T10 - Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo sia possibile arginarla (XXV)

T10

Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo sia possibile arginarla

Il Principe, XXV

Siamo nell’ultima parte del Principe, quella in cui si analizzano le cause della crisi italiana. Nell’approfondire la questione, Machiavelli si sofferma su un tema caro alla trattatistica umanistico-rinascimentale: il rapporto tra la virtù e la fortuna.

         Quantum fortuna in rebus humanis possit et quomodo illi sit
         occurrendum1

         È non mi è incognito2 come molti hanno avuto e hanno opinione che le cose del
mondo sieno in modo governate, da la fortuna e da Dio, che li uomini con la prudenza 

5      loro non possino correggerle,3 anzi non vi abbino remedio alcuno; e per questo
potrebbono iudicare che non fussi da insudare molto nelle cose, ma lasciarsi
governare alla sorte.4 Questa opinione è suta5 più creduta ne’ nostri tempi per la
variazione grande6 delle cose che si sono viste e veggonsi ogni dì, fuora di ogni umana
coniettura.7 A che pensando io qualche volta, mi sono in qualche parte inclinato 

10    nella opinione loro.8 Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento,9
iudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma
che etiam10 lei ne lasci governare l’altra metà, o presso,11 a noi. E assimiglio quella12 a
uno di questi fiumi rovinosi che, quando si adirano,13 allagano e’ piani, rovinano14 li
arbori e li edifizi, lievano da questa parte terreno, pongono da quella altra:15 ciascuno 

15    fugge loro dinanzi, ognuno cede all’impeto loro sanza potervi in alcuna parte ostare.16
E, benché sieno così fatti,17 non resta18 però che gli uomini, quando sono tempi
queti,19 non vi potessino20 fare provedimento e con ripari e con argini: in modo che,
crescendo poi, o egli andrebbono per uno canale21 o l’impeto loro non sarebbe né sì
dannoso né sì licenzioso.22 Similmente interviene23 della fortuna, la quale dimostra 

20    la sua potenzia dove non è ordinata24 virtù a resisterle: e quivi volta e’ sua impeti,
dove la sa che non sono fatti gli argini né e’ ripari a tenerla. E se voi considerrete la
Italia, che è la sedia di queste variazioni e quella che ha dato loro il moto,25 vedrete
essere una campagna26 sanza argini e sanza alcuno riparo: che, s’ella fussi riparata
da conveniente virtù, come è la Magna,27 la Spagna e la Francia, o questa piena non

25    arebbe fatto le variazioni grande che la ha, o la non ci sarebbe venuta. E questo voglio
basti aver detto, quanto allo opporsi alla fortuna, in universali.28

         Ma ristringendomi più a’ particulari, dico come si vede oggi questo principe
felicitare29 e domani ruinare, sanza avergli veduto mutare natura o qualità alcuna;
il che credo che nasca, prima, da le cagioni che si sono lungamente per lo addreto 

30    discorse: cioè che quel principe, che si appoggia tutto in su la fortuna, rovina
come quella varia.30 Credo ancora che sia felice quello che riscontra31 il modo del
procedere suo con la qualità de’ tempi:32 e similmente sia infelice quello che con il
procedere suo si discordano e’ tempi. Perché si vede gli uomini, nelle cose che gli
conducono al fine quale ciascuno ha innanzi,33 cioè gloria e ricchezze, procedervi 

35    variamente:34 l’uno con rispetto,35 l’altro con impeto; l’uno per violenzia, l’altro
con arte;36 l’uno con pazienza,37 l’altro col suo contrario; e ciascuno con questi
diversi modi vi può pervenire. E vedesi ancora dua respettivi,38 l’uno pervenire al
suo disegno, l’altro no; e similmente dua equalmente felicitare con diversi studii,39 
sendo l’uno respettivo e l’altro impetuoso: il che non nasce da altro, se non da la 

40    qualità de’ tempi che si conformano, o no, col procedere loro. Di qui nasce quello
ho detto,40 che dua, diversamente operando, sortiscono41 el medesimo effetto: e
dua equalmente operando, l’uno si conduce al suo fine e l’altro no. Da questo
ancora depende la variazione del bene; perché se uno, che si governa42 con rispetti e 
pazienza, e’ tempi e le cose girono in modo che il governo suo sia buono, e’ viene 

45    felicitando: ma se e’ tempi e le cose si mutano, rovina, perché e’ non muta modo di 
procedere. Né si truova uomo sì prudente che si sappia accommodare a questo: 43
44 perché non si può deviare da quello a che la natura lo inclina,45 sì etiam perché, 
avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si può persuadere 
che sia bene partirsi46 da quella. E però l’uomo respettivo, quando e’ gli è tempo di 

50    venire allo impeto,47 non lo sa fare: donde e’ rovina; che se si mutassi natura con e’ 
tempi e con le cose, non si muterebbe fortuna.48

         Papa Iulio II49 procedé in ogni sua azione impetuosamente, e trovò tanto e’ tempi
e le cose conforme a quello suo modo di procedere che sempre sortì felice fine.
Considerate la prima impresa ch’e’ fe’ di Bologna,50 vivendo ancora messer Giovanni 

55    Bentivogli. Viniziani non se ne contentavano; el re di Spagna, quel medesimo; con
Francia aveva ragionamenti di tale impresa.51 E lui nondimanco con la sua ferocità52 e 
impeto si mosse personalmente a quella espedizione. La qual mossa fece stare sospesi 

         e fermi Spagna e viniziani, quegli per paura e quell’altro53 per il desiderio aveva 54
di recuperare tutto el regno di Napoli; e da l’altro canto si tirò dietro il re di Francia 

60    perché, vedutolo quel re mosso55 e desiderando farselo amico per abbassare56 e’ viniziani, 
iudicò non poterli negare gli eserciti sua sanza iniuriarlo manifestamente.57 
Condusse58 adunque Iulio con la sua mossa impetuosa quello che mai altro pontefice, 
con tutta la umana prudenza, arebbe condotto. Perché, se egli aspettava di partirsi 
da Roma con le conclusioni ferme e tutte le cose ordinate,59 come qualunque altro 

65    pontefice arebbe fatto, mai gli riusciva:60 perché il re di Francia arebbe avuto mille 
scuse e li altri li arebbono messo61 mille paure. Io voglio lasciare stare le altre sua 
azioni, che tutte sono state simili e tutte gli sono successe bene:62 e la brevità della
vita non li ha lasciato sentire63 il contrario; perché, se fussino sopravvenuti tempi
che fussi bisognato procedere con respetti, ne seguiva la sua rovina: né mai arebbe 

70    deviato da quegli modi alli quali la natura lo inclinava.
Concludo adunque che, variando la fortuna e’ tempi e stando li uomini ne’
loro modi ostinati,
64 sono felici mentre concordano insieme e, come65 e’ discordano,
infelici. Io iudico bene questo,
66 che sia meglio essere impetuoso che respettivo:
perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto,
67 batterla e 

75    urtarla.68 E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quegli che freddamente69 
procedono: e però70 sempre, come71 donna, è amica de’ giovani, perché
sono meno respettivi, più feroci
72 e con più audacia la comandano.

 >> pagina 885
Riscrittura in italiano moderno di Piero Melograni

25. Il potere della fortuna nelle cose umane e il modo di resistere a esso

1 Non ignoro che molti hanno creduto e credono che le cose del mondo siano a tal punto governate dalla fortuna e da Dio, che agli uomini, anche quando siano saggi, non sia concesso in alcun modo di cambiarle. Questo potrebbe far pensare che non ci si debba affaticare molto, e che ci si debba invece lasciar governare dalla sorte. Tale opinione ha avuto molto successo ai tempi nostri, a causa dei grandi sconvolgimenti che si sono visti e che si vedono ogni giorno, e che nessuno avrebbe potuto prevedere. Io stesso, pensando a questo, mi sono talvolta orientato a credere che tale opinione fosse fondata.

2 Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia completamente cancellato, ritengo possa esser vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, e che essa lasci a noi il governo dell’altra metà, o quasi. E paragono la fortuna a uno di quei fiumi impetuosi che, quando s’infuriano, allagano le pianure, abbattono gli alberi e gli edifici, trascinano masse di terra da una parte all’altra. Ogni essere vivente fugge davanti a essi e cede all’impeto loro, senza potere in alcun modo opporsi. Il fatto che i fiumi siano fatti così non impedisce tuttavia agli uomini, nei periodi calmi, di apprestare ripari e argini in modo che, quando i fiumi poi crescono, possano essere incanalati e il loro impeto possa non risultare così sfrenato e dannoso.

3 Qualcosa di simile accade con la fortuna, la quale dimostra tutta la sua potenza là dove non c’è un’organizzazione predisposta per resisterle, e proprio là essa dirige la sua furia, dove sa che non sono stati apprestati gli argini e i ripari in grado di contenerla. Se prendete in esame l’Italia, che è la causa e il centro dei grandi sconvolgimenti dei tempi nostri, la vedrete simile a una campagna senza argini e senza ripari. Se essa fosse stata protetta da una conveniente forza militare, come la Germania, la Spagna e la Francia, o l’inondazione non avrebbe prodotto tanti sconvolgimenti, e così grandi, o non sarebbe arrivata affatto. Non vorrei aggiungere altro sul modo di opporsi agli impeti della fortuna, in termini generali.

4 Ma passando ai dettagli dico che possiamo vedere un principe oggi aver successo e domani andare in rovina, senza che i suoi caratteri e le sue qualità abbiano subito alcun cambiamento. Ritengo che questo dipenda innanzi tutto dalle ragioni che sono state a lungo esposte nelle pagine precedenti, vale a dire che un principe appoggiatosi unicamente sulla fortuna va in rovina non appena la fortuna cambia direzione. Ritengo inoltre che abbia successo colui che adatta metodi e mezzi alla qualità dei tempi, e analogamente che vada incontro all’insuccesso colui che viceversa non sa adattarsi ai tempi.

5 Vediamo infatti che gli uomini, per raggiungere il fine a cui mirano, vale a dire di esser celebri e ricchi, si comportano in modi molto diversi; uno con cautela, l’altro con impeto; uno con violenza, l’altro con astuzia; uno con pazienza, l’altro con impazienza; e ciascuno di questi modi può consentire di raggiungere il fine che si voleva raggiungere. Vediamo pure che di due persone prudenti una raggiunge il suo scopo e l’altra no. E magari vediamo che due persone possono aver successo con due modi di comportarsi completamente diversi, dato che per esempio una di queste persone è cauta e l’altra impetuosa. La ragione va trovata nel fatto che esista oppur no un rapporto armonico tra l’operato di queste persone e il carattere dei tempi. Per questo ho detto che due persone, operando diversamente, possono raggiungere un identico obiettivo, mentre di due persone che si comportano in modo identico, una può raggiungere l’obiettivo e l’altra no.

6 Da questo dipende la variabile del successo: che se uno si comporta con cautela e pazienza nei tempi che esigono queste qualità, allora gli va bene; ma se i tempi cambiano e non cambiano anche i suoi comportamenti, allora gli va male. Non è possibile trovare un uomo che sia così saggio da sapersi adattare a questi cambiamenti; l’uomo non devia dalla sua inclinazione naturale, e se ha avuto successo seguendo una certa via, non si persuade ad abbandonarla. Ecco perché un uomo cauto, quando è tempo di slanci, non sa farlo e viene sconfitto. Se egli riuscisse a cambiare coi tempi, anche la sua fortuna non cambierebbe.

7 Papa Giulio II fu sempre impetuoso e trovò i suoi tempi tanto adatti alla sua indole, che sempre raggiunse il suo scopo. Esaminate la sua prima impresa, quella di Bologna, mentre era ancora in vita messer Giovanni Bentivoglio. I Veneziani non la vedevano di buon occhio; il re di Spagna pure; con la Francia il papa era in trattative. Eppure, con temerarietà e con impeto, egli si mise di persona alla testa della spedizione. Questa mossa turbò e paralizzò il re di Spagna e i Veneziani; questi ultimi per la paura, e il re per il desiderio che aveva di recuperare tutto il regno di Napoli. D’altro canto il papa trascinò con sé il re di Francia perché, vedendo che il papa si era ormai mosso e desiderando farselo amico per diminuire il potere dei Veneziani, Luigi XII ritenne di non potergli negare un aiuto militare poiché un rifiuto avrebbe costituito un’offesa.

8 Papa Giulio, dunque, con la sua mossa impetuosa, compì quello che nessun altro pontefice, con tutta la saggezza umana, avrebbe potuto compiere. Se per partire da Roma egli avesse aspettato di firmare tutti i patti necessari e di organizzar bene tutto, come qualunque altro pontefice avrebbe fatto, non gli sarebbe mai riuscito di compiere quel che compì, perché il re di Francia avrebbe trovato mille scuse e gli altri gli avrebbero messo mille paure. Io voglio lasciar stare le altre sue imprese, che tutte sono state simili a questa e tutte gli sono ben riuscite. La brevità della vita non gli fece conoscere sconfitte. Ma se fossero arrivati i tempi in cui bisognava procedere con cautela, avremmo assistito alla sua rovina. Il papa non avrebbe mai deviato da quei metodi ai quali la sua indole lo predisponeva.

9 In conclusione, se la fortuna è mutevole e gli uomini, viceversa, si ostinano a usare sempre gli stessi metodi, è anche vero che gli uomini hanno successo finché metodi e tempi concordano, e vanno verso l’insuccesso in caso contrario. Ritengo bene questo: che sia meglio essere impetuosi piuttosto che cauti, perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola sottomettere, percuoterla e contrastarla. Essa si lascia dominare dagli impetuosi, piuttosto che da coloro che si comportano con freddezza. Ecco perché, come donna, essa è amica dei giovani, che sono meno cauti, più impavidi e più audaci nel comandarla.

 >> pagina 891 

Analisi ATTIVA

I contenuti tematici

Il capitolo si struttura in due parti evidenziate dallo stesso autore: nella prima (rr. 1-27), egli ragiona in una prospettiva universale affermando in teoria la fondatezza del suo ragionamento; nella seconda, invece (rr. 27-77), intende restringersi a’ particulari (r. 27). È questo un caso in cui Machiavelli sceglie il metodo deduttivo: la teoria generale serve a spiegare il particolare.


1 Individua nel testo le due parti da cui è composto.


2 Nella seconda parte del testo, quali esempi concreti vengono portati a supporto del ragionamento di Machiavelli?

La prima parte inizia subito con un’opposizione al giudizio dominante. L’opinione comune (a cui Machiavelli riconosce di aver aderito qualche volta, r. 9) è che la sorte e Dio governino la vita degli uomini senza che questi ultimi possano modificarla. Tale fatalismo si traduce nella passività, nel lasciarsi governare alla sorte (rr. 6-7), che è quanto accade da tempo in Italia, dove l’inerzia è la causa prima della rovina. Proprio in contrapposizione con tale apatia, il consueto nondimanco (r. 10) introduce il punto di vista dell’autore, il quale, sulla scia tracciata dal pensiero umanistico, rivaluta il libero arbitrio e considera la fortuna arbitra della metà delle azioni nostre (r. 11). Fortuna e virtù sono dunque sullo stesso piano, dividendosi il potere di incidere sulla vita e sulle azioni dell’uomo.

A sostegno della tesi, Machiavelli introduce una metafora: la fortuna è assimilata a uno di questi fiumi rovinosi (rr. 12-13) capaci di abbattere ogni cosa; fiumi che tuttavia, quando le condizioni esterne siano propizie, cioè nei tempi queti (rr. 16-17), possono essere incanalati e resi inoffensivi. La metafora non ha in Machiavelli una funzione di semplice abbellimento del discorso; rivelandosi funzionale all’argomentazione, essa viene infatti spiegata e per così dire commentata ai fini di una maggiore incisività e chiarezza: la fortuna dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle (rr. 19-20).

Seguono poi l’esempio della realtà storica e il confronto tra i grandi paesi europei, Germania, Spagna e Francia, che, grazie alle loro salde monarchie, si sono dotati degli argini per far fronte alla violenza della fortuna (e quindi alle turbolenze politiche), e l’Italia, che è invece campagna […] sanza alcuno riparo (r. 23), cioè inerte dinanzi alle scorrerie degli stranieri.


3 Spiega nel dettaglio la metafora del fiume e degli argini:


a il fiume rovinoso rappresenta...  

b gli argini rappresentano...


4 Quale metafora usa l’autore per descrivere l’incapacità dell’Italia di resistere alle invasioni straniere?

La seconda parte si apre con un’affermazione che sembra negare in partenza ogni possibilità umana di indirizzare il corso degli eventi: dico come si vede oggi questo principe felicitare e domani ruinare, sanza avergli veduto mutare natura o qualità alcuna (rr. 27-28). Il successo e l’insuccesso dipenderebbero quindi da circostanze esterne e fortuite, indipendenti dalla volontà umana. Tuttavia, un rimedio, anche se parziale e probabilmente fallibile, esiste ancora: il saper “riscontrare”, cioè adattarsi. Diremmo oggi: la capacità di essere camaleontici, di mutare indole a seconda della convenienza, accordandosi a come e’ tempi e le cose girono (r. 44). Le circostanze possono consigliare di avere ora un atteggiamento respettivo, cioè prudente e guardingo, ora impetuoso (r. 39). A quest’ultima condotta si è ispirato papa Giulio II, che proprio grazie alla sua natura impetuosa ha potuto accordarsi con successo allo spirito del suo tempo.


5 Quale principe è in grado di felicitare?


6 Individua la serie di coppie oppositive che descrivono i diversi e possibili atteggiamenti dei principi.


7 A tuo parere, quali di questi atteggiamenti predilige l’autore? perché?

 >> pagina 892 

Nella conclusione del capitolo, Machiavelli raccoglie le fila del discorso per preparare il terreno alla conclusione militante del trattato. Infatti, dopo aver sottolineato la necessità di adeguare alle situazioni contingenti i comportamenti da adottare per contrastare la fortuna, dichiara apertamente di propendere per l’azione energica del principe. Riprendendo una diffusa tradizione misogina che identifica nella donna una creatura irrazionale, istintiva e capricciosa, l’autore afferma che la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla (rr. 74-75). Dunque l’aggressività virile si fa preferire alla cautela e alla misura: una conclusione che si spiega del tutto solo dopo aver letto il capitolo finale del Principe, nel quale Machiavelli esorta i Medici a liberare l’Italia dall’oppressione straniera. Per far ciò, non era più possibile temporeggiare: solo l’impeto avrebbe permesso di raggiungere l’obiettivo.


8 Come vengono definiti gli uomini all’inizio dell’ultimo paragrafo? Per quale motivo? È, secondo Machiavelli, una caratteristica positiva? Perché?


9 Quali caratteristiche bisogna avere per “comandare” la fortuna?


10 Scrivere per argomentare. Machiavelli è convinto che la fortuna sia, almeno in parte, ancora indirizzabile dalla virtù. Riponi anche tu la medesima fiducia sulle possibilità dell’uomo di determinare il corso della propria esistenza? Argomenta la tua opinione in un testo di circa 20 righe.


11 Scrivere per raccontare. Forzare o temporeggiare? Il dilemma è antico: tu sei un sostenitore del coraggio o della prudenza? In quali occasioni ti sei servito dell’uno o dell’altra? Scrivi un testo di circa 20 righe.

T11

Esortazione a conquistare l’Italia e a liberarla dalle mani dei barbari

Il Principe, XXVI

Il Principe si chiude con un’appassionata e vibrante esortazione rivolta ai Medici affinché riscattino l’Italia dalla schiavitù cui l’ha condotta l’ignavia dei principi italiani.

Il testo che proponiamo è in italiano moderno, nella riscrittura di Carmine Donzelli.

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Audiolettura

         Considerate tutte le cose di cui ho fin qui trattato, mi sono chiesto se le circostanze
presenti, in Italia, erano tali da rendere onore a un nuovo principe, e se c’era modo
di consentire a un principe saggio e capace di introdurre novità istituzionali tali da 
assicurare gloria a lui e benefici alla collettività. Ora a me sembra che concorrano 

    tali e tante circostanze favorevoli a un principe nuovo, che io non so se ci fu mai
un’epoca più propizia di questa. E se, come dissi già al capitolo 6,
1 era necessario
per mettere in evidenza le grandi qualità di Mosè, di Ciro e di Teseo, che il popolo
d’Israele fosse schiavo in Egitto, che i Persiani fossero oppressi dai Medi e che gli
Ateniesi fossero dispersi, così ora, per riconoscere il valore di uno spirito italiano, 

10    era necessario che l’Italia si riducesse nelle condizioni in cui si trova, e che essa
fosse più schiava degli Ebrei, più serva dei Persiani e più dispersa degli Ateniesi;
senza guida, senza ordine, battuta, spogliata, lacera, saccheggiata e percorsa dallo
straniero,
2 dopo aver sopportato ogni genere di calamità.

Qualche spiraglio di luce si è manifestato talvolta in qualche italiano,3 tale da 

15    poter far pensare che egli fosse mandato da Dio per la redenzione dell’Italia. Tuttavia
si è poi visto che, nel momento decisivo, la fortuna non lo ha assistito. Di modo
che, rimasta quasi senza vita, l’Italia attende di vedere quale possa essere l’uomo
capace di sanare le sue ferite, di porre fine ai saccheggi della Lombardia, alle imposizioni
fiscali del Regno di Napoli e della Toscana, e di guarirla dalle piaghe già da 

20    lungo tempo incancrenite. Vediamo come essa preghi Dio che le mandi qualcuno
per redimerla dalle crudeltà e dalle prepotenze dei barbari. La vediamo ancora tutta
pronta e disposta a seguire una bandiera, purché ci sia uno che la afferri.
Né si vede, oggi, in quale casa regnante essa possa sperare più che nella Casa
dei Medici, l’illustre Casa Vostra, la quale, grazie alla sua fortuna e capacità politica, 

25    favorita da Dio e dalla Chiesa, della quale ora è a capo,4 possa mettersi alla testa 
di questa redenzione. Ciò non sarà molto difficile se terrete presenti le imprese 
e la vita degli eroi sopra nominati.
5 E benché quegli uomini fossero eccezionali 
e meravigliosi, nondimeno furono uomini, e ognuno di loro agì in circostanze 
meno favorevoli delle attuali, perché l’impresa cui misero mano non fu più giusta 

30    di questa di cui qui stiamo parlando, né più facile, né Dio fu con loro più amico 
che con voi. Nell’impresa di cui stiamo parlando c’è una grande giustizia: «È giusta 
la guerra per coloro ai quali è necessaria; e sacre sono le armi quando in esse 
è riposta l’unica speranza»
6. Tutto sembra essere disposto in favore dell’impresa e, 
in tali circostanze, non possono esserci grandi difficoltà, purché si prenda esempio 

35    da coloro che ho proposti per modello. Oltre a tutto possono esserci prodigi incomparabili 
guidati da Dio: il mare si è aperto; una nube vi ha indicato il cammino; 
da una pietra è scaturita l’acqua; qui la manna è piovuta dal cielo;7 ogni cosa 
ha contribuito alla vostra grandezza. Il resto dovete farlo voi. Dio non vuole fare 
tutto, per non privarci del libero arbitrio e di quella parte di gloria che ci spetta.

40    Non c’è da meravigliarsi se nessuno dei predetti8 Italiani ha potuto fare ciò
che si può sperare sarà fatto dall’illustre Casa Vostra, anche se in tanti rivolgimenti
militare avutisi in Italia e in tanti esercizi di guerra, ci sembra sempre che il valore 
militare dell’Italia sia finito. Ciò dipende dal fatto che i vecchi ordinamenti 

italiani non erano più buoni, e non c’è stato nessuno capace di trovarne di nuovi.

45    Niente, tuttavia, dà tanta gloria e rispetto a un uomo nuovo, quanto il creare 
nuove leggi e nuovi ordinamenti, che siano ben fondati e possiedano una loro 
grandiosità. E in Italia non manca la materia a cui dare forma: c’è il grande valore 
del popolo, anche se manca il valore dei capi. Osservate fino a qual punto nei 

duelli e nei combattimenti fra pochi9 gli Italiani siano superiori per forza, per 

50    destrezza e per ingegno; ma non appena si passa agli eserciti, fanno cattiva figura. 
Tutto dipende dalla debolezza dei capi. Coloro che sanno non sono obbediti, e 
ognuno crede di saper comandare, non essendoci stato finora nessuno in grado 
di distinguersi, grazie alla capacità politica e alla fortuna, in modo da umiliare gli 

altri. Da ciò dipende se da tanto tempo, nelle numerose guerre avutesi durante gli 

55    ultimi vent’anni, ogni esercito interamente italiano ha sempre dato cattiva prova 
di sé. Ne sono prova le battaglie del Taro, di Alessandria, di Capua, di Genova, di 
Agnadello, di Bologna, di Mestre.10

Volendo dunque la illustre Casa Vostra imitare gli eccellenti uomini che liberarono 

le loro terre, è necessario innanzi tutto, per render sicura l’impresa, provvedersi

60    di un proprio esercito. Sarà il più fidato, il più vero, il migliore. Dato che
ciascuno dei soldati ha buone qualità, tutti insieme diventeranno migliori, se vedranno
che a comandarli, a coprirli di gloria e a trattarli umanamente sarà un loro
principe. È necessario, pertanto, predisporre questo esercito per potere, col valore 

degli italiani, difendersi dai nemici esterni.

65    Benché la fanteria svizzera e quella spagnola siano considerate terribili, tuttavia
ambedue possiedono alcuni difetti, per cui un terzo tipo di esercito potrebbe non
solamente opporsi a esse, ma contare di batterle. Gli Spagnoli, infatti, non possono
sostenere l’urto della cavalleria e gli Svizzeri debbono temere le altre fanterie, 

quando queste siano egualmente determinate a combattere, Perciò si è visto, e 

70    si continuerà a vedere, che gli Spagnoli non possono sostenere l’urto della cavalleria
francese, e che gli Svizzeri possono essere battuti da una fanteria spagnola.
Quest’ultimo fatto dovrebbe essere sottoposto ad altre prove, ma se ne è avuto un
saggio alla battaglia di Ravenna,11 quando le fanterie spagnole affrontarono i battaglioni 

tedeschi che adottano lo stesso schieramento degli Svizzeri. Gli Spagnoli,

75    con l’agilità del corpo e con l’aiuto dei loro piccoli scudi rotondi, penetrarono
sotto le picche nemiche e colpirono i Tedeschi incapaci di difendersi; li avrebbero
annientati tutti, se non fosse arrivata la cavalleria. Individuato il lato debole dell’una
e dell’altra di queste fanterie, se ne può dunque istituire una di tipo nuovo, la 

quale resista alla cavalleria e non abbia paura degli altri fanti, il che sarà frutto della 

80    qualità delle armi e di un nuovo modo di schierarsi. Proprio queste sono le innovazioni 
che dànno prestigio e grandezza a un principe nuovo.
Non si faccia dunque passare invano l’occasione di dare all’Italia, dopo tanto
tempo, un suo redentore. E non ho parole per esprimere con quale amore egli sarebbe 

accolto in tutte quelle regioni che hanno sofferto per le invasioni straniere;

85    con quale sete di vendetta, con quale ostinata fede, con quale devozione e quali
lacrime. Quali porte gli resterebbero chiuse? Quale popolazione gli rifiuterebbe
obbedienza? Quale ambizione oserebbe ostacolarlo? Quale Italiano gli negherebbe
il rispetto? A tutti riesce intollerabile questo barbaro dominio! Prenda dunque, 

l’illustre Casa Vostra, questa iniziativa, con l’animo e con la speranza che si addicono

90    alle imprese giuste, affinché sotto l’insegna dei Medici la patria sia nobilitata
e sotto i suoi auspici si avveri la predizione del Petrarca:


         Virtù contra furore

         Prenderà l’arme; e fia ’l combatter corto:

         Che l’antico valore

95    Nell’italici cor non è amor morto.12

 >> pagina 895 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nell’epilogo del Principe Machiavelli esprime chiaramente la vitalità appassionata della sua partecipazione politica e la tensione intellettuale con cui la sua opera si cala nella bruciante attualità del tempo. L’autore fa appello a sentimenti e ideali solitamente assenti dalla sua analisi: l’amore, la fede, la pietà, la speranza, la patria, la giustizia. Cita il nome di Dio (sei volte nelle rr. 14-40), accenna a missioni, redenzioni, predestinazioni. Abbandonato l’andamento argomentativo dei capitoli precedenti, egli non si accontenta più della teoria e ricorre alla fede per acquistare efficacia e forza di convincimento.

L’invito che egli formula – lo chiarisce subito – non nasce da una generica speranza. A renderlo concreto e praticabile, infatti, ci sono le circostanze: c’è l’occasione propizia per un principe saggio (r. 3), di redimere finalmente l’Italia. La convinzione è sostenuta dagli esempi del passato: i grandi fondatori di Stati del tempo antico hanno saputo cogliere l’opportunità di liberare i propri popoli quando erano nella più tragica condizione di oppressione. A maggior ragione, attende il suo liberatore l’Italia, che è più schiava degli Ebrei, più serva dei Persiani, più dispersa degli Ateniesi (r. 11), ha sopportato ogni genere di calamità (r. 13) ed è pronta a seguire una bandiera, purché ci sia uno che la afferri (r. 22).

Nella parte centrale e finale del capitolo, Machiavelli si rivolge a quelli che egli ritiene gli unici salvatori possibili d’Italia, i Medici, ai quali anche il disegno divino pare fornire un aiuto significativo con l’elezione al soglio pontificio di Giovanni de’ Medici con il nome di Leone X. Ora sta a loro mettere in pratica ciò che tutte le circostanze contingenti sembrano favorire. Per poterlo fare, devono provvedersi di un proprio esercito (rr. 60-61) e cementare il valore degli italiani (rr. 64-65), troppo spesso disperso dalla debolezza dei capi (r. 52), contro i nemici esterni (r. 65).

L’intervento di un redentore (r. 84), una sorta di messia che non lasci passare invano l’occasione (r. 83), è invocato con accenti drammatici alla fine dell’esortazione, che poi si distende rievocando la speranza già espressa nei versi di Petrarca.

Le scelte stilistiche

Nel confrontare questo capitolo con i precedenti, si può notare subito una differenza sostanziale nello stile e nel tono dell’argomentazione. Il motivo sta innanzitutto nella peculiarità di questo epilogo, che appartiene a un genere retorico specifico, quello appunto dell’esortazione, caratterizzato dall’enfasi e dalla vibrante carica emotiva con cui si cerca di coinvolgere il lettore.

E dire che l’inizio della riflessione sembrerebbe contrassegnato dalla pacatezza. Il ritmo lento di un’articolata sintassi conferisce un tono meditativo, che è però immediatamente contraddetto dalla impennata che prende il discorso quando si introducono le motivazioni dell’esortazione: a me sembra che concorrano tali e tante circostanze favorevoli a un principe nuovo (rr. 4-5).

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Poi, nella parte restante del capitolo, il coinvolgimento emotivo ricercato da Machiavelli è ottenuto grazie all’adozione di una serie di espedienti retorici. Si veda innanzitutto come viene ritratta l’Italia: attraverso immagini quali senza guida, senza ordine, battuta, spogliata, lacera, saccheggiata e percorsa dallo straniero (rr. 12-13) si esprime l’indignazione per una condizione di servitù disonorevole. Rimasta quasi senza vita, nella speranza che intervenga qualcuno capace di sanare le sue ferite […] e di guarire dalle piaghe già da lungo tempo incancrenite (rr. 17-20): con questa rappresentazione cruda, Machiavelli dipinge l’Italia, personificandola come una malata che esibisce la cancrena morale della propria carne corrotta.

Accrescono poi la tensione le anafore* (Vediamovediamo, rr. 20 e 21; QualiQualeQualeQuale, rr. 87-88) e le domande retoriche (Quali porte gli resterebbero chiuse? Quale popolazione gli rifiuterebbe obbedienza? Quale ambizione oserebbe ostacolarlo? Quale italiano gli negherebbe il rispetto?, rr. 87-89), fino all’accorata esclamazione con cui Machiavelli manifesta in forma immediata e popolaresca l’indignazione collettiva: A tutti riesce intollerabile questo barbaro dominio (r. 89).

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Quale condizione dell’Italia del momento appare a Machiavelli estremamente propizia per una sua redenzione? Perché Lorenzo di Piero de’ Medici è l’uomo giusto al momento giusto per compiere questa impresa?


2 Quale testo viene citato in chiusura? Qual è il suo contenuto?

ANALIZZARE

3 Individua alcune metafore presenti nel capitolo e spiegane il significato.

Produrre

4 Scrivere per argomentare. La citazione tratta dallo storico Tito Livio, riportata da Machiavelli alle rr. 32-33, evidenzia la convinzione che esistano guerre giuste. Facendo riferimento ai tempi moderni e contemporanei, tu approvi il punto di vista dell’autore? Illustra il tuo pensiero con un testo argomentativo di circa 30 righe.


5 Scrivere per esporre. Machiavelli offre un ritratto spietato dell’Italia del suo tempo. E oggi? Come appare ai tuoi occhi il nostro paese? Scrivi un testo di circa 30 righe.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento