«Anche i luoghi ov’erano le tombe de’ grandi, sebbene non vi rimanga vestigio [alcun segno], infiammano la mente de’ generosi (vv. 213-225); quantunque gli uomini d’egregia virtù sieno perseguitati vivendo, e il tempo distrugga i loro monumenti, la memoria delle virtù e dei monumenti vive immortale negli scrittori, e si rianima negl’ingegni che coltivano le Muse (vv. 226-234): testimonio [ricordo come esempio] il sepolcro d’Ilo [il mitico fondatore di Troia], scoperto dopo tante età [secoli] da’ viaggiatori che l’amor delle lettere trasse [spinse] a peregrinar alla Troade (vv. 235-240), sepolcro privilegiato da’ fati perché protesse il corpo d’Elettra da cui nacquero i Dardanidi, autori dell’origine di Roma, e della prosapia [stirpe] de’ Cesari signori del mondo (vv. 241-253); l’autore chiude con un episodio sopra quel sepolcro (vv. 254-295)».
Metro Endecasillabi sciolti.
Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
215 E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole egèe, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l’armi d’Achille
220 sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
225 l’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
230 Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.
235 Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
240 talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udì la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: «E se», diceva,
245 «a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama».
250 Così orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio: e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
255 cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dì mortale,
260 venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: «Oh se mai d’Argo,
ove al Tidìde e di Läerte al figlio
265 pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
270 in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
275 proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete
280 mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
285 Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far più bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelìdi.
Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
290 i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
295 risplenderà su le sciagure umane».
>> pagina 642
Dentro il TESTO
I contenuti tematici
La parte conclusiva del carme si apre con una visione del Mediterraneo opposta rispetto all’immagine precedente: se nel finale della terza parte Foscolo evocava la leggenda dell’esercito fantasma, tramandata dallo storico greco Pausania a proposito di Maratona, nei vv. 213-214 il regno ampio de’ venti, cioè il mar Mediterraneo, si mostra nell’atmosfera paradisiaca che allietava la giovinezza di Pindemonte, fortunato viaggiatore nei luoghi del mito.
Come in un brano sinfonico, la quarta sezione si avvia al finale in un crescendo, che ha per tema e nucleo portante l’idea della poesia eternatrice, che può vincere di mille secoli il silenzio (v. 234). L’altissimo compito di evocar gli eroi (v. 228) è assegnato dall’autore a sé stesso (E me, v. 226): egli invoca questo incarico dalle Muse, capaci di ridare anima e vita a ciò che altrimenti è destinato per sempre a scomparire (del mortale pensiero animatrici, v. 229). Sfidando il tempo e la distruzione, esse permettono, nel quadro delle consuete opposizioni foscoliane, al canto (v. 233) di vincere i deserti (v. 233), all’armonia (v. 233) di prevalere sul silenzio (v. 234). La poesia, più ancora del sepolcro, è in grado di trascendere la caducità delle cose materiali e riesce a rendere immortali, grazie alla parola, i luoghi e le persone: la città di Troia, annientata dagli uomini, non è più un semplice ricordo della Storia, ma si trasforma nel regno della poesia.
A compiere il miracolo dell’eternità è Omero, il sacro vate (v. 288) autore dei due poemi, l’Iliade e l’Odissea, che celebrano l’apoteosi epica dell’antichità più remota dell’Occidente. Qui gli fanno corona due personaggi, entrambi rappresentanti delle caratteristiche immutabili del fascino femminile indicate dal poeta tedesco Goethe, dolenti e significativi ciascuno a suo modo: la ninfa Elettra e la profetessa Cassandra, figlia di Priamo e principessa di Troia. Sulla tomba di Elettra, divenuta oggetto di culto (una sorta di Santa Croce dell’antichità), viene eretta la città di Troia, luogo di raccolta degli eroi. Davanti a quel medesimo sepolcro la fine della città è profetizzata da Cassandra.Nei versi finali del carme, tuttavia, la poesia ha la meglio sull’opera di distruzione dei secoli: essa celebra i vincitori ma rende merito anche ai vinti. Grazie al canto di Omero l’eroe giusto per eccellenza, Ettore, verrà ricordato in eterno, finché il Sole risplenderà sulle sciagure umane (vv. 294-295): incarnazione letteraria dell’umanità che soffre, egli è il simbolo dell’uomo magnanimo, onesto e leale, destinato al sacrificio e alla morte. Ma il suo esempio – ribadisce Foscolo – può ancora parlarci, indicando una via per superare le miserie terrene. A patto, però, che agiscano passioni generose, il caldo senso della comunità, l’amore per la patria, il vincolo spirituale degli affetti: la barbarie e l’istinto bestiale sono sempre in agguato, pronti a calpestare l’umanità, la civiltà e le sue istituzioni. >> pagina 643
Le scelte stilistiche
I costanti riferimenti alla classicità trovano riscontro, sul piano formale, in una ricerca di tono sublime, che quasi pone la poesia foscoliana in gara con quella omerica. Iperbati*, metafore*, sineddochi* (la nave è indicata attraverso la sua antenna, v. 215, e attraverso la poppa, v. 224; i cinquanta / talami, vv. 239-240, sono i figli di Priamo), anafore* (ivi, ai vv. 254, 255 e 258) e altre figure retoriche punteggiano il testo, impreziosito da termini utilizzati secondo il senso etimologico latino (deprecando / […] l’imminente fato, vv. 256-257).
Gli ultimi versi, in particolare, chiudono il carme all’insegna della solennità, tracciando in un gioco sofisticato di specchi il duplice parallelismo Foscolo-Omero e Foscolo-Ettore: mentre nel primo accostamento si celebra la funzione eternatrice della poesia, nel secondo il richiamo tra l’E me […], me ad evocar (vv. 226-228) e l’apostrofe* E tu onore di pianti, Ettore, avrai (v. 292) identifica un destino comune nella sconfitta dei propri ideali e nell’amore per la patria pagato con il sacrificio.
Verso le COMPETENZE
Comprendere
1 Ai vv. 217-220 Foscolo rievoca la vicenda della controversa attribuzione delle armi di Achille. Ricostruiscila e spiega il significato della frase a’ generosi/giusta di glorie dispensiera è morte (vv. 220-221) in relazione a quanto narrato.
2Quale ruolo si attribuisce il poeta?
3Quale compito hanno invece le Muse?
4Che cosa chiede Elettra a Giove?
5 Riassumi il contenuto del discorso di Cassandra (vv. 263-295) in circa 15 righe, evidenziando i diversi interlocutori immaginari a cui ella si rivolge.
Analizzare
6Quali procedimenti formali tipici dell’epica classica vengono qui usati da Foscolo e perché?
7Perché Omero viene definitosacro vate(v. 288)?
8Individua nel testo i termini afferenti al campo semantico del sacro e spiega il motivo della loro presenza.
9Individua nel testo alcune delle figure retoriche che impreziosiscono ed elevano il registro linguistico del componimento.
10 Rintraccia i riferimenti autobiografici presenti nel testo e spiega in che modo essi si legano allo sviluppo argomentativo.
Interpretare
11 In quale relazione possiamo porre la tomba di Elettra con la chiesa fiorentina di Santa Croce ricordata precedentemente nel carme?
12 Omero è raffigurato nell’atto di interrogare (v. 283) le urne degli eroi troiani. Qual è il significato metaforico di questa visione?
13Perché, secondo te, Foscolo sceglie, come emblema del sepolcro, la tomba di eroi che furono sconfitti e non quella di eroi vincitori?
Produrre
14 Scrivere per argomentare. Nel sonetto A Zacinto il poeta si rispecchia da una parte in Omero e dall’altra in Ulisse, con cui istituisce un paragone sul tema dell’esilio. Qui al posto di Ulisse compare Ettore: in quale rapporto si pone rispetto a quest’ultimo la figura del poeta? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 20 righe.