T5 - Alexandros (Poemi conviviali)

T5

Alexandros

Poemi conviviali

Pubblicato per la prima volta sulla rivista romana “Il Convito” nel febbraio del 1895, il componimento presenta la figura di Alessandro Magno, il condottiero macedone vissuto nella seconda metà del IV secolo a.C., mentre rivolge ai soldati parole di disincanto e delusione per essere giunto ai confini della Terra e al termine inevitabile dei suoi viaggi e delle sue avventurose scoperte. Ma dietro l’immagine dell’eroe antico, avido di conoscere mondi nuovi, Pascoli scorge il dramma dell’uomo moderno, destinato a prendere consapevolezza del nulla e della morte a cui conducono tutte le azioni e la vita stessa.


Metro Terzine dantesche di endecasillabi a rima incatenata (ABA BCB CDC ecc.). Ogni strofa termina con un verso isolato che rima con il penultimo della terzina precedente.

I

– Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!

Non altra terra se non là, nell’aria,

quella che in mezzo del brocchier vi brilla,


o Pezetèri: errante e solitaria

5      terra, inaccessa. Dall’ultima sponda

vedete là, mistofori di Caria,


l’ultimo fiume Oceano senz’onda.

O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,

ecco, la terra sfuma e si profonda


10    dentro la notte fulgida del cielo.

II

Fiumane che passai! voi la foresta

immota nella chiara acqua portate,

portate il cupo mormorìo, che resta.


Montagne che varcai! dopo varcate,

15    sì grande spazio di su voi non pare,

che maggior prima non lo invidiate.


Azzurri, come il cielo, come il mare,

o monti! o fiumi! era miglior pensiero

ristare, non guardare oltre, sognare:


20    il sogno è l’infinita ombra del Vero.

III

Oh! più felice, quanto più cammino

m’era d’innanzi; quanto più cimenti,

quanto più dubbi, quanto più destino!


Ad Isso, quando divampava ai vènti

25    notturno il campo, con le mille schiere,

e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.


A Pella! quando nelle lunghe sere

inseguivamo, o mio Capo di toro,

il sole; il sole che tra selve nere,


30    sempre più lungi, ardea come un tesoro.

IV

Figlio d’Amynta! io non sapea di meta

allor che mossi. Un nomo di tra le are

intonava Timotheo, l’auleta:


soffio possente d’un fatale andare,

35    oltre la morte; e m’è nel cuor, presente

come in conchiglia murmure di mare.


O squillo acuto, o spirito possente,

che passi in alto e gridi, che ti segua!

ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…


40    e il canto passa ed oltre noi dilegua. –

V

E così, piange, poi che giunse anelo:

piange dall’occhio nero come morte;

piange dall’occhio azzurro come cielo.


Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)

45    nell’occhio nero lo sperar, più vano;

nell’occhio azzurro il desiar, più forte.


Egli ode belve fremere lontano,

egli ode forze incognite, incessanti,

passargli a fronte nell’immenso piano,


50    come trotto di mandre d’elefanti.

VI

In tanto nell’Epiro aspra e montana

filano le sue vergini sorelle

pel dolce Assente la milesia lana.


A tarda notte, tra le industri ancelle,

55    torcono il fuso con le ceree dita;

e il vento passa e passano le stelle.


Olympiàs in un sogno smarrita

ascolta il lungo favellìo d’un fonte,

ascolta nella cava ombra infinita


60    le grandi quercie bisbigliar sul monte.

 >> pagina 368 

Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Il poeta immagina che Alessandro Magno, giunto al termine delle sue straordinarie imprese fino ai confini del mondo, si renda conto che il suo desiderio di conquista e di avventura non può più essere appagato. Il sogno di una conoscenza e di un potere sconfinati deve infatti arrestarsi davanti all’Oceano, il limite che il destino ha voluto fissare alle possibilità umane e oltre il quale si stende solo l’orizzonte del mistero e del nulla. Nessun’altra terra si apre davanti a lui; sola, lontana e inaccessibile, splende la luna nel cielo, che egli contempla come un miraggio nel buio della notte.

All’eroe non rimane dunque che volgersi indietro nel tempo, quando era ancora carico di speranze, la sua parabola di condottiero era ben lontana dal compiersi e i suoi sogni infiniti di sapere ed esplorare non erano ancora vanificati dalla verità, meschina e ristretta, della realtà. Ora, invece, la tragica scoperta delle scarse risorse dell’individuo e dell’illusorietà delle sue aspirazioni gli svela l’effettiva natura della condizione umana.


1 Quali tappe della vita del grande condottiero sono rievocate nel poemetto?


2 Perché la parola Fine (v. 1) è scritta con la maiuscola?


3 Individua nel testo i vocaboli e le espressioni che rimandano all’idea del termine del viaggio di Alessandro.

Mentre Alessandro piange di amarezza e delusione, le sorelle e la madre vivono nella remota Macedonia, tanto più umili e perciò più felici, nell’intimità dell’ambiente domestico, raccolte nella purezza dei semplici affetti e in un vagare indefinito di pensieri rivolti all’eroe lontano: le sorelle, intente a filare, fino a notte inoltrata, una veste di lana per il dolce Assente (v. 53); la madre, quasi estraniata dalla realtà e smarrita dietro quello stesso sogno di cui il figlio ha invece scoperto la vanità. Solo nella sobria rassegnazione e nel culto silenzioso del bello e del bene risiedono la chiave della vita e la radice della felicità umana.


4 Come viene rappresentata la quotidianità in Macedonia, la patria di Alessandro? Per quale motivo, secondo te?


5 Che significato ha, a tuo parere, il richiamo al figlio d’Amynta (v. 31), ovvero al padre di Alessandro?

Il motivo della poesia nasce dalla lettura pascoliana degli storici antichi. Pare che Alessandro fosse davvero stato costretto ad arrestare la sua marcia presso il fiume Ifasi, in India, a causa dell’ammutinamento dei soldati, che si rifiutarono di seguirlo nella conquista dell’Oriente. Ma la vicenda storica ha un’importanza relativa: il poeta infatti rilegge l’avventura del re macedone come una metafora dello stato di inappagamento e frustrazione in cui si trova l’uomo, in ogni tempo.

Come accade sempre nei Poemi conviviali, Pascoli investe un personaggio dell’antichità delle ossessioni e delle “malattie” della propria epoca: la sensibilità decadente dell’autore sottrae il personaggio alla storia per farne un mito all’interno di una visione esistenziale rassegnata e dolente. Lo scarto tra illusione e realtà (un tema già caro a Leopardi) sfocia nella sconfitta inevitabile che tocca all’individuo e ai suoi più alti desideri di fronte al mistero insondabile dell’universo.


6 Quale valore assume il sogno per Alessandro?


7 Che cosa rappresentano, secondo te, i suoni che Alessandro sente alla fine del suo viaggio (vv. 47-50)?


8 Si può affermare che Alessandro sia un personaggio “diviso a metà”? Perché? Rispondi facendo puntuali riferimenti al testo.

 >> pagina 369

Le scelte stilistiche

Le caratteristiche formali di questa poesia esemplificano la fisionomia stilistica dell’intera raccolta dei Poemi conviviali. Soprattutto il lessico si segnala per una tendenza alla preziosità e all’arcaismo, sconosciuta, in questa misura, nelle opere pascoliane precedenti. Spiccano, in particolare, i grecismi, i toponimi e i nomi propri proposti nella forma originaria (compreso quello del protagonista), che lungi dal fare del componimento un’esercitazione letteraria un po’ libresca, come potrebbe apparire, vi infondono l’atmosfera di un sogno turbato e straniante.

Sostantivi come brocchier, Pezetèri, mistofori e toponimi traslitterati come Haemo (solo per limitarci alla prima strofa) esprimono la sostanza classicistica, diremmo quasi “antiquaria” della poesia, che testimonia non solo il gusto erudito di Pascoli, ma soprattutto il suo sforzo di rinnovare e tradurre in una veste moderna il segreto proveniente da quelle voci lontane.

L’ignoto parla dunque mediante strumenti arcani e produce messaggi apparentemente inafferrabili, che alludono a presagi e sentimenti provenienti da un aldilà remoto: la suggestività magica e quasi iniziatica di questo stile così raffinato e aulico vuole evidenziare proprio il fatto che la realtà è carica di inquietudini enigmatiche e che essa può essere conosciuta e sondata soltanto dall’anima lirica e soggettiva del poeta.


9 Individua i latinismi presenti nel testo.


10 Anche il frequente ricorso a inversioni e iperbati contribuisce a dare al testo una patina arcaizzante: individua quelli che ti sembrano più significativi.


11 Scrivere per confrontare. Alessandro come “eroe della conoscenza”: molti critici hanno proposto questa lettura del personaggio storico reinterpretato da Pascoli, avvicinandolo all’Ulisse di Dante. In che modo i due eroi, trasfigurati dai due poeti, si assomigliano? E in che cosa invece si differenziano? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe.

Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento