L’umanesimo illuministico di Parini di Giovanni Getto

LETTURE critiche

L’umanesimo illuministico di Parini

di Giovanni Getto

Il critico Giovanni Getto (1913-2002) ha studiato i caratteri dell’umanesimo pariniano, focalizzando l’attenzione sui rapporti fra la matrice cristiana e le idee tipiche dell’Illuminismo. Egli afferma l’importanza determinante soprattutto di quest’ultima componente, evidenziando invece l’indifferenza del poeta nei confronti delle questioni religiose e trascendenti.

Al centro della visione lirica del Parini si colloca l’uomo, interpretato alla luce di una mentalità essenzialmente rinascimentale e illuministica, sotto lo stimolo determinante della cultura del suo tempo e della letteratura dei poeti dell’età classica e del nostro Cinquecento. Ogni spiraglio di trascendenza, nel suo mondo poetico, vi è ostinatamente chiuso, e non già per volontaria negazione, come accadeva per alcuni scrittori del Settecento, ma piuttosto per una inconsapevole indifferenza. Credo che avesse ragione il Carducci1 nel giudicare il Parini il meno naturalmente cristiano tra i poeti del suo secolo. Del cristianesimo manca in lui l’animo, il senso dell’eterno e dell’infinito, di Dio e della morte, anche se cristiana in fondo dobbiamo dire quella ottimistica volontà, che in lui era fortissima, di una sana ed equilibrata ricostruzione della città eterna2 e quel senso pessimistico, che in lui non manca, del peccato come attualità e possibilità incombente sull’uomo. Ma certo, a parte questa precisazione, non si oserebbe poi parlare troppo sul serio, per il Parini, di una sensibilità cristiana. [...]

Codesto ideale di vita, si diceva, ignora l’ansia e il ritmo di un’intima dinamica trascendentale3 e rimane spoglio sostanzialmente di un autentico senso cristiano, anche se non vi restano estranei alcuni temi caratteristici del cristianesimo. Così, se la psicologia del male ha nel Parini una sua vivezza di rappresentazione, la fenomenologia interna del bene riesce priva di una sua realtà poetica. In generale essa non supera l’ambito di uno scolorito complesso di note dove si parla astrattamente di “virtù”, e, quando cotesta virtù sembra determinarsi, si esaurisce in un impreciso circolo di scialbe reminiscenze classiche. Tale è il frequentissimo tema del distacco dall’oro e dagli onori (l’oro come riferimento di valore negativo ha un suo ricordo costante nelle odi pariniane, ed è il tema di evidente origine classica, oraziana4 in modo speciale). Tale è il tema della modestia, della pietà, della giustizia, ecc. Cotesti princìpî sono presupposti di natura logica più che presenze dichiarate liricamente. Più originale, in questa visione del mondo spirituale dell’uomo, vuole essere il sentimento della coscienza e della dignità umana, che tuttavia, di nuovo, pare più un diffuso sottinteso che una voluta ed esplicita figurazione poetica. E non è senza significato che sia riuscita discutibile, nei suoi risultati etici e poetici, un’ode come La Caduta. Ma, appunto, non è l’interiore paesaggio della virtù che sembra interessare la poesia del Parini, ma piuttosto l’esterno mondo in cui la virtù si concreta in opere, la zona in cui si incontrano i due piani, fisico e morale. Qui davvero la sua poesia trova un’inconfondibile voce.

Costante ed originale è nelle Odi l’assenso5 ai valori umani che si dispongono su questa linea d’incontro dei due mondi dello spirito e della materia, dalla musica alla poesia, dall’amicizia alla scienza, dalla salute fisica all’economia, dal lavoro alla famiglia. Sono le opere dell’uomo, le sue sane affermazioni di vita, il costume con cui si celebra concretamente la sua dignità, quel che riscuote l’eco dell’anima e dello stile di Giuseppe Parini. Di qui scaturisce tutta quella viva e ricca tematica che tocca e traduce in poesia gli elementi più vari e più nuovi, che sembrano già suggeriti dal semplice indice dove passano i titoli delle odi: La salubrità dell’aria, L’impostura, L’educazione, L’innesto del vaiuolo, La magistratura, La laurea, L’evirazione, Le nozze, e così via. Alla poesia dei cinque sensi propria dei poeti della civiltà barocca e alla poesia genericamente sentimentale dell’Arcadia, si sostituiva per la prima volta col Parini una poesia intessuta di un mondo di limpidi pensieri e di chiari ideali, di forti sentimenti e di precise volontà. [...]

In questo nucleo di sensibilità si profila l’umanesimo lirico del Parini. [...] La polemica del Parini nel Giorno si muove non contro quel mondo di eleganza e di piacere che non può in sé non essere apprezzato, ma contro il vuoto spirituale (di intelligenza e di moralità) di quegli uomini che sono viventi stonature in mezzo a quegli agi e a quelle raffinatezze di cui non sanno valersi e godere («perché l’arte di saper godere delle ricchezze è molto più rara dell’arte di acquistarle» ammoniva per conto suo Pietro Verri nel Discorso sulla felicità). In tal modo appunto si risolve il preteso contrasto, sottolineato dalla critica, di un Parini ammiratore e demolitore del mondo nobiliare. Egli è il poeta di una morale realizzatrice di un equilibrio di vita tipicamente illuministico. La morale di una classe operosa e conquistatrice, che, mentre s’avvia al decoro di vita e al lusso della classe nobiliare, ancora serba le positive virtù sue proprie e un affettuoso interesse per le classi più umili da cui si è elevata.


Giovanni Getto, Immagini e problemi della letteratura italiana, Mursia, Milano 1966

Comprendere il pensiero critico

1 Perché Carducci definisce Parini il meno naturalmente cristiano fra i poeti del suo secolo?


2 Secondo Getto, Parini è più interessato al mondo interiore o a quello esteriore? Perché?


3 Contro chi e che cosa si scaglia la polemica del Giorno? A che tipo di morale rimanda tale attacco?

Volti e luoghi della letteratura - volume 2
Volti e luoghi della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento