La vita

La vita

Gli studi Cesare Beccaria nasce a Milano nel 1738. Di famiglia aristocratica (originaria di Pavia), viene educato presso il Collegio Farnesiano di Parma, gestito dai gesuiti e frequentato anche dai fratelli Verri. Tra i docenti figurano i noti letterati Gian Battista Roberti e Saverio Bettinelli, che del giovane Beccaria apprezzano l’eccezionale talento e la particolare disposizione per la matematica.

Nel 1758, pur senza frequentare i corsi universitari (com’era allora abituale), si laurea in Legge a Pavia.

La collaborazione con “Il Caffè” A ventidue anni, in seguito alla lettura delle Lettere persiane di Montesquieu, Beccaria comincia a interessarsi, con grande entusiasmo, ai problemi filosofici e sociali. Entrato nel cenacolo di casa Verri – che è anche la sede della redazione del “Caffè” ( p. 213) – è spronato a dedicarsi agli studi di scienza politica ed economica. È in questo contesto che, essendo divenuto tema di discussione, fra i tanti, il problema dello stato deplorevole della giustizia penale, Beccaria viene designato a trattare l’argomento, e compone, tra il 1763 e il 1764, il trattato Dei delitti e delle pene.
Un matrimonio d’amore Episodio saliente della giovinezza di Beccaria è l’amore e il matrimonio con Teresa Blasco, una ragazza di rango sociale inferiore che egli conosce nel 1760. I genitori di Beccaria si oppongono alla relazione, ma l’intercessione di Pietro Verri aiuta ad appianare il contrasto familiare; il legame con Teresa testimonia la trasformazione dell’istituto matrimoniale da strumento di alleanza strategica e patrimoniale tra le famiglie, come voleva il modello aristocratico, a unione basata su un autentico sentimento reciproco. Dal matrimonio nasceranno due maschi e una femmina, Giulia, futura madre di Alessandro Manzoni.

La carriera di funzionario statale Nel 1766, in compagnia di Alessandro Verri, Beccaria parte per Parigi, essendo stato invitato a discutere le idee formulate in Dei delitti e delle pene. Il viaggio in Francia viene però interrotto anzitempo da Beccaria, poco incline a riconoscersi nel ruolo di intellettuale mondano che gli Illuministi francesi gli riservavano, e anche per questo segna la rottura con i fratelli Verri: i rapporti con loro, negli anni seguenti, si raffreddano notevolmente.

Tornato in Italia, dal 1768 al 1771 ricopre la cattedra di Scienze camerali (oggi diremmo Economia politica) alle Scuole Palatine di Milano.

Nel 1771 intraprende la carriera amministrativa, che lo occuperà per il resto della vita. Nello stesso anno viene eletto membro del Supremo consiglio dell’economia (l’organismo che presiede al funzionamento dei meccanismi finanziari e guida la politica economica nella Lombardia austriaca) e nel 1791 entra nella Giunta per la riforma del sistema giudiziario civile e criminale.

Nel 1774, poco dopo la morte di Teresa Blasco, sposa Anna Barbò, oculata custode delle non floride finanze familiari, da cui ha il figlio Giulio (1775). Muore a Milano nel 1794.

il CARATTERE

  Un instabile equilibrio psicologico

Orgoglio e puntiglio

Il duro contrasto con il padre in merito al matrimonio con Teresa Blasco è il segno, nel giovane Beccaria, di un carattere ribelle, che mal sopporta imposizioni e costrizioni. Tale aspetto del suo temperamento emerge già negli anni trascorsi al collegio gesuitico di Parma (dove studia fino a quando è sedicenne), durante i quali un’educazione «fanatica» – come lui stesso la definirà – lo spinge a chiudersi in sé stesso e ad assumere un atteggiamento di puntigliosa autodifesa.

Il temperamento accidioso

Il matrimonio, per il poco più che ventenne marchese, è un mezzo per affermare la propria personalità. Nello stesso periodo, inoltre, egli comincia a dedicarsi alla filosofia, abbracciando totalmente le idee degli Illuministi, in seguito alla lettura di Montesquieu, nel 1761.

Conoscendo il suo temperamento accidioso, egli è però consapevole di non possedere la determinazione sufficiente per compiere una rapida e fruttuosa carriera. Solo l’amore e l’amicizia sembrano poterlo sottrarre da questa mancanza di volontà, oltre alla grande passione intellettuale, che lo trasforma profondamente. Soltanto grazie alla sua «conversione» alla filosofia, come egli stesso la chiamerà qualche anno più tardi, Beccaria riesce a superare lo stato di prostrazione psicologica in cui si trova.

La reazione al successo

Molto impressionato dalla straordinaria fortuna che ottiene Dei delitti e delle pene, Beccaria è però restio ad approfittare della fama che si va sempre più largamente procurando. La passione che traspare dalla sua scrittura non riesce però a vincere il timore di esporsi e di mettere a repentaglio un precario equilibrio psicologico. Negli anni seguenti – così testimonia Pietro Verri, mostrando poca simpatia nei suoi confronti – egli manifesterà sempre di più atteggiamenti stravaganti, paure morbose, crisi nervose e, per contrasto, fasi di indifferenza e apatia.

Le opere

Il primo saggio Della cultura economico-finanziaria di Beccaria è frutto la sua prima opera, scritta nel 1762 dietro consiglio di Pietro Verri: Del disordine e de’ rimedi delle monete nello stato di Milano nell’anno 1762. Stampato a Lucca, il saggio tratta infatti dei problemi, discussi in quegli anni a Milano, relativi alla gestione della zecca e ai criteri con cui venivano coniate le monete.

Lo scritto mostra già l’abilità dell’autore nel confutare le idee correnti e nel proporre misure alternative sull’argomento in discussione, come avverrà di lì a poco, sulle questioni penali, con Dei delitti e delle pene, di cui parleremo più approfonditamente nella seconda parte dell’Unità ( p. 298).

Gli articoli per “Il Caffè” Negli stessi anni della stesura dei due saggi sull’argomento monetario e su quello penale, e dallo stesso ambiente – quello di casa Verri –, matura anche l’ispirazione per i sette articoli che Beccaria scrive per il periodico “Il Caffè” tra il 1764 e il 1766. Dimostrando notevole eclettismo, l’autore si cimenta in argomenti di varia natura: dall’esercitazione matematica contenuta nel Faraone (dedicato a un gioco di carte popolare nel Settecento) alle meditazioni ironiche e paradossali sulla filosofia del Frammento sugli odori e dei Piaceri dell’immaginazione; dal rigore matematico-economico del Tentativo analitico sui contrabbandi alla scherzosa e provocatoria difesa dell’Accademia della Crusca della Risposta alla rinunzia (laddove il titolo si riferisce alla Rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca di Alessandro Verri del 1765,  p. 218); dalla moderna riflessione sul giornalismo contenuta in De’ fogli periodici alle idee originali riguardanti lo stile esposte nel Frammento sullo stile.
Il trattato sullo stile L’argomento di quest’ultimo articolo è ripreso in un saggio scritto tra il 1767 e il 1769 e pubblicato nel 1770 (una seconda parte apparirà nel 1809): Ricerche intorno alla natura dello stile. Muovendosi nell’ambito dell’estetica sensista ( p. 206), Beccaria sostiene che, nella produzione letteraria, si debba abbandonare l’aderenza a norme fisse dedotte dalle opere del passato. Riflettendo sull’arte da un punto di vista filosofico, l’autore osserva che lo scopo della letteratura è quello di suscitare il sentimento del piacere attraverso la carica immaginifica delle parole, secondo un approccio capace di produrre nel lettore forti emozioni: una concezione poetica, come vedremo, applicata dallo stesso Beccaria nel suo capolavoro, Dei delitti e delle pene.
 >> pagina 297 

Le opere incompiute A questi anni, che segnano il tentativo di una carriera di scrittore autonoma dalla tutela e dalla guida dei fratelli Verri, risale anche il progetto incompiuto del Ripulimento delle nazioni, un saggio che avrebbe dovuto unire lo studio dell’economia politica alla riflessione sull’evoluzione della civiltà e alla filosofia della Storia.

Accanto ai numerosi scritti derivanti dal suo lavoro nell’amministrazione dello Stato di Milano – cospicui per quantità – va infine ricordata un’opera pubblicata postuma nel 1804 a partire da manoscritti circolati mentre l’autore era in vita. Si tratta degli Elementi di economia pubblica, frutto delle sue lezioni di Scienze camerali alle Scuole Palatine di Milano. Lo stile limpido e chiaro e l’originalità dei suoi contributi nella disciplina oggetto dell’opera hanno spinto il grande economista Joseph A. Schumpeter (1883-1950) a parlare di Beccaria come dello «Smith italiano», in riferimento allo scozzese Adam Smith (1723-1790), considerato il fondatore dell’economia politica.

La vita   Le opere

Nasce a Milano

1738

 

 Si laurea in Legge a Pavia

1758

 
 Sposa Teresa Blasco
1760  

 Inizia a interessarsi ai problemi filosofici e sociali

1761



 
1762 Del disordine e de’ rimedi delle monete nello stato di Milano nell’anno 1762

 Collabora con “Il Caffè”

1764-1766

 


1764

 Dei delitti e delle pene

 Si reca a Parigi con Alessandro Verri

1766

 

 Insegna Scienze camerali alle Scuole Palatine di Milano

1768-1771



1770  Ricerche intorno alla natura dello stile
 Intraprende la carriera amministrativa 1771

• Poco dopo la morte di Teresa Blasco sposa Anna Barbò
1774                
 

 Entra nella Giunta per la riforma del sistema giudiziario civile e criminale

1791


 Muore a Milano 1794

Volti e luoghi della letteratura - volume 2
Volti e luoghi della letteratura - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento