T9 - Un palazzo incantato

T9

Un palazzo incantato

Canto XII, ott. 4-21

Orlando sta cercando in lungo e largo la bella Angelica, quando a un certo punto il suo inseguimento pare premiato: egli ode infatti il lamento di una fanciulla che un cavaliere misterioso conduce con sé fin sulla soglia di uno splendido palazzo. Ben presto però il lettore scoprirà che il paladino non è da solo nelle sale della ricca dimora: altri cavalieri vi si aggirano ossessivamente, ciascuno alla ricerca di un oggetto del desiderio.


Metro Ottave di endecasillabi con schema di rime ABABABCC.

4

L’ha cercata per Francia: or s’apparecchia

per Italia cercarla e per Lamagna,

per la nuova Castiglia e per la vecchia,

e poi passare in Libia il mar di Spagna.

5      Mentre pensa così, sente all’orecchia

una voce venir, che par che piagna:

si spinge inanzi; e sopra un gran destriero

trottar si vede innanzi un cavalliero, 

5

che porta in braccio e su l’arcion davante

10    per forza una mestissima donzella.

Piange ella, e si dibatte, e fa sembiante

di gran dolore; ed in soccorso appella

il valoroso principe d’Anglante;

che come mira alla giovane bella,

15    gli par colei, per cui la notte e il giorno

cercato Francia avea dentro e d’intorno

6

Non dico ch’ella fosse, ma parea

Angelica gentil ch’egli tant’ama.

Egli, che la sua donna e la sua dea

20    vede portar sì addolorata e grama,

spinto da l’ira e da la furia rea,

con voce orrenda il cavallier richiama;

richiama il cavalliero e gli minaccia,

e Brigliadoro a tutta briglia caccia.

7

25    Non resta quel fellon, né gli risponde,

all’alta preda, al gran guadagno intento,

e sì ratto ne va per quelle fronde,

che saria tardo a seguitarlo il vento.

L’un fugge, e l’altro caccia; e le profonde

30    selve s’odon sonar d’alto lamento.

Correndo usciro in un gran prato; e quello

avea nel mezzo un grande e ricco ostello. 

8

Di vari marmi con suttil lavoro

edificato era il palazzo altiero.

35    Corse dentro alla porta messa d’oro

con la donzella in braccio il cavalliero.

Dopo non molto giunse Brigliadoro,

che porta Orlando disdegnoso e fiero.

Orlando, come è dentro, gli occhi gira;

40    né più il guerrier, né la donzella mira.

9

Subito smonta, e fulminando passa

dove più dentro il bel tetto s’alloggia:

corre di qua, corre di là, né lassa

che non vegga ogni camera, ogni loggia.

45    Poi che i segreti d’ogni stanza bassa

ha cerco invan, su per le scale poggia;

e non men perde anco a cercar di sopra,

che perdessi di sotto, il tempo e l’opra.

10

D’oro e di seta i letti ornati vede:

50    nulla de muri appar né de pareti;

che quelle, e il suolo ove si mette il piede,

son da cortine ascose e da tapeti.

Di su di giù va il conte Orlando e riede;

né per questo può far gli occhi mai lieti

55    che riveggiano Angelica, o quel ladro

che n’ha portato il bel viso leggiadro.

11

E mentre or quinci or quindi invano il passo

movea, pien di travaglio e di pensieri,

Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso,

60    re Sacripante et altri cavallieri

vi ritrovò, ch’andavano alto e basso,

né men facean di lui vani sentieri;

e si ramaricavan del malvagio

invisibil signor di quel palagio.

12

65    Tutti cercando il van, tutti gli danno

colpa di furto alcun che lor fatt’abbia:

del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno;

ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia;

altri d’altro l’accusa: e così stanno,

70    che non si san partir di quella gabbia;

e vi son molti, a questo inganno presi,

stati le settimane intiere e i mesi.

13

Orlando, poi che quattro volte e sei

tutto cercato ebbe il palazzo strano,

75    disse fra sé: «Qui dimorar potrei,

gittare il tempo e la fatica invano:

e potria il ladro aver tratta costei

da un’altra uscita, e molto esser lontano».

Con tal pensiero uscì nel verde prato,

80    dal qual tutto il palazzo era aggirato.

14

Mentre circonda la casa silvestra,

tenendo pur a terra il viso chino,

per veder s’orma appare, o da man destra

o da sinistra, di nuovo camino;

85    si sente richiamar da una finestra:

e leva gli occhi; e quel parlar divino

gli pare udire, e par che miri il viso,

che l’ha da quel che fu, tanto diviso.

15

Pargli Angelica udir, che supplicando

90    e piangendo gli dica: «Aita, aita!

la mia virginità ti raccomando

più che l’anima mia, più che la vita.

Dunque in presenza del mio caro Orlando

da questo ladro mi sarà rapita?

95    più tosto di tua man dammi la morte,

che venir lasci a sì infelice sorte».

16

Queste parole una ed un’altra volta

fanno Orlando tornar per ogni stanza,

con passione e con fatica molta,

100  ma temperata pur d’alta speranza.

Talor si ferma, ed una voce ascolta,

che di quella d’Angelica ha sembianza

(e s’egli è da una parte, suona altronde),

che chieggia aiuto; e non sa trovar donde. 

17

105 Ma tornando a Ruggier, ch’io lasciai quando

dissi che per sentiero ombroso e fosco

il gigante e la donna seguitando,

in un gran prato uscito era del bosco;

io dico ch’arrivò qui dove Orlando

110 dianzi arrivò, se ’l loco riconosco.

Dentro la porta il gran gigante passa:

Ruggier gli è appresso, e di seguir non lassa. 

18

Tosto che pon dentro alla soglia il piede,

per la gran corte e per le logge mira;

115 né più il gigante né la donna vede,

e gli occhi indarno or quinci or quindi aggira.

Di su di giù va molte volte e riede;

né gli succede mai quel che desira:

né si sa imaginar dove sì tosto

120 con la donna il fellon si sia nascosto. 

19

Poi che revisto ha quattro volte e cinque

di su di giù camere e logge e sale,

pur di nuovo ritorna, e non relinque

che non ne cerchi fin sotto le scale.

125 Con speme al fin che sian ne le propinque

selve, si parte: ma una voce, quale

richiamò Orlando, lui chiamò non manco;

e nel palazzo il fe’ ritornar anco. 

20

Una voce medesma, una persona

130 che paruta era Angelica ad Orlando,

parve a Ruggier la donna di Dordona,

che lo tenea di sé medesmo in bando.

Se con Gradasso o con alcun ragiona

di quei ch’andavan nel palazzo errando,

135 a tutti par che quella cosa sia,

che più ciascun per sé brama e desia. 

21

Questo era un nuovo e disusato incanto

ch’avea composto Atlante di Carena,

perché Ruggier fosse occupato tanto

140  in quel travaglio, in quella dolce pena,

che ’l mal’influsso n’andasse da canto,

l’influsso ch’a morir giovene il mena.

Dopo il castel d’acciar, che nulla giova,

e dopo Alcina, Atlante ancor fa pruova.

 >> pagina 785 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Inseguendo Angelica, Orlando si ritrova in un misterioso castello. Ma non è l’unico: tutti i cavalieri, sia cristiani sia musulmani, vi finiscono attratti, ciascuno impegnato in una quête, cioè in una ossessiva ricerca di un oggetto o di una persona desiderata. Com’è possibile e perché ciò avviene? Sul luogo in cui approdano grava un incantesimo, uno dei tanti partoriti dalla fervida mente di Ariosto. Il palazzo, finemente lavorato, non è nient’altro infatti che un edificio magico, come le grotte, le isole, le fontane che popolano l’universo del poema. Si tratta di una trappola: un prodigio messo in atto da un mago, Atlante, per tenere impegnati i più famosi guerrieri e impedire loro di uccidere il suo pupillo Ruggiero, altrimenti destinato a una morte prematura.

In realtà, Orlando insegue un fantasma: ha visto la donna amata rapita da un misterioso cavaliere, rifugiatosi poi nel palazzo. O meglio, “crede” di aver visto così, come, poco dopo, “crede” di aver ascoltato le voci di invocazione e di richiamo della ragazza: di fatto egli ha semplicemente proiettato davanti a sé ciò che desidera, ovvero l’immagine di Angelica, illudendosi di poterla afferrare. Al tempo stesso, non dubita dell’autenticità di quell’apparizione: si inoltra fulminando (v. 41) nelle stanze della dimora, setaccia ogni ambiente di un vero e proprio labirinto fatto apposta per depistare, confondere e rendere vana ogni ricerca. Orlando non si arrende: il suo è un movimento circolare, un “errare” inevitabilmente inconcludente, come lascia intendere il narratore, che indica ripetutamente le coordinate spaziali di un vagare senza esito (di qua… di là, v. 43; di su di giù, v. 53; or quinci or quindi, v. 57 ecc.). Non a caso, alcune parole chiave danno il senso di questa inutile caccia: nel giro di pochi versi, troviamo due volte l’avverbio invan/invano (prima al v. 46; poi al v. 76) e altrettante l’aggettivo “vano” (al v. 62 e poi, sostantivato, al v. 65).

Nella parte finale del brano, dall’ottava 17 alla 21, vediamo Ruggiero condannato allo stesso destino, mentre insegue il simulacro dell’amata Bradamante, chiuso nella propria illusione al pari di tutti gli altri cavalieri, attirati dall’incantesimo e da un irraggiungibile oggetto del desiderio (a tutti par che quella cosa sia, / che più ciascun per sé brama e desia, vv. 135-136). È la conseguenza dell’amore, quella forza irrazionale che distoglie dalla realtà e sovverte ogni realistica percezione, portando a confondere l’essere con l’apparire. Concentrando le loro storie in un unico punto, Ariosto pare divertirsi a fermare i personaggi facendoli ruotare beffardamente, in un luogo chiuso e senza tempo, attorno ciascuno alla propria ossessione, destinata a trasformarsi in una costante, inappagante frustrazione.

 >> pagina 786 

Anche gli altri eroi inseguono assurdamente qualcosa che non raggiungeranno mai e che credono sottratto da uno scaltro furfante: si ritrovano così tutti insieme in un centro di gravità che li raduna, un luogo inesistente, di pura immaginazione, metafora di tutti i nostri sogni che non si avvereranno mai. Non è un caso che Ariosto dissemini il testo di termini che indicano apparenza e finzione (sembiante, v. 11; sembianza, v. 102; inganno, v. 71; incanto, v. 137, insistendo in particolare sul verbo “parere”, che compare ben otto volte). Inevitabilmente, il movimento del protagonista e degli altri paladini finisce per rivolgersi su sé stesso, come un continuo zigzagare negli infiniti spazi del mondo. Orlando, a differenza di chi trascorrerà nel palazzo le settimane intiere e i mesi (v. 72), deciderà presto di fuggirne: ma anche all’aria aperta, l’amore continuerà ad ammaliarlo come un incantesimo, togliendogli il senso di sé e della realtà fino a portarlo alla follia.

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Stabilisci se le seguenti affermazioni sono vere o false, poi correggi quelle che ritieni false.


a Il castello di Atlante si trova su una montagna.

  •   V       F   

 


b Orlando sta inseguendo un cavaliere con una ragazza in braccio. 

  •   V       F   

 


c Orlando sale subito al piano superiore.

  •   V       F   

 


d Il castello è adorno e lussuoso.

  •   V       F   

 


e Le pareti del palazzo sono coperte da affreschi.

  •   V       F   

 


f Orlando vaga per i piani del palazzo senza trovare Angelica.

  •   V       F   

 


g Orlando è solo nel palazzo.

  •   V       F   

 


h Il signore del palazzo accoglie i cavalieri.

  •   V       F   

 


i Tutti i cavalieri stanno cercando Angelica.

  •   V       F   

 


j Molti cavalieri continuano a cercare per lungo tempo.

  •   V       F   

 

 >> pagina 787 

Analizzare

2 Individua i passi del testo in cui è descritta la magnificenza del palazzo.


3 Oltre alla ripetizione dei termini vano/invano, quali altri punti del testo fanno riferimento a una ricerca impossibile? Quale connotazioni assume la quête?


4 Individua nel testo i passi e le espressioni che indicano il vagare disordinato di Orlando e degli altri cavalieri. Ti sembra che in questo errare ci sia una dimensione spaziale prevalente?


5 Quali effetti ha la vana ricerca su Orlando e sugli altri cavalieri? È un effetto positivo o negativo? Per rispondere fai riferimento ai passi del testo.


6 L’espressione disdegnoso e fiero (v. 38) è:

  • a un ossimoro. 
  • b un’anafora. 
  • c un chiasmo. 
  • d un’endiadi. 

7 L’espressione il bel tetto (v. 42) è:

  • a una metonimia. 
  • b una metafora. 
  • c una sineddoche. 
  • d un’allitterazione. 

8 L’espressione altri d’altro l’accusa (v. 69) contiene:

  • a un poliptoto. 
  • b una paronomasia. 
  • c un polisindeto. 
  • d una litote. 

Interpretare

9 È possibile affermare che il castello di Atlante è il luogo dell’apparenza e dell’illusione? Perché? Motiva la tua risposta, facendo attenzione anche alla presenza di termini appartenenti a determinati campi semantici.


10 In quale passo ti sembra che emergano il punto di vista e il giudizio dell’autore? Quale funzione svolgono tali interventi?

COMPETENZE LINGUISTICHE

11 Associa a ciascuna definizione il termine corrispondente usato nel poema.


 a Feroce, crudele, spietato. Più spesso: altero, di carattere forte e fermo, non disposto a cedere.  
 b Amareggiare, cagionare dispiacere, afflizione.  
 c Lavoro faticoso, penoso. Più comunemente, sofferenza spirituale, angoscia.  
 d Tendaggio destinato a isolare l’interno di una stanza o una parte di essa dall’ambiente circostante.  
 e Scendere giù, scendere da dove eravamo montati o saliti.  
 f Donna in giovane età, non maritata.  
 g Cavallo da battaglia o da giostra dei guerrieri medievali, così detto perché lo scudiero lo conduceva con la destra.  
 h Luogo d’abitazione o d’alloggio anche temporaneo, quindi casa, palazzo, albergo, rifugio, dimora ospitale.  
 i Edificio o parte di edificio comunicante direttamente con l’esterno su uno o più lati.  
 j Che ha, che mostra disdegno, sprezzante, che mostra di non curare le cose circostanti.  

Produrre

12 Scrivere per raccontare. Scegli uno dei personaggi menzionati nel testo e racconta, in circa 20 righe, che cosa ha perso e come sia finito nel palazzo di Atlante.


13 Scrivere per raccontare. Ti è mai capitato di trovarti in una situazione simile a quella descritta, cioè di inseguire invano qualcosa che era irraggiungibile? Racconta in circa 20 righe.


14 Scrivere per descrivere. Come ti immagini le sale del palazzo di Atlante? Descrivine una in circa 10 righe, inserendo i seguenti termini: arcoporporamassiccioargentatopietra.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento