Scritta in occasione dell’edizione definitiva della raccolta Canto novo, nel 1896, questa poesia può essere considerata un programma esistenziale del primo d’Annunzio. Essa celebra con enfasi il vitalismo, l’adesione alle diverse manifestazioni della vita, la felicità e il piacere raggiungibili grazie alla libera espressione dei sensi.
T1 - Canta la gioia! (Canto novo)
T1
Canta la gioia!
Canto novo
Canta la gioia! Io voglio cingerti
di tutti i fiori perché tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa magnifica donatrice!
5 Canta l’immensa gioia di vivere,
d’essere forte, d’essere giovine,
di mordere i frutti terrestri
con saldi e bianchi denti voraci,
di por le mani audaci e cupide
10 su ogni dolce cosa tangibile,
di tendere l’arco su ogni
preda novella che il desìo miri,
e di ascoltare tutte le musiche,
e di guardare con occhi fiammei
15 il volto divino del mondo
come l’amante guarda l’amata,
e di adorare ogni fuggevole
forma, ogni segno vago, ogni immagine
vanente, ogni grazia caduca,
20 ogni apparenza ne l’ora breve.
Canta la gioia! Lungi da l’anima
nostra il dolore, veste cinerea.
È un misero schiavo colui
che del dolore fa la sua veste.
25 A te la gioia, Ospite! Io voglio
vestirti da la più rossa porpora
s’io debba pur tingere il tuo
bisso nel sangue de le mie vene.
Di tutti i fiori io voglio cingerti
30 trasfigurata perché tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa invincibile creatrice!
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
Come un sacerdote della natura che esalta la bellezza dell’universo, d’Annunzio esorta la donna amata (l’Ospite del v. 25) a cantare con lui la gioia dell’esistenza quale puro istinto. Nessun impedimento interiore può complicare le lodi della vita, da assaporare, anzi da mordere, con una bramosia tanto più irrefrenabile quanto più se ne gode appieno la ricchezza. Il poeta celebra le passioni come virtù, dettando un nuovo programma esistenziale non più ispirato alla sobrietà e alla purezza dell’anima, ma al godimento sfrenato dei sensi.
Da questo invito al piacere d’Annunzio ricava una nuova nozione di libertà: l’uomo libero è colui che sa affrancarsi dal dolore e da ogni sentimento del peccato. Affiora con semplicità e immediatezza il mito autobiografico dell’uomo mai appagato dai diversi aspetti della realtà, che a nulla rinuncia per celebrare la fervida pienezza del proprio slancio vitale.
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Le scelte stilistiche
La poesia presenta una costruzione seriale, a elenco (por le mani, ascoltare, guardare, adorare ecc.), per passare in rassegna tutti i diversi frutti terrestri (v. 7) da cogliere. Il poeta sembra trasportato dal desiderio accorato (si vedano le frequenti ripetizioni, tra cui la gioia la gioia la gioia nel terzo e nel penultimo verso del componimento) di convincere il proprio interlocutore grazie al tono esclamativo e a un lessico semplice. Del resto, egli vuole inneggiare alla vita senza complicazioni intellettualistiche – quindi senza difficoltà sintattiche –, ricalcando il modello classico del “cogli l’attimo” di Orazio: poiché l’ora, cioè la giovinezza, è fuggitiva e precaria, essa va afferrata subito e intensamente.
Verso le COMPETENZE
Comprendere
1 Fai la parafrasi del componimento.
2 In che cosa consiste l’invito rivolto dal poeta alla destinataria di questi versi?
ANALIZZARE
3 Riconosci le metafore presenti nel testo.
4 Elenca le notazioni sensoriali con cui è espresso il godimento dei frutti della natura.
Sensazioni |
Termine |
uditive |
|
tattili |
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visive |
|
interpretaRE
5 In quale misura e perché, a tuo giudizio, una poesia come questa che canta l’ebbrezza e la felicità del vivere può essere collocata all’interno della sensibilità decadente?
Produrre
6 Scrivere per confrontare. Confronta i sentimenti espressi da d’Annunzio nella poesia che hai appena letto con quelli dei versi seguenti, posti all’inizio dell’Inno alla vita (Laus vitae, in Maia, 1903). Scrivi un testo espositivo di circa 20 righe in cui evidenzi le analogie e le differenze a livello tematico e linguistico.
O Vita, o Vita,
dono terribile del dio,
come una spada fedele,
come una ruggente face,
come la gorgóna,
come la centàurea veste;
o Vita, o Vita,
dono d’oblio,
offerta agreste,
come un’acqua chiara,
come una corona,
come un fiale, come il miele
che la bocca separa
dalla cera tenace;
o Vita, o Vita,
dono dell’Immortale
alla mia sete crudele,
alla mia fame vorace,
alla mia sete e alla mia fame
d’un giorno, non dirò io
tutta la tua bellezza?
Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento