3 - Amore e letteratura
L’impossibile abbandono al piacere In ogni caso, l’amore non è mai vissuto come passione appagante, soggetto com’è a una fatalità che incombe e proietta sempre una luce sinistra di tragicità e disinganno su ogni vicenda sentimentale. Anche quando Tasso evade verso l’idillio pastorale, come nell’Aminta, il rimpianto prevale sempre sul sereno godimento del piacere senza condizionamenti: un mondo di libertà, dominato dall’amore, esiste, ma solo nel tempo indefinibile di una bella favola. Anche dove, a prima vista, l’autore celebra la forza dell’amore e dell’istinto, si coglie sempre il lamento per il fatto che quella forza è ormai perduta: può essere vagheggiata ma non realizzata, perché oppressa dalle leggi, dalla falsa moralità, dall’ipocrisia della vita cortigiana.
Dove sono finiti gli affetti più schietti? Dove la purezza originaria degli uomini e la felicità dei sensi da assaporare senza indugi a contatto con la natura? Dietro la calda musicalità dei versi e le atmosfere idealizzate delle opere di Tasso si scorge sempre una riflessione sconsolata sul mondo in cui l’autore vive, nell’incerto equilibrio tra la speranza di felicità (possibile solo, non a caso, tra i felici pastori di un’età dell’oro perduta per sempre) e la delusione, fra uno struggente bisogno di autenticità e l’ipocrisia che regola i meccanismi del “vivere civile”.
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento