Versione del Fermo e Lucia
Addio, monti posati sugli abissi dell’acque ed
elevati al cielo; cime ineguali, conosciute a colui
che fissò sopra di voi i primi suoi sguardi,
e che visse fra voi, come egli distingue all’aspetto
5 l’uno dall’altro i suoi famigliari, valli segrete,
ville sparse e biancheggianti sul pendio
come branco disperso di pecore pascenti, addio!
Quanto è tristo il lasciarvi a chi vi conosce
dall’infanzia! quanto è nojoso1 l’aspetto della
10 pianura dove il sito a cui si aggiunge2 è simile a
quello che si è lasciato addietro, dove l’occhio
cerca invano nel lungo spazio, dove riposarsi e
contemplare, e si ritira fastidito come dal fondo
d’un quadro su cui l’artefice non abbia ancor
15 figurata alcuna immagine della creazione.
Che importa che nei piani deserti sorgano città
superbe ed affollate? il montanaro che le passeggia
avvezzo alle alture di Dio, non sente il
diletto della maraviglia nel mirare edificj che il
20 cittadino chiama elevati perché gli3 ha fatti egli
ponendo a fatica pietra sopra pietra. Le vie, che
hanno vanto di ampiezza, gli sembrano valli
troppo anguste, l’afa immobile lo opprime, ed
egli che nella vita operosa del monte non aveva
25 forse provato altro malore che la fatica, divenuto
timido e delicato come il cittadino, si lagna
del clima e della temperie, e dice che morrà se
non torna ai suoi monti. Egli che sorto col sole,
non riposava che al mezzo giorno e al cessare
30 delle fatiche diurne, passa le ore intere nell’ozio
malinconico ripensando alle sue montagne.
Ma questi sono piccioli dolori. L’uomo sa
tormentar l’uomo nel cuore; e amareggiargli il
pensiero di modo che anche la memoria dei
35 momenti passati lietamente affacciandosi ad
esso perde ogni bellezza, e porta un rancore
non temperato da alcuna compiacenza; è tutta
dolorosa: reca all’afflitto una certa maraviglia
che abbia potuto altre volte godere, e non desidera
40 più quelle contentezze delle quali non gli
par più capace la sua mente trasformata. Dolore
speciale: la contemplazione della perversità
d’una mente simile alla nostra: idea predominante
in chi è afflitto dal suo simile. Addio, casa
45 natale, casa dei primi passi, dei primi giuochi,
delle prime speranze; casa nella quale sedendo
con un pensiero s’imparò a distinguere dal romore
delle orme comuni il romore d’un’orma
desiderata con un misterioso timore. Addio,
50 addio casa altrui, nella quale la fantasia intenta,
e sicura vedeva un soggiorno di sposa, e di
compagna. Addio chiesa dove nella prima puerizia4
si stette in silenzio e con adulta gravità,5
dove si cantarono colle compagne le lodi del
55 Signore, dove ognuno esponeva tacitamente le
sue preghiere a Colui che tutte le intende e le
può tutte esaudire, Chiesa, dove era preparato
un rito, dove l’approvazione e la benedizione
di Dio doveva aggiungere all’ebbrezza della
60 gioia il gaudio tranquillo e solenne della santità.
Addio! Il serpente nel suo viaggio torto e
insidioso, si posta talvolta vicino all’abitazione
dell’uomo, e vi pone il suo nido, vi conduce
la sua famiglia, riempie il suolo e se ne impadronisce;
65 perché l’uomo il quale ad ogni passo
incontra il velenoso vicino pronto ad avventarglisi,6
che è obbligato di guardarsi e di non dar
passo senza sospetto, che trema pei suoi figli,
sente venirsi in odio la sua dimora, maledice il
70 rettile usurpatore, e parte. E l’uomo pure caccia
talvolta l’uomo sulla terra come se gli fosse destinato
per preda: allora il debole non può che
fuggire dalla faccia del potente oltraggioso: ma
i passi affannosi del debole sono contati, e un
75 giorno ne sarà chiesta ragione.