T15 - La fuga di Renzo

T15

La fuga di Renzo

Cap. 17

Dopo essersi trovato in mezzo alla rivolta milanese per il rincaro del pane, Renzo cena all’osteria della Luna piena in compagnia di uno sconosciuto, che lo fa bere sino a ubriacarsi e poi lo pianta in asso. L’oste gli dà una stanza, dove al mattino il giovane si trova circondato da due birri e un notaio, venuti ad arrestarlo: lo sconosciuto era infatti un agente in incognito, incaricato di identificare i sediziosi. Appellandosi alla folla, ostile alla forza pubblica, Renzo per strada riesce a fuggire. Esce precipitosamente da Milano e si dirige a est, con l’intenzione di raggiungere la Bergamasca (allora sotto il dominio di Venezia) e rifugiarsi presso il cugino Bortolo. Cercando di non dare nell’occhio punta verso l’Adda, nella speranza di trovare una barca per attraversare il fiume. Ma intanto è scesa la notte, e il giovane è sempre più stanco, avvilito, angosciato da un ambiente che gli pare sinistro e ostile.

Cammina, cammina; arrivò dove la campagna coltivata moriva in una sodaglia1

sparsa di felci e di scope.2 Gli parve, se non indizio, almeno un certo qual argomento3

di fiume vicino, e s’inoltrò per quella,4 seguendo un sentiero che l’attraversava.

Fatti pochi passi, si fermò ad ascoltare; ma ancora invano. La noia5 del viaggio

5       veniva accresciuta dalla salvatichezza del luogo, da quel non veder più né un gelso,

né una vite, né altri segni di coltura6 umana, che prima pareva quasi che gli facessero

una mezza compagnia. Ciò non ostante andò avanti; e siccome nella sua mente

cominciavano a suscitarsi7 certe immagini, certe apparizioni, lasciatevi in serbo8

dalle novelle sentite raccontar da bambino, così, per discacciarle, o per acquietarle,

10    recitava, camminando, dell’orazioni9 per i morti.

A poco a poco, si trovò tra macchie più alte, di pruni, di quercioli, di marruche.10

Seguitando11 a andare avanti, e allungando il passo, con più impazienza che

voglia, cominciò a veder tra le macchie qualche albero sparso; e andando ancora,

sempre per lo stesso sentiero, s’accorse d’entrare in un bosco. Provava un certo

15    ribrezzo12 a inoltrarvisi; ma lo vinse, e contro voglia andò avanti; ma più che s’inoltrava,

più il ribrezzo cresceva, più ogni cosa gli dava fastidio.13 Gli alberi che vedeva

in lontananza, gli rappresentavan14 figure strane, deformi, mostruose; l’annoiava15

l’ombra delle cime leggermente agitate, che tremolava sul sentiero illuminato qua

e là dalla luna; lo stesso scrosciar16 delle foglie secche che calpestava o moveva camminando,

20    aveva per il suo orecchio un non so che d’odioso. Le gambe provavano

come una smania, un impulso di corsa, e nello stesso tempo pareva che durassero

fatica a regger la persona. Sentiva la brezza notturna batter più rigida e maligna

sulla fronte e sulle gote; se la sentiva scorrer tra i panni e le carni, e raggrinzarle,

e penetrar più acuta nelle ossa rotte dalla stanchezza, e spegnervi quell’ultimo rimasuglio

25    di vigore. A un certo punto, quell’uggia,17 quell’orrore indefinito con cui

l’animo combatteva da qualche tempo, parve che a un tratto lo soverchiasse.18 Era

per perdersi affatto;19 ma atterrito, più che d’ogni altra cosa, del suo terrore, richiamò

al cuore gli antichi spiriti,20 e gli comandò che reggesse.21 Così rinfrancato un

momento, si fermò su due piedi a deliberare; risolveva d’uscir subito di lì per la

30    strada già fatta, d’andar diritto all’ultimo paese per cui era passato, di tornar tra gli

uomini, e di cercare un ricovero,22 anche all’osteria. E stando così fermo, sospeso il

fruscìo de’ piedi nel fogliame, tutto tacendo d’intorno a lui, cominciò a sentire un

rumore, un mormorìo, un mormorìo d’acqua corrente. Sta in orecchi;23 n’è certo;

esclama: – è l’Adda! – Fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore.

35    La stanchezza quasi scomparve, gli tornò il polso,24 sentì il sangue scorrer libero e

tepido per tutte le vene, sentì crescer la fiducia de’ pensieri, e svanire in gran parte

quell’incertezza e gravità delle cose; e non esitò a internarsi25 sempre più nel bosco,

dietro all’amico rumore.

Arrivò in pochi momenti all’estremità del piano, sull’orlo d’una riva profonda;

40    e guardando in giù tra le macchie che tutta la rivestivano, vide l’acqua luccicare e

correre. Alzando poi lo sguardo, vide il vasto piano dell’altra riva, sparso di paesi, e

al di là i colli, e sur uno di quelli una gran macchia biancastra, che gli parve dover

essere una città, Bergamo sicuramente. Scese un po’ sul pendìo, e, separando e diramando,26

con le mani e con le braccia, il prunaio, guardò giù, se qualche barchetta

45    si movesse nel fiume, ascoltò se sentisse batter de’ remi; ma non vide né sentì nulla.

Se fosse stato qualcosa di meno dell’Adda, Renzo scendeva subito, per tentarne il

guado; ma sapeva bene che l’Adda non era fiume da trattarsi così in confidenza.27

Perciò si mise a consultar tra sé, molto a sangue freddo, sul partito da prendere.

Arrampicarsi sur una pianta, e star lì a aspettar l’aurora, per forse sei ore che poteva

50    ancora indugiare, con quella brezza, con quella brina, vestito così, c’era più che non

bisognasse28 per intirizzir davvero. Passeggiare innanzi e indietro, tutto quel tempo,

oltre che sarebbe stato poco efficace aiuto contro il rigore del sereno,29 era un richieder

troppo da quelle povere gambe, che già avevano fatto più del loro dovere. Gli

venne in mente d’aver veduto, in uno de’ campi più vicini alla sodaglia, una di quelle

55    capanne coperte di paglia, costrutte30 di tronchi e di rami, intonacati poi con la

mota,31 dove i contadini del milanese usan, l’estate, depositar la raccolta, e ripararsi

la notte a guardarla: nell’altre stagioni, rimangono abbandonate. La disegnò subito

per suo albergo;32 si rimise sul sentiero, ripassò il bosco, le macchie, la sodaglia; e

andò verso la capanna. Un usciaccio intarlato e sconnesso, era rabbattuto,33 senza

60    chiave né catenaccio; Renzo l’aprì, entrò; vide sospeso per aria, e sostenuto da ritorte

di rami, un graticcio, a foggia d’hamac;34 ma non si curò35 di salirvi. Vide in terra un

po’ di paglia; e pensò che, anche lì, una dormitina sarebbe ben saporita.36

Prima però di sdraiarsi su quel letto che la Provvidenza gli aveva preparato, vi

s’inginocchiò, a ringraziarla di quel benefizio, e di tutta l’assistenza che aveva avuta

65    da essa, in quella terribile giornata. Disse poi le sue solite divozioni;37 e per di più,

chiese perdono a Domeneddio38 di non averle dette la sera avanti; anzi, per dir le

sue parole, d’essere andato a dormire come un cane, e peggio. “E per questo, – soggiunse

poi tra sé; appoggiando le mani sulla paglia, e d’inginocchioni mettendosi

a giacere: – per questo, m’è toccata, la mattina, quella bella svegliata”.39 Raccolse

70    poi tutta la paglia che rimaneva all’intorno, e se l’accomodò addosso, facendosene,

alla meglio, una specie di coperta, per temperare il freddo, che anche là dentro si

faceva sentir molto bene; e vi si rannicchiò sotto, con l’intenzione di dormire un

bel sonno, parendogli d’averlo comprato anche più caro del dovere.40

Ma appena ebbe chiusi gli occhi, cominciò nella sua memoria o nella sua fantasia

75    (il luogo preciso non ve lo saprei dire), cominciò, dico, un andare e venire

di gente, così affollato, così incessante, che addio sonno. Il mercante,41 il notaio, i

birri, lo spadaio, l’oste, Ferrer,42 il vicario, la brigata dell’osteria, tutta quella turba43

delle strade, poi don Abbondio, poi don Rodrigo: tutta gente con cui Renzo aveva

che dire.44

80    Tre sole immagini gli si presentavano non accompagnate da alcuna memoria

amara, nette45 d’ogni sospetto, amabili in tutto; e due principalmente, molto

differenti al certo, ma strettamente legate nel cuore del giovine: una treccia nera

e una barba bianca.46 Ma anche la consolazione che provava nel fermare sopra

di esse il pensiero, era tutt’altro che pretta47 e tranquilla. Pensando al buon frate,

85    sentiva più vivamente la vergogna delle proprie scappate, della turpe intemperanza,

del bel caso che aveva fatto de’ paterni consigli di lui;48 e contemplando

l’immagine di Lucia! non ci proveremo a dire ciò che sentisse: il lettore conosce le

circostanze; se lo figuri. E quella povera Agnese, come l’avrebbe potuta dimenticare?

Quell’Agnese, che l’aveva scelto, che l’aveva già considerato come una cosa sola

90    con la sua unica figlia, e prima di ricever da lui il titolo di madre, n’aveva preso il

linguaggio e il cuore, e dimostrata co’ fatti la premura.49 Ma era un dolore di più,

e non il meno pungente, quel pensiero, che, in grazia50 appunto di così amorevoli

intenzioni, di tanto bene che voleva a lui, la povera donna si trovava ora snidata,51

quasi raminga, incerta dell’avvenire, e raccoglieva guai e travagli da quelle cose

95    appunto da cui aveva sperato il riposo e la giocondità degli ultimi suoi anni. Che

notte, povero Renzo! Quella che doveva esser la quinta delle sue nozze!52 Che

stanza! Che letto matrimoniale! E dopo qual giornata! E per arrivare a qual domani,

a qual serie di giorni! “Quel che Dio vuole,53 – rispondeva ai pensieri che

gli davan più noia: – quel che Dio vuole. Lui sa quel che fa: c’è anche per noi. Vada

100 tutto in isconto de’ miei peccati. Lucia è tanto buona! non vorrà poi farla patire

un pezzo, un pezzo, un pezzo!”54

Tra questi pensieri, e disperando ormai d’attaccar sonno, e facendosegli il freddo

sentir sempre più, a segno55 ch’era costretto ogni tanto a tremare e a battere i

denti, sospirava la venuta del giorno, e misurava con impazienza il lento scorrer

105 dell’ore. Dico misurava, perché, ogni mezz’ora, sentiva in quel vasto silenzio, rimbombare

i tocchi d’un orologio: m’immagino che dovesse esser quello di Trezzo.56

E la prima volta che gli ferì gli orecchi quello scocco,57 così inaspettato, senza che

potesse avere alcuna idea del luogo donde58 venisse, gli fece un senso misterioso e

solenne,59 come d’un avvertimento che venisse da persona non vista, con una voce

110 sconosciuta.

Quando finalmente quel martello60 ebbe battuto undici tocchi,61 ch’era l’ora

disegnata62 da Renzo per levarsi, s’alzò mezzo intirizzito, si mise inginocchioni,

disse, e con più fervore del solito, le divozioni della mattina, si rizzò, si stirò in

lungo e in largo, scosse la vita e le spalle, come per mettere insieme tutte le membra,

115 che ognuno pareva che facesse da sé,63 soffiò in una mano, poi nell’altra, se

le stropicciò, aprì l’uscio della capanna; e, per la prima cosa, diede un’occhiata in

qua e in là, per veder se c’era nessuno. E non vedendo nessuno, cercò con l’occhio

il sentiero della sera avanti; lo riconobbe subito, e prese per quello.

Il cielo prometteva una bella giornata: la luna, in un canto, pallida e senza

120 raggio, pure spiccava nel campo immenso d’un bigio ceruleo,64 che, giù giù verso

l’oriente, s’andava sfumando leggermente in un giallo roseo. Più giù, all’orizzonte,

si stendevano, a lunghe falde65 ineguali, poche nuvole, tra l’azzurro e il bruno, le

più basse orlate al di sotto d’una striscia quasi di fuoco, che di mano in mano si

faceva più viva e tagliente: da mezzogiorno,66 altre nuvole ravvolte insieme, leggieri67

125 e soffici, per dir così, s’andavan lumeggiando di mille colori senza nome:

quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace. Se

Renzo si fosse trovato lì andando a spasso, certo avrebbe guardato in su, e ammirato

quell’albeggiare così diverso da quello ch’era solito vedere ne’ suoi monti; ma

badava alla sua strada, e camminava a passi lunghi, per riscaldarsi, e per arrivar presto.

130 Passa i campi, passa la sodaglia, passa le macchie, attraversa il bosco, guardando

in qua e in là, e ridendo e vergognandosi nello stesso tempo, del ribrezzo che vi

aveva provato poche ore prima; è sul ciglio della riva, guarda giù; e, di tra68 i rami,

vede una barchetta di pescatore, che veniva adagio, contr’acqua,69 radendo70 quella

sponda. Scende subito per la più corta,71 tra i pruni; è sulla riva; dà una voce leggiera

135 leggiera72 al pescatore; e, con l’intenzione di far come se chiedesse un servizio

di poca importanza, ma, senza avvedersene, in una maniera mezzo supplichevole,

gli accenna che approdi. Il pescatore gira uno sguardo lungo la riva, guarda atten-

tamente lungo l’acqua che viene, si volta a guardare indietro, lungo l’acqua che

va, e poi dirizza la prora73 verso Renzo, e approda. Renzo che stava sull’orlo della

140 riva, quasi con un piede nell’acqua, afferra la punta del battello, ci salta dentro, e

dice: «Mi fareste il servizio, col pagare, di tragittarmi74 di là?». Il pescatore l’aveva

indovinato, e già voltava da quella parte. Renzo, vedendo sul fondo della barca un

altro remo, si china, e l’afferra.

«Adagio, adagio», disse il padrone; ma nel veder poi con che garbo il giovine

145 aveva preso lo strumento,75 e si disponeva a maneggiarlo, «ah, ah», riprese: «siete

del mestiere».

«Un pochino», rispose Renzo, e ci si mise con un vigore e con una maestria, più

che da dilettante. E senza mai rallentare, dava ogni tanto un’occhiata ombrosa76

alla riva da cui s’allontanavano, e poi una impaziente a quella dov’eran rivolti, e

150 si coceva di non poterci andar per la più corta;77 ché la corrente era, in quel luogo,

troppo rapida, per tagliarla direttamente; e la barca, parte rompendo, parte secondando

il filo dell’acqua, doveva fare un tragitto diagonale. Come accade in tutti gli

affari un po’ imbrogliati, che le difficoltà alla prima si presentino all’ingrosso,78 e

nell’eseguire poi, vengan fuori per minuto,79 Renzo, ora che l’Adda era, si può dir,

155 passata, gli dava fastidio il non saper di certo se lì essa fosse confine, o se, superato

quell’ostacolo, gliene rimanesse un altro da superare. Onde,80 chiamato il pescatore,

e accennando col capo quella macchia biancastra che aveva veduta la notte

avanti, e che allora gli appariva ben più distinta, disse: «È Bergamo, quel paese?».

«La città di Bergamo», rispose il pescatore.

160 «E quella riva lì, è bergamasca?»

«Terra di san Marco.»81

«Viva san Marco!», esclamò Renzo. Il pescatore non disse nulla.

Toccano finalmente quella riva; Renzo vi si slancia; ringrazia Dio tra sé, e poi

con la bocca il barcaiolo; mette le mani in tasca, tira fuori una berlinga,82 che, attese83

165 le circostanze, non fu un piccolo sproprio,84 e la porge al galantuomo; il quale,

data ancora una occhiata alla riva milanese, e al fiume di sopra e di sotto, stese la

mano, prese la mancia, la ripose, poi strinse le labbra, e per di più ci mise il dito in

croce,85 accompagnando quel gesto con un’occhiata espressiva; e disse poi: «buon

viaggio», e tornò indietro.

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Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Renzo avanza solo, intimorito dal buio, dai luoghi sconosciuti, dalla solitudine, dal rabbioso latrare dei cani. Quella dell’eroe che di notte si inoltra nel bosco è una situazione tipica delle fiabe, a cui riportano anche la formula iniziale (Cammina, cammina, r. 1) e le fantasticherie alle quali si abbandona, suscitate dalle novelle sentite raccontar da bambino (r. 9). Come Dante all’inizio della Divina Commedia, anche Renzo si ritrova in una selva oscura, reale e insieme proiezione degli errori commessi e del suo stato d’animo pervaso d’angoscia. Man mano che procede nella vegetazione selvatica – così diversa dall’ordinata campagna coltivata, cui è abituato – sente crescere l’inquietudine. Gli alberi che prendono ai suoi occhi forme mostruose, l’ombra delle cime (r. 18) mosse dal vento, lo scrosciar delle foglie secche (r. 19) sotto i suoi piedi, tutto lo urta e lo spaventa. La fredda brezza novembrina penetra sotto i panni e lo intirizzisce, levandogli le ultime forze.

Manzoni evita di inscenare piogge e tempeste, così care al gusto degli scrittori romantici: il suo eroe non è un personaggio d’eccezione che deve fronteggiare eventi straordinari, ma un paesano spaurito e sfiancato dagli eventi più grandi di lui nei quali si è trovato coinvolto. A un passo dal crollare, è tentato dall’idea di rinunciare e tornare indietro a cercare rifugio all’osteria, con il rischio di venire scoperto e catturato.


1 L’episodio della fuga verso l’Adda segna un punto importante nel percorso di maturazione di Renzo: per quali motivi? Esponi le tue considerazioni facendo precisi riferimenti al testo.


2 Perché il pescatore, dopo aver traghettato Renzo, fa il segno del silenzio?

Quando la suspense tocca il vertice, ecco che finalmente Renzo sente un rumore, un mormorìo, un mormorìo d’acqua corrente. Sta in orecchi; n’è certo; esclama: – è l’Adda – (rr. 33-34): la tanto sospirata voce del fiume, nel quale ritrova un amico, un fratello, un salvatore (r. 34). In poco più di una riga, il narratore inanella così tre climax: se i primi due accompagnano la presa di coscienza, il terzo sottolinea il prorompere dell’esultanza, che aumenta alla vista delle acque che l’hanno visto crescere, poco più a nord. Dalla sponda del fiume Renzo vede all’orizzonte una gran macchia biancastra (r. 42), nella quale identifica Bergamo.

Rinfrancato, il giovane ritrova il coraggio e il sangue freddo. Si rende conto che tentare un guado solitario, di notte, sarebbe un’impresa temeraria. Arrampicarsi su una pianta o passeggiare innanzi e indietro (r. 51) sino all’alba stroncherebbe il suo fisico già provato. Decide allora di cercare ricovero in una di quelle capanne coperte di paglia (rr. 54-55) costruite dai contadini della zona, per poi cercare di attraversare il fiume il giorno successivo. Renzo ha messo da parte il carattere impetuoso, adottando una decisione di buon senso in una situazione ardua. Il suo processo di maturazione conosce in questa notte una tappa cruciale.


3 Come cambia lo stato d’animo di Renzo quando si accorge di essere vicino all’Adda?

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Le scelte stilistiche

Giunto nella capanna, Renzo ringrazia la Provvidenza per avergli fatto trovare un giaciglio, prega e chiede perdono per la condotta sconsiderata tenuta il giorno precedente. Raduna un po’ di paglia e vi si stende: ma quando chiude gli occhi non riesce ad addormentarsi. A impedirlo, insieme alla stanchezza, è l’assalto delle emozioni, che scatenano nella sua mente un instancabile andare e venire di gente (rr. 75-76).

Il lettore odierno ha l’impressione di un film, del quale si riavvolga la pellicola: i pensieri di Renzo vanno a ritroso, dalla recente sosta nell’osteria di Gorgonzola ai tumulti del giorno prima, e di qui al matrimonio fallito. Gli unici conforti, fra tante amarezze, sono dati dal ricordo di Lucia e fra Cristoforo, evocati per sineddoche: una treccia nera e una barba bianca (rr. 82-83). Lo visita infine l’immagine di Agnese, anch’ella strappata alla propria casa, recandogli un altro dolore pungente. Il discorso nel frattempo scivola dall’indiretto all’indiretto libero (Che notte, povero Renzo! Quella che doveva esser la quinta delle sue nozze! Che stanza! Che letto matrimoniale! E dopo qual giornata!, rr. 95-97) e di qui al discorso diretto, con il quale Renzo chiude il suo esame di coscienza, proclamando la sua assoluta fiducia nel Signore (“quel che Dio vuole. Lui sa quel che fa”, r. 99), che certo non vorrà fare tanto patire una creatura innocente come Lucia: una convinzione rimarcata dall’epanalessi* (un pezzo, un pezzo, un pezzo!, r. 101).


4 In quali passi emergono la religiosità di Renzo e la sua fiducia nella Provvidenza?


5 Perché Renzo non riesce a dormire?

Al gelo, nel dormiveglia, Renzo sente passare le ore, misurate dai rintocchi di un vicino campanile. All’approssimarsi dell’alba decide di uscire dalla capanna. Qui Manzoni propone uno dei più suggestivi squarci paesaggistici del romanzo, caratterizzato da un finissimo gioco di tinte pastello: la luna pallida su uno sfondo bigio ceruleo (r. 120), che a oriente si fa giallo roseo (r. 121), le nuvole all’orizzonte tra l’azzurro e il bruno (r. 122), orlate dalla striscia fiammeggiante del sole che sorge, infine altre nubi illuminate da mille colori senza nome (r. 125). Sono questi gli elementi di cui si compone il quadro di quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace (r. 126): dove, insieme alla felicissima tautologia (divenuta proverbiale), va sottolineato il riferimento finale alla serenità, che appartiene anche al personaggio in scena. Paesaggio e stato d’animo ancora una volta si correlano perfettamente. Purtroppo, però, Renzo non ha né il tempo né la voglia di fermarsi ad ammirare l’incantevole alba autunnale. Ha freddo, fame e fretta di attraversare il fiume: ciò che gli riesce grazie al fortunoso incontro con un pescatore in barca.


6 Quali tra i seguenti ambienti attraversa Renzo durante la sua fuga verso l’Adda?

  • a Campi coltivati.
  • b Campi incolti.
  • c Palude. 
  • d Macchia.
  • e Bosco.
  • f Orti.
  • g Risaie.

7 Quali elementi indicano l’impazienza di Renzo di arrivare, finalmente, nella Bergamasca?

Volti e luoghi della letteratura - volume 2
Volti e luoghi della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento