stile del romanzo. “Svevo scrive male”: a lungo questo pregiudizio ha condizionato la ricezione della Coscienza. Certamente lo scrittore conosceva, meglio dell’italiano, il dialetto triestino, usato in famiglia, e il tedesco, la lingua in cui gli era stato impartito l’insegnamento nelle scuole austriache da lui frequentate e a cui faceva ricorso, professionalmente, per le corrispondenze commerciali. Probabilmente Svevo si identifica in Zeno, al di là dell’artificio letterario, quando questi afferma: «Il dottore presta una fede troppo grande anche a quelle mie benedette confessioni che non vuole restituirmi perché le riveda. Dio mio! Egli non studiò che la medicina e perciò ignora che cosa significhi scrivere in italiano per noi che parliamo e non sappiamo scrivere che il dialetto. […] Con ogni nostra parola toscana noi mentiamo! Se egli sapesse come raccontiamo con predilezione tutte le cose per le quali abbiamo pronta la frase e come evitiamo quelle che ci obbligherebbero di ricorrere al vocabolario!».

In effetti, lo stile del romanzo appare decisamente antiletterario, cioè scarno e privo di ornamenti. La sintassi è piuttosto elementare nell’articolazione, a volte macchinosa: sono frequenti le frasi esclamative, interrogative, incidentali, che interrompono il libero fluire del periodo. Le scelte lessicali lasciano talora affiorare una patina dialettale e accostano vocaboli tecnici, forestierismi, toscanismi e arcaismi letterari; sono presenti incertezze nell’uso dei tempi verbali (l’oscillazione tra passato prossimo e passato remoto in contesti analoghi) e delle preposizioni (in particolare di e da).

Lo scrittore appare indifferente all’eleganza del testo e più attento al significato che alla forma: la verità può essere detta semplicemente; anzi, talvolta, le incongruenze e le inesattezze grammaticali riflettono con efficacia il disagio e l’insensatezza di un’esistenza indecifrabile.

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I testi

Temi e motivi dei brani antologizzati

T4

La Prefazione e il Preambolo

Capp. 1-2

• la “vendetta” del dottor S.

• la scrittura come preludio alla psicanalisi

• gli inganni della memoria

• Zeno narratore inattendibile

T5

Il vizio del fumo e le «ultime sigarette»

Cap. 3

• la malattia della volontà

• mistificazione e autoinganni dell’inetto

• il tempo misto della coscienza

T6

La morte del padre

Cap. 4

• la morte del padre come fine della giovinezza

• lo schiaffo in punto di morte

• senso di colpa e complesso di Edipo

T7

«La vita attuale è inquinata alle radici»

Cap. 8

• la guarigione e l’abbandono della terapia

• la vita come «malattia mortale»

• l’epoca degli «ordigni» e il “disagio della civiltà”

• la profezia di una catastrofe planetaria

Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento