Il Principe, l’opera di un «uomo d’azione» di Antonio Gramsci

LETTURA critica

Il Principe, l’opera di un «uomo d’azione»

di Antonio Gramsci

Secondo Antonio Gramsci (1891-1937), il principe descritto da Machiavelli non è altro che il portavoce di una volontà collettiva, capace di aggregare intorno a sé le forze indisciplinate delle masse cittadine. In questo senso, l’opera di Machiavelli sarebbe il «manifesto» indispensabile per il condottiero atteso da un intero popolo, schiacciato, quest’ultimo, dalla forza e dagli interessi di ristretti gruppi oligarchici.

La dottrina del Machiavelli non era, al tempo suo, una cosa puramente «libresca», un monopolio di pensatori isolati, un libro segreto che circola tra iniziati. Lo stile del Machiavelli non è quello di un trattatista sistematico, come ne avevano e il Medioevo e l’Umanesimo, tutt’altro; è stile di uomo d’azione, di chi vuole spingere all’azione, è stile da «manifesto» di partito. L’interpretazione «moralistica» data dal Foscolo è certo sbagliata; tuttavia, è vero che il Machiavelli ha svelato qualcosa e non solo teorizzato il reale; ma quale era il fine dello svelare? Un fine moralistico o politico? Si suol dire che le norme del Machiavelli per l’attività politica «si applicano, ma non si dicono»; i grandi politici – si dice – cominciano col maledire Machiavelli, col dichiararsi antimachiavellici, appunto per poterne applicare le norme «santamente». Non sarebbe stato il Machiavelli poco machiavellico, uno di quelli che «sanno il giuoco» e stoltamente lo insegnano, mentre il machiavellismo volgare insegna a fare il contrario?

Si può quindi supporre che il Machiavelli abbia in vista «chi non sa», che egli intenda fare l’educazione politica di «chi non sa», educazione politica non negativa, di odiatori di tiranni, come parrebbe intendere il Foscolo, ma positiva, di chi deve riconoscere necessari determinati mezzi, anche se propri dei tiranni, perché vuole determinati fini. Chi è nato nella tradizione degli uomini di governo, per tutto il complesso dell’educazione che assorbe dall’ambiente familiare, in cui predominano gli interessi dinastici o patrimoniali, acquista quasi automaticamente i caratteri del politico realista. Chi dunque «non sa»? La classe rivoluzionaria del tempo, il «popolo» e la «nazione» italiana, la democrazia cittadina che esprime dal suo seno i Savonarola e i Pier Soderini e non i Castruccio e i Valentino.1 Si può ritenere che il Machiavelli voglia persuadere queste forze della necessità di avere un «capo» che sappia ciò che vuole e come ottenere ciò che vuole, e di accettarlo con entusiasmo anche se le sue azioni possono essere o parere in contrasto con l’ideologia diffusa del tempo, la religione.


Antonio Gramsci, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Einaudi, Torino 1949

Comprendere il pensiero critico

1 Gramsci concorda con l’interpretazione moralistica che viene data del Principe?


2 Qual è, secondo Gramsci, lo scopo di Machiavelli nel delineare le caratteristiche del principe?

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento