Scritto nel 1802 per celebrare la guarigione da una lunga malattia di una nobile amica, Antonietta Fagnani Arese, il componimento rappresenta uno degli esempi più raffinati di lirica neoclassica. Come l’ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, il testo voleva essere, nelle intenzioni originarie, una lode galante allo splendore ritrovato dalla donna, ma di fatto trascende l’obiettivo iniziale e l’occasione contingente: la poesia infatti abbandona immediatamente il riferimento realistico, che rimane sullo sfondo fin quasi a scomparire, per diffondersi in considerazioni sulla bellezza che sola può consolare dalle umane sofferenze, e sulla poesia destinata a rendere eterno ciò che nel mondo reale è segnato dalla caducità e dalla minaccia della distruzione.
Metro Ode composta da sedici strofe, formate ciascuna da cinque settenari e un endecasillabo, rimati secondo lo schema ABACDD.