Le opere
Le opere tecnico-politiche del periodo della Segreteria (1498-1512)
Esperienza e azione I primi scritti di Machiavelli risalgono all’epoca del suo impegno civile e sono a esso strettamente legati. Si tratta di opere nate proprio dall’esercizio dell’attività sul campo: lettere, documenti importanti, relazioni scaturite soprattutto dalle sue ambascerie. Tuttavia si possono già cogliere alcuni elementi che poi, sviluppati, costituiranno la grande originalità della sua metodologia.
In particolare, dinanzi alla caotica situazione italiana del tempo, Machiavelli boccia ogni atteggiamento cauto e prudente, mentre valuta come indispensabile il ricorso all’azione energica e decisa. Tra le prose di questi primi anni di scrittura, ci limitiamo a segnalare qui quelle che rivestono un maggiore interesse.
Discorso sopra Pisa
Risalente al 1499, è poco più che un abbozzo, ma contiene già un elemento di spregiudicato realismo: l’importanza della forza come strumento indispensabile per uno Stato che voglia durare.
Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini
In questo breve volume Machiavelli descrive l’astuto stratagemma grazie al quale Cesare Borgia eliminò i suoi avversari politici. L’opera, scritta nel 1503, è da considerarsi interessante perché l’autore non condanna affatto la strage. Il rifiuto di confondere morale e politica è evidentemente già maturato (▶ T7, p. 872).
Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati
In questo discorso, del 1503, si affaccia la concezione naturalistica tipica dell’autore. Il mondo umano, come quello naturale, è governato da leggi immutabili, senza che vi interferiscano in alcun modo interventi soprannaturali: l’unica bussola in grado di orientare i politici deve essere la conoscenza storica.
Ritratto delle cose della Magna
La Magna è l’Alemagna, cioè i territori tedeschi. Machiavelli vi era stato nel 1508, in occasione di una missione presso l’imperatore Massimiliano d’Asburgo. Gli appunti ricavati dal viaggio, poi ampliati nel 1512, interessano essenzialmente per due ragioni. La prima riguarda il giudizio negativo sull’Impero: il decentramento amministrativo e la necessità di accordare una certa autonomia ai diversi popoli locali rappresentano per Machiavelli un possibile elemento di debolezza. La seconda è invece di natura antropologica: l’autore si sofferma sui costumi dei tedeschi, ne analizza il modo di vivere e la sobrietà quasi primitiva.
Le opere politiche
Il Principe ▶ T4-T11
Scritto probabilmente nella seconda metà del 1513, è il trattato politico che ha dato la fama – per secoli negativa – a Machiavelli. A questo suo capolavoro dedichiamo la seconda parte dell’Unità (▶ p. 855).
Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio ▶ T2
Per la maggioranza degli studiosi sono stati iniziati nel 1513, qualche mese prima che Machiavelli si dedicasse alla stesura del Principe e completati sicuramente entro il 1519.
La struttura A differenza del Principe, i Discorsi hanno una struttura meno organica e più frammentaria. In effetti, ci troviamo di fronte a una serie di annotazioni e riflessioni, stimolate dalla lettura dei primi dieci libri (la «Deca» del titolo) dello storico romano Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.), autore di una monumentale opera sulla storia di Roma dalle origini (Ab Urbe condita libri, Libri sulla storia di Roma dalla fondazione).
Anche l’argomento si differenzia da quello del Principe: al centro dei Discorsi vi è la vita delle repubbliche, con le loro leggi e le strutture civili e istituzionali, nelle quali un ruolo fondamentale è rivestito dalla partecipazione collettiva del popolo. Tale differenza contenutistica ha inoltre un risvolto sul piano stilistico: al tono appassionato del Principe corrisponde qui una più pacata tendenza alla riflessione.
L’opera è preceduta dalla dedica a Zanobi Buondelmonti e Cosimo Rucellai, due importanti esponenti degli Orti Oricellari, un vero e proprio circolo culturale animato da un certo fervore repubblicano e antimediceo. Segue poi il Proemio, dove vengono gettate le basi della riflessione politica machiavelliana. Infatti, dopo aver espresso la volontà di seguire vie non percorse ancora da nessuno, l’autore dichiara di volersi appoggiare all’«esperienzia», che gli viene dagli studi e dalla diretta pratica politica, per rintracciare nella storia romana leggi sempre valide nella storia dei popoli e degli Stati.
L’analisi è ripartita in 3 libri, composti rispettivamente da 60, 33 e 49 capitoli. Il primo libro tratta i problemi della fondazione e della legislazione dello Stato; il secondo si sofferma sull’ampliamento dello stesso e quindi su tematiche concernenti la politica estera; il terzo esamina i requisiti necessari per la stabilità dello Stato e le sue inevitabili trasformazioni. Va però precisato che questa suddivisione degli argomenti non è rigida, visto che la natura aperta dell’opera consente a Machiavelli una certa libertà e la possibilità di spaziare senza il vincolo di schemi precostituiti.
Il rapporto tra i Discorsi e Il Principe Per molto tempo si è sostenuta la contraddittorietà del contenuto dei Discorsi rispetto a quello del Principe.
Mentre nel Principe troviamo la teorizzazione dello Stato assoluto, che costituisce agli occhi di Machiavelli una dura necessità per fare uscire l’Italia dalla crisi, nei Discorsi l’autore esalta il modello repubblicano, così come si era storicamente realizzato nella Roma antica. In particolare, la sua preferenza è per una “repubblica mista”, in cui vi sia un equilibrio di poteri tra plebe e aristocrazia. L’apparente contraddizione si spiega con un motivo molto semplice: Il Principe analizzava il problema della creazione di uno Stato nuovo, all’interno della situazione italiana di quel momento; i Discorsi invece si soffermano essenzialmente sul mantenimento dello Stato e sui suoi ordinamenti.
La ciclicità della Storia e il modello della repubblica romana Machiavelli immagina le varie forme dello Stato come altrettanti momenti di uno sviluppo circolare. La forma originaria di governo è la monarchia, che però si corromperà, degenerando nella tirannide; con la reazione nobiliare, subentra poi l’oligarchia; l’opposizione all’oligarchia porta alla democrazia, che è destinata a involvere nella demagogia e nell’anarchia. E il processo ricomincerà quando un uomo nuovo saprà mettere ordine nel caos.
All’interno di questo disegno ciclico dei governi, la repubblica romana, grazie alla sua costituzione, ha rappresentato secondo Machiavelli un raro esempio di equilibrio: i consoli, il senato e i tribuni della plebe, garanti rispettivamente del principio monarchico, aristocratico e democratico, hanno cooperato gli uni con gli altri per il bene dello Stato.
Le accuse alla Chiesa cattolica Machiavelli ritiene la Chiesa cattolica colpevole di aver inculcato nei cristiani una mentalità apatica e disgregatrice, poco amante della libertà, portata alla rinuncia all’impegno civile e politico.
Non solo: accanto a questa responsabilità civile ve n’è un’altra, più politica, riguardante la mancata unificazione dell’Italia. Lo Stato della Chiesa, secondo Machiavelli, con l’ingerenza temporale e con un’egoistica politica delle alleanze, ha permesso agli eserciti stranieri di imperversare sul territorio italiano e ha impedito che uno Stato prevalesse sugli altri e conquistasse tutta la penisola. Al tempo stesso, lo Stato della Chiesa non ha mai raggiunto una forza e un’autonomia tali da adempiere esso stesso a questo compito.
Dell’arte della guerra
In quest’opera, composta tra il 1519 e il 1520 e pubblicata in 7 libri nel 1521, Machiavelli approfondisce argomenti già considerati nel Principe e nei Discorsi. L’autore immagina che a Firenze, negli Orti Oricellari, si svolga un dialogo sui difetti delle truppe mercenarie e sulle qualità dell’esercito stabile. Le convinzioni dell’autore sono qui sostenute da un suo alter ego, Fabrizio Colonna, famoso capitano di ventura al servizio della Spagna, che si sofferma sull’importanza del reclutamento delle milizie, della fanteria in particolare, e su altre questioni come lo schieramento degli eserciti in battaglia, le modalità di difesa e di assedio, le strategie da adottare per mantenere la disciplina ecc.
Il modello proposto è quello dell’esercito dell’antica Roma, anche se trapela chiaramente la sfiducia che un buon ordinamento militare sia possibile in Italia, dove non esiste un principe che domini su uno Stato e che sia capace di arruolare almeno ventimila uomini.
Le opere storiche
Circoscritta agli ultimi anni della sua vita, l’attività storiografica di Machiavelli si concentra più sull’interpretazione politica dei fatti che sulla loro documentazione.
Vita di Castruccio Castracani
Il condottiero trecentesco di Lucca viene visto da Machiavelli, in questa biografia del 1520, come una figura idealizzata e per questo possiamo ravvisare nella sua descrizione un modello di principe guerriero, dotato al tempo stesso di prudenza ed energia, non molto diverso dal Valentino esaltato nel Principe.
Istorie fiorentine
Le opere letterarie
Canti carnascialeschi, Decennali, Capitoli
L’opera poetica di Machiavelli riveste indubbiamente un’importanza secondaria, essendo soprattutto il frutto di motivi occasionali (com’è per la stesura dei Canti carnascialeschi, in cui vengono riproposti i contenuti goliardici e licenziosi tipici dei canti eseguiti a Firenze, tra il XV e il XVI secolo, durante il periodo di carnevale) o delle esperienze amorose dell’autore.
Più interessanti sono i poemetti Decennale e Decennale secondo (quest’ultimo non concluso), in cui si descrivono in versi gli anni della vita politica fiorentina, dal 1494 al 1509, ma soprattutto i Capitoli in terzine, nei quali vengono sviluppati, sotto forma di riflessioni morali, alcuni temi tipicamente machiavelliani, come quello della fortuna.
L’asino
Machiavelli lavora a questo poema in terzine dantesche (incompiuto) tra il 1516 e il 1517, con l’intento di rifarsi al mito omerico della maga Circe e al romanzo L’asino d’oro dello scrittore latino Apuleio (II secolo d.C.). Nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto rappresentare le miserie terrene viste con gli occhi di un uomo trasformato appunto in asino.
Belfagor arcidiavolo
È una novella (1518) dal contenuto misogino. L’autore racconta infatti di un diavolo che, per provare la perfidia delle donne, scende sulla Terra e ne sposa una, che in men che non si dica lo manda in rovina e gli fa rimpiangere il regno infernale. La visione negativa dell’animo umano induce Machiavelli a ritenere che il vero inferno sia sulla Terra.
Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua
Come abbiamo visto, anche Machiavelli partecipa al dibattito sulla questione della lingua (▶ p. 587), sostenendo in quest’opera di incerta datazione (e pubblicata solo nel 1730) la superiorità della lingua parlata a Firenze. Questa opinione, diversa da quella di Bembo – che si rifà anch’egli al fiorentino, ma a quello letterario del Trecento –, contrasta soprattutto con le posizioni dei teorici della “curialità” della lingua, i quali affermano la necessità di modellare una lingua comune alle curie, cioè alle corti d’Italia (Gian Giorgio Trissino e Baldassarre Castiglione sono i principali interpreti di questa tendenza). Da qui nasce la polemica di Machiavelli con Dante, accusato di aver fornito nel De vulgari eloquentia le basi culturali di questa proposta.
La mandragola ▶ T3
Le fonti Per la natura riflessiva dell’opera, possiamo facilmente cogliere l’influenza del commediografo che più ha ispirato l’autore, cioè il latino Terenzio, anch’egli più interessato a illuminare i tipi umani che a inscenare situazioni comiche.
Tuttavia, nella commedia di Machiavelli non manca il gusto della beffa e dello sberleffo, esercitato ai danni dello sciocco o del credulone di turno. In questo ambito, Machiavelli è degno continuatore di una florida tradizione toscana che ha in Boccaccio il suo interprete più famoso, e che continua nelle forme più ludiche dell’Umanesimo mediceo (si pensi a Pulci, ma anche a una parte della produzione dello stesso Lorenzo de’ Medici).
Clizia
La commedia, scritta nel 1525, rielabora l’argomento di un’opera del commediografo latino Plauto (III-II secolo a.C.), la Casina, e narra l’amore del vecchio Nicomaco per Clizia, una trovatella a cui lui stesso ha dato ospitalità, e che però è innamorata, ricambiata, del figlio di Nicomaco, Cleandro. Per impedire le nozze, Nicomaco cerca di far sposare Clizia al servo Pirro in modo da continuare a essere il suo amante. La moglie Sofronia e il figlio-rivale Cleandro gli giocano un brutto tiro, travestendo il servo Siro con gli abiti della sposa. Quando Nicomaco si trova nel suo letto e scopre il travestimento, la vergogna lo spinge a chiedere perdono alla moglie e a rinunciare alla sua passione senile. Nel frattempo, Clizia viene a sapere di essere figlia di un nobile napoletano: possiede dunque una ricca dote e può finalmente sposarsi con Cleandro.
L’Epistolario ▶ T1
Una produzione varia e sincera Le oltre duecento lettere di Machiavelli che ci sono pervenute si differenziano nettamente da quelle dei suoi predecessori e contemporanei in quanto non sono state scritte per essere pubblicate. Esse sono un vero e spontaneo documento di vita, in cui l’autore rivela ai suoi corrispondenti il proprio temperamento e stato d’animo nei diversi frangenti di una movimentata esistenza umana e politica.
I temi più ricorrenti riguardano la situazione politica, le previsioni e i giudizi sui diversi protagonisti della scena pubblica. Tuttavia, accanto alle parti più serie, troviamo spesso vivaci descrizioni della sua vita intima, bozzetti e facezie: ne esce un ritratto vivido e divertente di Machiavelli costretto dai casi della vita a misurarsi con le miserie della quotidianità.
Anche la forma riflette questa elastica capacità di mescolare argomenti seri e leggeri. Così, accanto allo stile teso e vibrante delle parti più politiche, troviamo un linguaggio popolaresco, perfino pittoresco.
La vita |
Le opere |
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• Nasce a Firenze |
1469 |
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• Nomina a segretario della seconda Cancelleria della Repubblica e dei “Dieci di libertà e pace” |
1498 |
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1499 | Discorso sopra Pisa | |
• Missioni diplomatiche presso Luigi XII re di Francia e Cesare Borgia |
1500-1504 |
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• Assiste al conclave di elezione di papa Giulio II |
1503 |
Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati |
• Fonda i “Nove ufficiali dell’ordinanza e della milizia fiorentina” |
1506 |
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• Indice la leva per un esercito cittadino |
1507 |
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1508-1512 | Ritratto delle cose della Magna | |
• È rimosso dagli incarichi pubblici con il ritorno dei Medici |
1512 |
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• Incarcerato e torturato, dopo la prigionia si esilia all’Albergaccio |
1513 |
Il Principe |
1513-1519 | Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio | |
• Ritorna a Firenze e frequenta gli Orti Oricellari |
1516 |
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1516-1517 | L’asino | |
1518 | La mandragola Belfagor arcidiavolo |
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• È assunto allo Studio di Firenze |
1519 |
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1519-1520 | Dell’arte della guerra | |
1520 | Vita di Castruccio Castracani | |
1520-1525 | Istorie fiorentine | |
1525 | Clizia | |
• Sacco di Roma • Restaurazione della repubblica a Firenze ed esclusione di Machiavelli dalle cariche pubbliche |
1527 |
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• Muore il 21 giugno |
1527 |
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento