CRONACHE dal PASSATO
Le invidie dell’ambiente teatrale
Il colpo basso di un acerrimo nemico
Quando vengono portate sulla scena, le commedie goldoniane suscitano puntualmente, oltre che lodi e apprezzamenti, anche un vespaio di polemiche, in gran parte dovute alle invidie di concorrenti e detrattori. Durante il carnevale del 1749, in particolare, la rappresentazione della Vedova scaltra accende grandissimi entusiasmi, tanto da essere replicata trenta volte.
Un attacco contro la sua opera
Nell’ottobre dello stesso anno compaiono a Venezia le locandine che annunciano l’allestimento, presso il teatro San Samuele, di una commedia intitolata La scuola delle vedove. Circola voce che si tratti di una parodia del fortunatissimo testo di Goldoni; recatosi alla prima con il volto coperto dalla maschera, come si usava allora, l’autore si rende subito conto che, più che una semplice parodia, quello che viene messo in scena è un vero e proprio attacco contro la sua persona. Il testo, infatti, è proprio quello della Vedova scaltra, ma in risposta alle battute originali, un coro di attori grida: «Sciocchezze, sciocchezze!», «Bestialità, bestialità!», e altri analoghi insulti.
La difesa di Goldoni
Rientrato a casa, Goldoni stende una lettera di denuncia contro la satira oltraggiosa cui ha assistito, sostenendo che essa offende la dignità della Repubblica veneziana e invocando il rispetto degli interessi della società civile. Anziché indirizzarla al governo, però, la fa stampare e distribuire in città, appellandosi così direttamente al pubblico, oltre che alle istituzioni. La strategia è indovinata: la rappresentazione della Scuola delle vedove è sospesa e viene introdotto l’obbligo di sottoporre all’esame censorio le opere destinate alla messa in scena. Nei Mémoires, raccontando l’episodio, Goldoni non fa il nome dell’autore della parodia oltraggiosa, ma tutti sanno che l’opera è stata una trovata, mal riuscita, del suo eterno rivale, Pietro Chiari.