2 - Tra sensualità e spiritualità

2 Tra sensualità e spiritualità

Tra Rinascimento e Barocco Non capiremmo la figura di Torquato Tasso nella sua complessità se non la collocassimo al centro dell’epoca manierista, che assiste alla crisi (ma non ancora alla fine) dei valori rinascimentali, ai quali si oppongono i nuovi valori dell’età controriformistica. La sua parabola poetica e umana suggerisce proprio l’immagine di questa transizione. Prima, percepiamo le atmosfere e i contenuti, ancora solari, lirici e pieni di accensioni sensuali, della sua produzione giovanile, dalle prime rime fino all’Aminta; poi, le pagine tormentate e laceranti della Gerusalemme liberata e, ancor più, del suo rifacimento e delle ultime opere (per esempio, quelle sacre e Re Torrismondo) ci fanno intuire l’affermazione di idea­li religiosi rigidi e assoluti e una profonda ansia spirituale che preannuncia una visione del mondo tragica e barocca.

La sirena fugace dell’amore Tuttavia, sin dalle sue prime prove l’immaginazione poetica di Tasso è sempre ambivalente, come se un’innata e libera vocazione lirica e passionale si dovesse confrontare con gli aspetti più bui e inconfessabili di una realtà perennemente minacciata dall’incombere della morte. Per questo, a Tasso anche l’amore appare sempre avvolto da un’atmosfera di mistero, come l’incanto di una favola dai contorni irreali, destinata a svanire rapidamente.

Questo sentimento di precarietà fa nascere nella sua poesia un tono voluttuoso e sensuale, che non alimenta mai un fiducioso e sereno abbandono alla bellezza dei sensi, ma esprime al contrario la consapevolezza che, come ogni altra cosa bella della vita, anche il piacere e la sensualità si spengono presto e sfioriscono senza lasciare traccia. Il poeta non rinuncia a dipingere il fascino di imprevedibili oasi di pace, ma si tratta solo di rifugi dalla dura quotidianità dell’esistenza, che si ripropone puntuale con le sue contraddizioni e tragedie.

Le tensioni contrapposte: il «bifrontismo» di Tasso Intorno a questo dissidiotra bellezza e dolore, sogno e realtà – ruota l’intera produzione di Tasso, da quella minore alla Gerusalemme liberata. Da un lato troviamo i motivi rinascimentali, che non hanno perso attrattiva (l’amore, l’edonismo, la libertà); dall’altro, però, tali motivi, che Ariosto vagheggiava ancora con tranquillità d’animo, appaiono ora fugaci e minacciati da forze oscure, misteriose e irrazionali. Si tratta, per usare la definizione del critico Lanfranco Caretti, di una sorta di «bifrontismo»: Tasso è sempre in bilico tra l’aspirazione alla serenità del classicismo umanistico-rinascimentale e un’inclinazione alla trasgressione che pare anticipare il barocco.

Tale ambiguità caratterizza tutta la sua personalità. Sul piano ideologico, il desiderio di naturalezza, la spinta all’evasione verso uno spazio incontaminato, il fascino esercitato su di lui dal sentimento amoroso e dalla sensualità passionale cozzano con le convenzioni imposte dalla morale e dalla religione, con il controllo esercitato dalle corti, sempre più ripiegate su sé stesse in uno sterile culto dell’etichetta formale, e infine con una sorta di autocensura, che gli impone di adeguarsi ai sistemi ideologici e ai valori controriformisti. La celebrazione dell’ideologia cristiana, che vediamo nella Gerusalemme liberata, nasce proprio da questa esigenza di ortodossia autoimposta: un’esigenza che non impedisce tuttavia il continuo affiorare delle tentazioni dell’amore.

Uno stile «magnifico» ed emotivo Sul piano stilistico è possibile notare la stessa ambivalenza. Tasso infatti, pur non rinunciando mai alla ricerca del decoro e dell’eleganza formale, oscilla tra un linguaggio fluido e sfumato e uno più mosso, tendente al solenne e al sublime (che definisce «magnifico»). È un pluristilismo che risente indubbiamente del suo conflitto interiore: da una parte l’anima più edonistica e sentimentale, che si riflette nel registro lirico; dall’altra quella etica e religiosa, che si manifesta nei toni epici e drammatici.

Da rappresentante del Manierismo qual è, Tasso si rivela un esperto e sapiente cesellatore di immagini e parole, ricorrendo a una vasta gamma di “maniere” e reminiscenze della tradizione letteraria, in primo luogo quella del Petrarchismo rinascimentale. Eppure, anche in questo ambito il poeta rimane fedele a sé stesso, esasperando la ricerca degli effetti fino al virtuosismo, studiando metafore e giochi verbali e fonici di facile presa, finendo quindi per anticipare le sottigliezze e le artificiose invenzioni che troveremo nella poesia barocca del Seicento.

 >> pagina 987 

T2

Qual rugiada o qual pianto

Rime, 324

Le sensazioni malinconiche del poeta, una sottile angoscia per la partenza, o forse l’abbandono della donna amata trovano una corrispondenza nella natura, in una notte di luna e di stelle che sparge rugiada come lacrime.


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Audiolettura

Qual rugiada o qual pianto,

quai lagrime eran quelle

che sparger vidi dal notturno manto

e dal candido volto de le stelle?

5      E perché seminò la bianca luna

di cristalline stelle un puro nembo

a l’erba fresca in grembo?

Perché ne l’aria bruna

s’udian, quasi dolendo, intorno intorno

10    gir l’aure insino al giorno?

Fur segni forse de la tua partita,

vita de la mia vita?

 >> pagina 988 

T3

Donna, il bel vetro tondo

Rime, 260

La bellezza della donna è paragonata a quella del cosmo, che racchiude tutti i possibili pregi. Funzione e vanto del poeta saranno allora quelli di tradurre tale bellezza in versi e in prosa.

 
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Donna, il bel vetro tondo

che ti mostra le perle e gli ostri e gli ori,

in cui tu di te stessa t’innamori,

è l’effigie del mondo,

5      ché quanto in lui riluce

raggio ed imago è sol de la tua luce.

Or chi de l’universo

può i pregi annoverar sì vari e tanti,

quegli, audace, si vanti

10    di stringer le tue lodi in prosa e ’n verso.

T4

Lunge da voi, mio core

Rime, 60

La lontananza della donna amata è un dolore che ogni volta annienta e uccide. Il poeta, di fronte a tale sentimento che assomiglia alla morte, si augura di morire una volta per tutte.

 
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Lunge da voi, mio core,

mille volte m’uccide il mio dolore.

Perché la mia partita

mi tolse l’alma; e s’io ripenso in lei

5       mi ritoglie la vita,

e tutti sono morti i pensier miei.

Oh miseria infinita!

È quel felice ch’una volta more.

 >> pagina 989 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il madrigale* è un tipo di componimento poetico, di origine incerta, sviluppatosi nel Trecento, per lo più di argomento galante e a sfondo pastorale. Petrarca ne scrisse quattro, utilizzando esclusivamente gli endecasillabi e dividendoli in due o tre terzine e uno o due distici. Nel Cinquecento si preferisce alternare agli endecasillabi* anche i settenari* secondo vari schemi di rime. Con Tasso l’argomento amoroso diventa pressoché esclusivo e si accentuano quei tratti di arguta sottigliezza, di erotismo prezioso, di struggente elegia e musicalità che tanto piaceranno ai poeti lirici del Seicento. Tali caratteristiche si ritrovano nei tre testi proposti.

Nel primo madrigale, l’io lirico presagisce che la donna amata si sta separando da lui. Come reagisce il poeta? Non dice di piangere, ma vede il suo pianto riflesso in una pioggia di stelle e nella rugiada notturna che sembra sparsa dalla luna. Lo sente addirittura nel lamento prodotto dal sussurrare dei venti. Il poeta quindi scorge nel paesaggio lo specchio della propria anima, in una specie di assimilazione e compenetrazione tra il sentimento e la natura, tra l’interno e l’esterno, che egli insinua nel lettore sin dal primo verso: ciò che intravede nella notte può essere rugiada, ma anche pianto. I campi semantici appaiono infatti contaminati e la natura umanizzata: le stelle hanno un candido volto e versano lagrime (vv. 4 e 2), la luna seminò le gocce di rugiada (v. 5); le brezze della notte soffiano quasi dolendo, come se emettessero lamenti (v. 9).

L’elemento dominante del componimento è la vibrante e trasognata musicalità. Vari espedienti concorrono a esprimerla: le rime disposte tre volte in posizione baciata; la ripetizione di vita nell’ultimo verso e di qual al primo; le allitterazioni* dei suoni r, l, n, presenti in buona parte del madrigale, prima di essere bruscamente sostituiti dalla i e dalla t negli ultimi due versi (Fur segni forse de la tua partita, / vita de la mia vita?). Tasso non descrive, semmai allude: l’atmosfera è di sfumata vaghezza (intorno intorno, v. 9), resa dal contrasto cromatico di luce e ombra (notturno manto / candido volto, vv. 3-4; bianca luna / aria bruna, vv. 5 e 8) e dal succedersi di domande che non hanno risposta.

Nel secondo madrigale siamo di fronte a una scena quotidiana: una donna che si riflette nello specchio. Ma la bellezza che contempla narcisisticamente (tu di te stessa t’innamori, v. 3) non è solo quella del suo volto, poiché questo contiene a sua volta la bellezza di tutto l’universo. Chi può lodare dunque pienamente l’immagine femminile? Soltanto chi è capace di lodare le meraviglie dell’intera natura.

Così riassunta, la poesia appare semplice: a complicarla, però, ci sono il sottile gioco analogico tra donna e natura e il reticolo delle metafore* che trasfigurano la realtà in una rivelazione metafisica. Al v. 2 il biancore dei denti (le perle), il rosso purpureo delle labbra (gli ostri), l’oro dei capelli (gli ori) sono metafore per indicare i colori del volto della donna, ma sono al tempo stesso il segno di una realtà ambigua e ineffabile qual è il mondo. Non a caso, l’oggetto che mette in relazione la bellezza femminile con quella dell’universo è lo specchio (lo troveremo anche nella Gerusalemme liberata, in mano alla maga Armida), oggetto tipico della poesia manierista e poi barocca, simbolo del carattere illusorio delle cose, della continua oscillazione degli oggetti e del mondo tra la realtà e la finzione, tra la verità e l’apparenza.

 >> pagina 990 

Nell’ultimo madrigale Tasso ripropone un motivo tradizionale della poesia amorosa: la lontananza della donna amata. Ciò che è nuovo e originale è il modo in cui egli riesce a esprimere il dolore e la malinconia. Una struggente musicalità è ottenuta grazie al consueto alternarsi di settenari ed endecasillabi, alle rime che alludono all’angoscia (core, dolore, more) e alle riprese interne, appena variate (tolse-ritoglie, mille volte-una volta). L’esclamazione al v. 7 (Oh miseria infinita!) e la parentela tra morte e felicità nella chiusa del madrigale sottolineano con enfasi la teoria paradossale dell’innamorato infelice: fortunato chi è morto, una volta e per sempre, mentre il poeta è costretto a morire in continuazione a causa della sofferenza

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Fai la parafrasi dei tre madrigali.

Analizzare

2 In Qual rugiada o qual pianto gli elementi naturali rivestono particolare importanza:


a individua quelli legati al campo semantico della luminosità o dell’oscurità;

b quali fra questi elementi hanno una connotazione maggiormente positiva e quali negativa?


3 In Qual rugiada o qual pianto che funzione hanno le frasi interrogative?


4 In Donna, il bel vetro tondo, quale relazione si crea:


a tra la donna e lo specchio?

b tra la bellezza della donna e quella dell’universo?


5 È possibile affermare che in Lunge da voi, mio core, la rappresentazione del dolore amoroso è iperbolica? perché?


6 Individua in Lunge da voi, mio core tutte le frasi e le espressioni che rimandano al campo semantico della morte.

interpretare

7 Dopo la lettura dei tre madrigali presentati, individua gli aspetti che accostano e quelli che allontanano Tasso dal modello petrarchesco.


8 Quale concezione dell’amore emerge dai versi letti?

COMPETENZE LINGUISTICHE

9 Il madrigale Lunge da voi, mio core è, di fatto, costruito su una ripetizione di espressioni che significano morire. Scrivi almeno due sinonimi di questo verbo per ciascun registro linguistico.


Registro aulico-poetico

Registro formale-burocratico

Registro colloquiale-gergale










Produrre

10 Scrivere per esporre. In Donna, il bel vetro tondo l’innamoramento per sé stessa provato dalla donna (tu di te stessa t’innamori, v. 3) ricorda il mito classico di Narciso, che s’invaghisce della propria immagine riflessa. Partendo da questo spunto fai una breve ricerca sul significato che oggi riveste il termine “narcisismo”, dalla sua origine mitologica fino all’impiego nella psicanalisi. Scrivi un testo espositivo di circa 30 righe.


11 Scrivere per argomentare. La moda del “selfie” come moderna forma di narcisismo: che cosa ne pensi? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe portando anche esempi tratti dalla tua esperienza.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento