L’opera

Gerusalemme liberata

Un capolavoro sofferto

La Gerusalemme liberata è l’opera di una vita, il capolavoro in cui Tasso riversa tutte le sue energie e ambizioni. Forse era stato il desiderio di gloria a spingerlo, ancora adolescente, ad accantonare il campo della lirica, insufficiente per emulare il grande e ingombrante modello di Ludovico Ariosto. O forse era stata la volontà di realizzare un poema in cui i valori della civiltà rinascimentale si fondessero, senza essere per questo rinnegati, con l’impegno religioso e ideologico imposto dalla Controriforma. In ogni caso è un’ope­ra a cui l’autore continua a lavorare fino all’ultimo, mosso da scrupoli spirituali e da una persistente insoddisfazione.

  La vicenda editoriale

I primi esperimenti Prima di addentrarci nelle vicende narrate dal poema, è necessario ricostruirne l’intricata storia editoriale, lunga e tormentata. Il nucleo originario dell’opera risale addirittura al 1559, quando Tasso quindicenne inizia a comporre le prime ottave (saranno, in conclusione, 116) di un abbozzo dal titolo Gierusalemme. Tre anni dopo, nel 1562, pubblica il Rinaldo, un romanzo cavalleresco in ottave dedicato al paladino di Carlo Magno. Si tratta di tentativi ancora acerbi, ma l’autore ha già le idee chiare sull’argomento che intende sviluppare, la prima crociata, e sul genere letterario da adottare. Le ragioni che lo portano a privilegiare il poema cavalleresco sono numerose.

L’ispirazione familiare La prima è un motivo biografico. Non possiamo ignorare nella precoce vocazione alla poe­sia eroica del giovane Torquato l’influenza dell’esperienza letteraria del padre Bernardo, autore di un fortunato poema in ottave, dal titolo Amadigi, nel quale l’epopea cavalleresca si intreccia a vicende amorose. Torquato considera l’opera del padre pari all’Orlando furioso ariostesco e superiore all’Orlando innamorato di Boiardo. È un’esagerazione dettata dall’amore filiale, che però denota quanto il modello paterno possa aver inciso sulle sue scelte.

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Superare Ariosto C’è poi un motivo più squisitamente letterario, che riguarda la materia da scegliere. In Italia, prima che Tasso inizi la stesura del Gierusalemme e del Rinaldo, si è andata diffondendo la moda del poema epico di argomento storico (un esempio significativo è L’Italia liberata dai Goti dello scrittore veneto Gian Giorgio Trissino, 1547-1548). La volontà di Tasso di rinunciare alla tipica materia cavalleresca e recuperare un’esperienza recente risente anche di una più generale tendenza letteraria dell’epoca a riformare il modello ariostesco e a conciliare il classicismo con la dimensione spirituale cristiana.
Un argomento all’ordine del giorno: la prima crociata e la minaccia turca L’interesse dell’autore per la tematica religiosa si connette anche, proprio in quel lasso di tempo, con una situazione storica tornata di attualità. La presa di Costantinopoli (1453) e l’avanzata dei turchi nel Mediterraneo hanno alimentato in tutta la cultura cristiana europea il mito di una nuova crociata. Inoltre, l’incursione saracena del 1558 ad Amalfi e nella penisola sorrentina ha coinvolto anche sul piano personale Tasso (il quale, ricordiamolo, era originario proprio di Sorrento, dove viveva ancora la sorella, salvatasi per miracolo).
La stesura della Gerusalemme liberata Al poema sulla prima crociata, già dunque progettato nella prima giovinezza, Tasso lavora soprattutto nel quinquennio che va dal 1570 al 1575. Queste date sono importanti perché è in questo periodo che la Lega Santa, composta dalla Chiesa, dalla Spagna, da Venezia e da altri Stati italiani, ottiene la vittoria contro i turchi nelle acque di Lepanto, in Grecia (1571); sono questi inoltre gli anni centrali del primo, e inizialmente felice, soggiorno ferrarese del poeta: la stesura dell’opera e il servizio cortigiano presso gli Estensi vanno di pari passo. Il poeta sa bene come la tradizione cavalleresca sia in auge da decenni presso quella corte, che conserva memoria dei fasti rinascimentali di Boiardo e Ariosto: inserirsi in questo filone significa per lui conquistare fiducia e stima ancora maggiori presso i colti esponenti della nobiltà ferrarese. Per una personalità come la sua, sempre alla ricerca di conferme e di apprezzamento, anche questa motivazione deve essere stata rilevante.

Tra rifacimenti e stampe non autorizzate Nel 1575 il poeta può annunciare ad Alfonso d’Este di aver portato a termine il poema, con il titolo di Goffredo, dal nome del condottiero, Goffredo di Buglione, protagonista della prima crociata e della narrazione. Benché apprezzata a corte e apertamente lodata dai letterati a cui giunge il manoscritto, l’opera non viene però pubblicata. Tasso, temendo di aver violato l’ortodossia religiosa imposta dalla Controriforma (inserendo, per esempio, episodi che egli stesso giudicava licenziosi), sottopone il poema a una continua riscrittura e al vaglio di una squadra di revisori romani, che ne suggeriscono modifiche e limature snervanti, canto per canto, ottava per ottava. La conseguenza è che, mentre il poeta è recluso nel­l’Ospedale di Sant’Anna, circolano dappertutto, incontrollate, diverse copie dell’ope­ra, scorrette e lacunose, corrispondenti ad altrettanti e successivi momenti di revisione ed elaborazione.

Nel 1581 escono, mai curate in prima persona né autorizzate dall’autore, le prime edizioni complete con il titolo di Gerusalemme liberata. Nello stesso anno vede però la luce anche la prima edizione autorizzata dall’autore, quella che leggiamo ancora oggi, stampata a Ferrara a cura di Febo Bonnà, letterato vicino a Tasso. Tre anni dopo è la volta di una versione allestita a Mantova da Scipione Gonzaga, amico personale del poeta, che contiene alcuni interventi di censura.

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La vittoria dell’ortodossia: la Gerusalemme conquistata Tasso continua ancora per anni a riscrivere il suo capolavoro, tagliandolo o rielaborandolo in modo da renderlo più conforme a princìpi religiosi e morali a suo giudizio in precedenza violati o ignorati. La caratterizzazione dei due schieramenti diviene più netta: alla moralità cristiana si contrappone, senza incertezze, la malvagità pagana. In particolare, egli decide di fare a meno degli episodi amorosi, eliminandoli con aperta disponibilità all’autocensura. In compenso, accentua la teatralità fastosa, e lo stile, che già nella Liberata presentava numerosi virtuosismi manieristici, viene ora appesantito da artifici retorici ormai pienamente barocchi.

Il risultato di questo lavoro più che decennale costituisce la Gerusalemme conquistata, pubblicata a Roma nel 1593, in 24 libri, con dedica non più ad Alfonso d’Este ma al cardinale Cinzio Aldobrandini. Si tratta, a tutti gli effetti, di un’opera diversa dalla Liberata.

Le tappe principali della composizione dell’opera

1559-1560

Composizione di 116 ottave dell’incompiuto Gierusalemme, che può essere considerato il primo approccio alla materia dell’opera.

1575

Termine della prima stesura, con il titolo Goffredo, sottoposta al giudizio critico di vari lettori di fiducia, ai quali Tasso chiede di verificare che il testo rispetti i princìpi della Controriforma.

1581

Pubblicazione dell’opera, a cura di Angelo Ingegneri, con il titolo Gerusalemme liberata, apposto dall’editore. Sono 20 canti per un totale di 1917 ottave. Nello stesso anno esce la prima edizione autorizzata, a cura di Febo Bonnà.

1584

Tra le numerosissime edizioni, testimonianza di un successo immediato, quella a cura di Scipione Gonzaga è considerata particolarmente attendibile, in quanto derivata da manoscritti originali.

1593

Edizione, autorizzata dal poeta, della Gerusalemme conquistata, dopo una profonda revisione del testo della Liberata.

  La trama

La prima crociata e la missione di Goffredo Il poema, in ottave, diviso in 20 canti, ha come tema di fondo la prima crociata (1096-1099). La vicenda si apre al sesto anno della crociata: i valorosi paladini cristiani, distolti da interessi personali, appaiono disorientati rispetto al nobile intento di liberare il Santo Sepolcro dai musulmani. Dio, allora, incarica il saggio Goffredo di Buglione di prendere la guida dell’esercito per condurlo alla conquista di Gerusalemme. A tenere la città sacra è il re Aladino, che può contare sull’aiuto delle forze infernali, riunite in concilio. Aladino invia nel campo crociato la bellissima maga Armida per distogliere dai loro doveri di cavalieri i migliori guerrieri cristiani, che infatti la seguono in un castello sulle rive del Mar Morto dove vengono imprigionati.

I cristiani vicini al tracollo Il campo dei cristiani, diviso da contese e dissidi, è abbandonato anche dal più intrepido dei suoi cavalieri, Rinaldo, il quale, dopo aver ucciso un principe norvegese suo calunniatore, fugge per non sottostare al giudizio di Goffredo. Già indebolito, il fronte dei crociati perde anche un altro dei suoi campioni più importanti, Tancredi, che crede di vedere in prossimità dell’accampamento la pagana Clorinda, di cui è innamorato. Si tratta invece della guerriera pagana Erminia che, a sua volta innamorata dell’eroe cristiano, trova ospitalità e pace dai suoi affanni d’amore presso alcuni pastori, mentre anche Tancredi finisce prigioniero del castello di Armida.

L’esercito cristiano intanto è in una situazione drammatica, incalzato dalle continue sortite degli assediati. La falsa notizia della morte di Rinaldo determina persino una rivolta contro il capitano Goffredo. Dio però interviene a suo favore proprio quando la battaglia sta per decretarne la definitiva sconfitta. Mentre l’arcangelo Gabriele allontana le forze del Male, un drappello di misteriosi cavalieri giunge in soccorso di Goffredo: sono i prigionieri di Armida, liberati da Rinaldo, il quale, dismesse le armi insanguinate che avevano fatto credere che fosse morto, prosegue il suo cammino errante verso Antiochia.

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Il riscatto dei paladini e la vittoria cristiana A questo punto, i cristiani decidono di compiere una processione al monte Oliveto, mentre i pagani, dalle mura, li coprono di insulti; il giorno successivo si svolge una battaglia cruenta, che si conclude senza vincitori né vinti, ma con il ferimento di Goffredo, poi miracolosamente risanato grazie ancora a un intervento divino. Durante la notte, le macchine da guerra dei crociati vengono incendiate da Argante e Clorinda. Quest’ultima, rimasta fuori dalla città, è inseguita da Tancredi, che non la riconosce e la ferisce mortalmente al termine di un drammatico duello. Quando l’eroe scopre la vera identità della donna, poco prima che muoia, affranto le impartisce il battesimo. Paralizzato dal dolore, Tancredi trae consolazione solo dalla successiva apparizione in sogno della donna amata.

Nel frattempo, altre minacce incombono sull’esercito di Goffredo. Il mago Ismeno rende impenetrabile con i suoi incantesimi la selva di Saron, da cui i cristiani ricavavano il legname per costruire nuove macchine da guerra; una siccità sembra inoltre piegare le loro forze residue. Goffredo è turbato da così tante avversità, ma per effetto delle sue preghiere il corso della guerra cambia di nuovo: prima una pioggia divina mitiga gli effetti della siccità, poi il ritorno di Rinaldo rende possibile la vittoria. L’eroe cristiano, infatti, vittima delle dolcezze voluttuose di Armida nelle Isole Fortunate, era stato svegliato dal suo torpore dall’intervento di due crociati inviati da Goffredo, Carlo e Ubaldo. Tornato in sé, riconciliatosi con Goffredo e pentitosi sul monte Oliveto, Rinaldo scioglie gli incantesimi della selva di Saron.

I cristiani allora, dopo aver costruito tre torri, possono infine sferrare l’attacco decisivo: Gerusalemme viene conquistata. Nell’ultima grande battaglia Tancredi uccide Argante, è ferito ma viene curato da Erminia; Rinaldo abbatte il coraggioso Solimano; l’esercito egizio, sopraggiunto in aiuto di quello musulmano, è distrutto; la torre di David, ultimo baluardo della cittadella di Gerusalemme, cade nelle mani dei crociati. Anche Aladino è ucciso. Ormai sconfitta, Armida fugge per suicidarsi ma, raggiunta da Rinaldo, si converte al cristianesimo. Il poema ora può davvero concludersi: l’ultima scena è l’ingresso di Goffredo nel tempio di Gerusalemme, dove depone le armi e dichiara conclusa la crociata.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento