T3 - La Lupa (Vita dei campi)

T3

La Lupa

Vita dei campi

La novella, pubblicata per la prima volta nel febbraio del 1880 sulla “Rivista nuova di scienze, lettere e arti”, ha come protagonista una donna, soprannominata la Lupa, esclusa dalla comunità a causa della sua prorompente sensualità. Eroina tragica di un eros selvaggio, essa accetta fino in fondo il destino di amore e morte cui la condanna la propria sconvolgente passione.

Era alta, magra; aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna e pure non era più giovane; era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano.

 Asset ID: 118988 (let-altvoc-la-lupa-vita-dei-campi50.mp3

Audiolettura

Era alta, magra; aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna e pure non era

più giovane; era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore

due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano.

Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai – di nulla. Le

5      donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia,

con quell’andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava1 i loro

figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava

dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso,2 fossero

stati davanti all’altare di Santa Agrippina.3 Per fortuna la Lupa non veniva mai in

10    chiesa né a Pasqua, né a Natale, né per ascoltar messa, né per confessarsi. – Padre

Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa l’anima per lei.

Maricchia,4 poveretta, buona e brava ragazza, piangeva di nascosto, perché era

figlia della Lupa, e nessuno l’avrebbe tolta5 in moglie, sebbene ci avesse la sua bella

roba6 nel cassettone, e la sua buona terra al sole,7 come ogni altra ragazza del

15    villaggio.

Una volta la Lupa si innamorò di un bel ragazzo che era tornato da soldato,

e mieteva il fieno con lei nelle chiuse8 del notaro,9 ma proprio quello che si dice

innamorarsi, sentirsene ardere le carni sotto al fustagno del corpetto, e provare,

fissandolo negli occhi, la sete che si ha nelle ore calde di giugno, in fondo alla

20    pianura. Ma colui seguitava a mietere tranquillamente col naso sui manipoli,10 e le

diceva: «O che avete, gnà11 Pina?». Nei campi immensi, dove scoppiettava soltanto

il volo dei grilli, quando il sole batteva a piombo, la Lupa affastellava12 manipoli

su manipoli, e covoni su covoni, senza stancarsi mai, senza rizzarsi un momento

sulla vita, senza accostare le labbra al fiasco,13 pur di stare sempre alle calcagna di

25    Nanni, che mieteva e mieteva, e le domandava di quando in quando: «Che volete,

gnà Pina?».

Una sera ella glielo disse, mentre gli uomini sonnecchiavano nell’aia, stanchi

della lunga giornata, ed i cani uggiolavano per la vasta campagna nera: «Te voglio!

Te che sei bello come il sole, e dolce come il miele. Voglio te!».

30    «Ed io invece voglio vostra figlia, che è zitella», rispose Nanni ridendo.

La Lupa si cacciò le mani nei capelli, grattandosi le tempie senza dir parola, e se

ne andò, né più comparve nell’aia. Ma in ottobre rivide Nanni, al tempo che cavavano 

l’olio, perché egli lavorava accanto alla sua casa, e lo scricchiolìo del torchio

non la faceva dormire tutta notte.

35    «Prendi il sacco delle ulive», disse alla figliuola, «e vieni con me».

Nanni spingeva colla pala le ulive sotto la macina, e gridava ohi! alla mula

perché non si arrestasse. «La vuoi mia figlia Maricchia?», gli domandò la gnà Pina.

«Cosa gli date14 a vostra figlia Maricchia?», rispose Nanni. «Essa ha la roba di suo

padre, e dippiù io le dò la mia casa; a me mi basterà che mi lasciate un cantuccio

40    nella cucina, per stendervi un po’ di pagliericcio». «Se è così se ne può parlare a

Natale», disse Nanni. – Nanni era tutto unto e sudicio dell’olio e delle ulive messe

a fermentare, e Maricchia non lo voleva a nessun patto; ma sua madre l’afferrò pe’

capelli, davanti al focolare, e le disse co’ denti stretti: «Se non lo pigli ti ammazzo!».

La Lupa era quasi malata, e la gente andava dicendo che il diavolo quando

45    invecchia si fa eremita. Non andava più in qua e in là; non si metteva più sull’uscio,

con quegli occhi da spiritata.15 Suo genero,16 quando ella glieli piantava in

faccia quegli occhi, si metteva a ridere, e cavava fuori l’abitino della Madonna17 per

segnarsi.18 Maricchia stava in casa ad allattare i figliuoli, e sua madre andava nei

campi, a lavorare cogli uomini, proprio come un uomo, a sarchiare,19 a zappare, a

50    governare le bestie, a potare le viti, fosse stato greco e levante di gennaio,20 oppure

scirocco di agosto, allorquando i muli lasciavano cader la testa penzoloni, e gli uomini

dormivano bocconi a ridosso del muro a tramontana. In quell’ora fra vespero e

nona, in cui non ne va in volta femmina buona,21 la gnà Pina era la sola anima viva che

si vedesse errare per la campagna, sui sassi infuocati delle viottole, fra le stoppie

55    riarse dei campi immensi, che si perdevano nell’afa, lontan lontano, verso l’Etna

nebbioso, dove il cielo si aggravava22 sull’orizzonte.

«Svegliati!», disse la Lupa a Nanni che dormiva nel fosso, accanto alla siepe

polverosa, col capo fra le braccia. «Svegliati, ché ti ho portato il vino per rinfrescarti

la gola».

60    Nanni spalancò gli occhi imbambolati, fra veglia e sonno, trovandosela dinanzi

ritta, pallida, col petto prepotente, e gli occhi neri come il carbone, e stese

brancolando le mani.

«No! non ne va in volta femmina buona nell’ora fra vespero e nona!», singhiozzava

Nanni, ricacciando la faccia contro l’erba secca del fossato, in fondo in fondo,

65    colle unghie nei capelli. «Andatevene! Andatevene! non ci venite più nell’aia!».

Ella se ne andava infatti, la Lupa, riannodando le trecce superbe, guardando

fisso dinanzi ai suoi passi nelle stoppie calde, cogli occhi neri come il carbone.

Ma nell’aia ci tornò delle altre volte, e Nanni non le disse nulla; e quando tardava

a venire, nell’ora fra vespero e nona, egli andava ad aspettarla in cima alla viottola

70    bianca e deserta, col sudore sulla fronte; – e dopo si cacciava le mani nei capelli, e

le ripeteva ogni volta: «Andatevene! andatevene! Non ci tornate più nell’aia!». Maricchia

piangeva notte e giorno, e alla madre le piantava in faccia gli occhi ardenti di

lagrime e di gelosia, come una lupacchiotta anch’essa, quando la vedeva tornare da’

campi pallida e muta ogni volta. «Scellerata!», le diceva. «Mamma scellerata!».

75    «Taci!».

«Ladra! ladra!».

«Taci!».

«Andrò dal brigadiere, andrò!».

«Vacci!».

80    E ci andò davvero, coi figli in collo,23 senza temere di nulla, e senza versare

una lagrima, come una pazza, perché adesso l’amava anche lei quel marito che le

avevano dato per forza, unto e sudicio dalle ulive messe a fermentare.

Il brigadiere fece chiamare Nanni, e lo minacciò della galera, e della forca.

Nanni si diede a singhiozzare ed a strapparsi i capelli; non negò nulla, non tentò

85    scolparsi. «È la tentazione!», diceva; «è la tentazione dell’inferno!». Si buttò ai piedi

del brigadiere supplicandolo di mandarlo in galera.

«Per carità, signor brigadiere, levatemi da questo inferno! fatemi ammazzare,

mandatemi in prigione; non me la lasciate veder più, mai! mai!».

«No!», rispose però la Lupa al brigadiere. «Io mi son riserbato un cantuccio

90    della cucina per dormirvi, quando gli ho data la mia casa in dote. La casa è mia.

Non voglio andarmene!».

Poco dopo, Nanni s’ebbe nel petto un calcio dal mulo e fu per morire; ma il

parroco ricusò di portargli il Signore24 se la Lupa non usciva di casa. La Lupa se ne

andò, e suo genero allora si poté preparare ad andarsene anche lui da buon cristiano;

95    si confessò e comunicò con tali segni di pentimento e di contrizione che tutti i

vicini e i curiosi piangevano davanti al letto del moribondo. E meglio sarebbe stato

per lui che fosse morto in quel tempo, prima che il diavolo tornasse a tentarlo e

a ficcarglisi nell’anima e nel corpo quando fu guarito. «Lasciatemi stare!», diceva

alla Lupa; «per carità, lasciatemi in pace! Io ho visto la morte cogli occhi! La povera

100 Maricchia non fa che disperarsi. Ora tutto il paese lo sa! Quando non vi vedo è

meglio per voi e per me…».

Ed avrebbe voluto strapparsi gli occhi per non vedere quelli della Lupa, che

quando gli si ficcavano ne’ suoi gli facevano perdere l’anima ed il corpo. Non

sapeva più che fare per svincolarsi dall’incantesimo. Pagò delle messe alle anime

105 del Purgatorio e andò a chiedere aiuto al parroco e al brigadiere. A Pasqua andò a

confessarsi, e fece pubblicamente sei palmi di lingua a strasciconi25 sui ciottoli del

sacrato innanzi alla chiesa, in penitenza, e poi, come la Lupa tornava a tentarlo:

«Sentite!», le disse, «non ci venite più nell’aia, perché se tornate a cercarmi,

com’è vero Iddio, vi ammazzo!».

110 «Ammazzami», rispose la Lupa, «ché non me ne importa; ma senza di te non

voglio starci».

Ei come la scorse da lontano, in mezzo a’ seminati verdi, lasciò26 di zappare la vigna,

e andò a staccare la scure dall’olmo. La Lupa lo vide venire, pallido e stralunato,

colla scure che luccicava al sole, e non si arretrò di un sol passo, non chinò gli occhi,

115 seguitò ad andargli incontro, con le mani piene di manipoli di papaveri rossi, e

mangiandoselo con gli occhi neri. «Ah! malanno all’anima vostra!», balbettò Nanni.

 >> pagina 167 

Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Come accade in Rosso Malpelo, anche in questo caso l’inizio della novella mostra con evidenza il tentativo dell’autore di far vivere i personaggi di forza propria, celandosi dietro lo sguardo del mondo al quale essi appartengono: Era alta, magra; aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna e pure non era più giovane; era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano (rr. 1-3). Abbiamo evidenziato avverbi, congiunzioni e pronomi che hanno un’importanza quasi maggiore rispetto agli aggettivi. Queste parti del discorso tradiscono infatti da subito il meccanismo deformante con cui il paese si relaziona con l’inquietante magnetismo sessuale della donna. Contemporaneamente, intuiamo che quello sguardo e quelle labbra sono all’origine di una tragedia.


1 A chi si riferisce il pronome vi nella frase delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano (r. 3)? Quale posizione del narratore denuncia?


2 Quali caratteristiche della g Pina la rendono attraente agli occhi degli uomini?

Verga cede la parola al coro contadino, specialmente quello femminile, che demonizza la gnà Pina, raffigurandola come una creatura minacciosa e diabolica, bramosa di sesso ed esorcizzabile solo con un salvifico segno della croce, mediante il quale allontanare o annullare la sua influenza maligna (Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, rr. 4-5). Dominata dalla pulsione erotica, selvaggia incarnazione di una sorta di mito della passione, la protagonista viene degradata a essere animale e randagio, come suggeriscono le similitudini zoomorfe (cagnaccia, r. 5; lupa affamata, r. 6; spolpava i loro figliuoli e i loro mariti, rr. 6-7), che ne simboleggiano l’esclusione dalla comunità.


3 Individua nel testo i termini afferenti al campo semantico della fame e della sete: che cosa indicano?


4 Quale episodio viene riportato a testimonianza della capacità della Lupa di attirare gli uomini?


5 Per quale motivo è sottolineato il fatto che la Lupa non veniva mai in chiesa?

Questa divoratrice di uomini, tuttavia, non fa nulla per essere accettata, anzi vive il proprio ruolo di trasgressiva sovvertitrice delle norme sociali, sfidando la remissiva figlia Maricchia e seducendone il marito, il giovane bracciante Nanni. Spezzando il più importante vincolo familiare e coinvolgendo l’amante in un torbido adulterio, la Lupa ha scelto, lucidamente, di rimanere fedele fino in fondo all’immagine stregonesca e maledetta che le è stata cucita addosso. La sua morte è infatti l’ultimo, eroico segno di coerenza al suo destino di donna-vampiro votata al martirio: piuttosto che rinunciare all’amore del genero, preferisce affermare vitalisticamente la propria identità e farsi uccidere (Ammazzami […] ché non me ne importa; ma senza di te non voglio starci, rr. 110-111), andandogli incontro in atto di sfida.


6 Individua nel testo i passi in cui viene descritta la Lupa al lavoro: quale immagine della donna emerge?


7 Qual è il ruolo della figlia Maricchia nella vicenda che lega Nanni a sua madre?


8 Che significato puoi attribuire ai manipoli di papaveri rossi (r. 115)?

 >> pagina 168 

Quanto a Nanni, troppo debole per resistere alla tentazione (trovandosela dinanzi ritta, pallida, col petto prepotente, e gli occhi neri, rr. 60-61), prima oscilla tra rifiuto (Andatevene! Andatevene! non ci venite più nell’aia, r. 65) e desiderio (egli andava ad aspettarla, r. 69), poi finisce per trasgredire anch’egli alla norma. Per rompere l’incantesimo e liberarsi da una forza che non può controllare, ancora preda di una fascinazione diabolica, non gli rimane – incerto, pallido e stralunato, r. 113 – che autocondannarsi all’assassinio, come il finale, se pure sospeso, lascia presagire.


9 Nel racconto viene descritto il momento della seduzione? perché?


10 Come cambia l’atteggiamento di Nanni verso la Lupa nel corso della vicenda?

Le scelte stilistiche

Intorno alla Lupa Verga crea un’atmosfera carica di simboli consoni al personaggio e alla sua indomita e animalesca passionalità: sassi infuocati delle viottole (r. 54), stoppie riarse dei campi immensi, che si perdevano nell’afa (rr. 54-55), un cielo che si aggravava sull’orizzonte (r. 56). Selvaggia e primordiale, la natura si configura come uno spazio mitico e ancestrale, immobile nel ciclico ripetersi delle stagioni, regolato solo dalle ricorrenze religiose e dai ritmi del lavoro dei campi.


11 Individua nel testo i riferimenti alla religione: che funzione ha nel contesto sociale in cui si svolge la storia?


12 Quale stagione viene prevalentemente descritta nel racconto? perché, secondo te?


13 Scrivere per argomentare. Secondo lo studioso Vittorio Spinazzola, «mai era apparsa in Italia un’eroina letteraria che sconsacrasse tanto radicalmente il culto della femminilità domestica, sottomessa all’uomo, assorta nel compito di badare alla casa e alla prole». Commenta questo giudizio critico con un testo argomentativo di circa 20 righe.


14 Scrivere per raccontare. Immagina di raccogliere dalla viva voce della protagonista un’aperta confessione sui suoi rapporti con la comunità che l’ha relegata ai margini. Scrivi al riguardo un testo narrativo di circa 20 righe, condotto in prima persona, dal punto di vista della Lupa.

Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Volti e luoghi della letteratura - volume 3A
Dal secondo Ottocento al primo Novecento