Il libro segreto di uno scettico di Emanuele Cutinelli-Rèndina

LETTURA critica

Il libro segreto di uno scettico

di Emanuele Cutinelli-Rèndina

Ai Ricordi Guicciardini affida la singolare testimonianza di un pensatore alla continua ma ambigua e irrisolta ricerca di un senso da dare all’esistenza. Lo studioso Emanuele Cutinelli-Rèndina (n. 1959) sottolinea lo sofferta contraddittorietà di un capolavoro complesso e mutevole come la realtà che vuole indagare e spiegare.

Sul libro dei Ricordi [prevale] una componente che in realtà lo [accompagna] fin dalla sua genesi, intrecciandosi ai molti fili che lo costituiscono; una componente che tende a farne non tanto un libro per famiglia o per i posteri, quanto un autentico libro segreto, di colloquio con la propria anima, di interrogazione sul significato della vita e della morte, dell’impegnarsi nella vita e del prepararsi alla morte: un colloquio che ha senso sia condotto nel segreto notturno del proprio scrittoio per non uscirne mai. E in tale componente risiede certamente una delle ragioni del fascino così sottile che ancora esercita sul lettore contemporaneo questo incunabolo1 della scrittura europea dell’io, da cui ci provengono gli esiti della meditazione non di un letterato, ma, con la sobrietà di accenti che gli è propria, di un uomo d’azione del calibro di Guicciardini.

Di tale raccolta si è più volte sottolineato da parte della critica il carattere asistematico, quasi di profonda adesione della struttura dell’opera alle forme e ai movimenti del pensiero che circolano al suo interno: per cui Guicciardini vi appare non un pensatore dell’empirismo o dello scetticismo, ma un empirista e uno scettico in atto, che di questa condizione offre la sofferenza viva e non, per così dire, la teoria o il sistema. Pertanto nei Ricordi non esiste un centro e una periferia, né un autentico filo conduttore intorno al quale sistemare un percorso che gerarchizzi e coordini le varie tematiche. Anche se qui e là si nota la traccia di un’incompiuta volontà di organizzare la materia costituendo delle microserie di ricordi affini o comunque connessi tra loro – quasi che Guicciardini fosse di tanto in tanto attratto dal bisogno di qualche ordine strutturale, ma poi se ne ritraesse come non conveniente fino in fondo all’opera che veniva elaborando – in realtà ciascuno dei maggiori e più impegnati ricordi (quelli cioè non del tutto risolti nella dimensione aneddotica e contingente, che sono poi una minoranza) può essere preso come punto di partenza per un percorso che si snoda in più luoghi dell’opera. Un percorso però che continuamente esibisce la propria precarietà, la propria insufficienza, la propria contraddittorietà.

La crisi radicale del sapere, della possibilità stessa di un sapere da fermare in un corpo di «regole» e rendere quindi comunicabile in un discorso razionale che assuma la veste di un libro, è uno dei temi portanti della raccolta, se non addirittura una delle contraddizioni più laceranti che si insediano nel piccolo libro dei Ricordi e nell’intrinseco ne segnano la struttura, o l’assenza di struttura. In tal senso i Ricordi sono attraversati da un’antinomia di fondo di cui l’autore si mostra ben consapevole: dovrebbero essere il veicolo di un sapere speciale che integra e sorpassa il sapere tradizionale dei libri; ma sono un libro, che per ciò stesso comporta «regole» e non contiene le «eccezioni» e le «distinzioni», con le quali invece ci si confronta nell’azione. […]

La percezione finissima, quasi intuitiva e metarazionale,2 del carattere singolare e irripetibile di ogni circostanza, di ogni caso, della sua natura sempre e comunque eccezionale nei confronti della «regola», con la considerazione di quel che tale singolarità può comportare nella comprensione delle «cose del mondo» e nell’azione che vi si vuol condurre, costituiscono la cifra più autentica dell’empirismo di questo autore, per altro verso così poco preoccupato di fissare in maniera organica e coerente il proprio quadro teorico. Questo è il tratto davvero caratteristico del «particulare» guicciardiniano, il quale è dunque sinonimo di «particulari delle cose» o anche di «casi particulari», e non va inteso in quel significato di gretto interesse personale su cui tanto ebbero a insistere Francesco De Sanctis e poi la critica rinascimentale.

Della precarietà e della crisi della ragione, non pochi sono i ricordi che rendono testimonianza con cadenza libera3 lungo tutta la raccolta, dando vita a una sorta di grande variazione sul tema. Lontano ormai dalla umanistica e rinascimentale fiducia nella normatività dei classici e nella forza della ragione, che comunque non era mai stata un elemento costitutivo della sua cultura e del suo atteggiamento intellettuale, Guicciardini riflette da diversi punti di vista sugli aspetti di una realtà mutevole e complessa, opaca e insidiosa, nei cui confronti la ragione, quella degli antichi non meno di quella dei moderni, non può elaborare strumenti di orientamento e di comprensione validi una volta per tutte – regole, esempi o previsioni che siano.


Emanuele Cutinelli-Rèndina, Guicciardini, Salerno editrice, Roma 2009

Comprendere il pensiero critico

1 Si può riconoscere un percorso ordinato nei Ricordi di Guicciardini?


2 È corretto affermare che la crisi della ragione è il vero tema dominante dei Ricordi? perché?

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
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