L’opera
Orlando furioso
Avventure di amore e di amicizia, di armi e di magia, e una folla di dame e di cavalieri che si cercano e si incontrano, perdendosi tra selve, labirinti e campi di battaglia, isole lontane e castelli incantati: con la sua trama avvincente e la sua struttura labirintica, nella quale le vicende principali si intrecciano a quelle secondarie, l’Orlando furioso affascina ancora oggi il lettore, catturato dalla grandezza e dalla miseria di grandi paladini presi da rivalità e passioni, e tentati, come uomini comuni, dall’amore non meno che dalla gloria.
Con occhio ironico, alla stregua di un disincantato burattinaio che tiene saldamente in pugno i fili delle diverse storie, Ariosto mette in scena i suoi eroi, disperdendoli per il mondo, sempre alla ricerca di qualcosa, sedotti, come spesso capita agli esseri umani, dalla vana ma irresistibile bellezza delle illusioni.
La composizione e la diffusione
Le tre redazioni L’Orlando furioso è un poema in ottave di endecasillabi (a schema di rime ABABABCC), che Ariosto inizia a comporre a partire dal 1504-1506. Ne possediamo tre redazioni:
- la prima, del 1516, in 40 canti, è scritta nel padano illustre ereditato da Boiardo;
- la seconda, del 1521, sempre in 40 canti, presenta un contenuto sostanzialmente invariato rispetto alla prima, ma cambia la lingua, che si evolve verso una forma più toscaneggiante;
- la terza e definitiva (quella che noi oggi leggiamo), del 1532, in 46 canti (per un totale di 4842 ottave), vede l’aggiunta di alcuni episodi nuovi, mentre la lingua si conforma ancor più al fiorentino illustre, secondo le indicazioni fornite da Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua (1525). Ariosto, insomma, “petrarchizza” il linguaggio del poema.
È importante comprendere le ragioni dell’evoluzione della veste linguistica del poema: l’impiego del padano prevedeva un pubblico cortigiano, ferrarese o comunque locale; l’uso del volgare fiorentino, invece, presuppone un allargamento di pubblico, se non a livello nazionale, almeno oltre i confini della corte e del ducato.
Fonti, vicende e personaggi
Le fonti letterarie
La trama, lo spazio e il tempo
La complessità del poema La trama del poema è piuttosto complessa e difficilmente riassumibile. La caratteristica principale dell’Orlando furioso è infatti una narrazione intricata, ma sempre avvincente e ricca di colpi di scena, nella quale le vicende sfumano l’una dentro l’altra, senza apparente gerarchia, senza nemmeno la presenza di un distinguibile nucleo principale, intorno a cui disporre gli avvenimenti secondari.
A differenza dei poemi antichi, infatti, che riconducevano l’intreccio essenzialmente all’unità del personaggio centrale e dell’azione dominante, Ariosto decide di moltiplicare lo sviluppo delle storie in una miriade di episodi: dal punto di vista narrativo, l’unità è garantita dalla concatenazione di trame parallele che si interrompono a vicenda, dando l’impressione di non concludersi mai e di rimanere sempre aperte. Da qui nasce il sensocontinuo di attesa e di movimento incessante che l’autore alimenta con abile regia teatrale, coordinando dall’alto lo svolgimento di diversi racconti.
La simbologia dei luoghi Nella prima parte del poema la guerra si svolge a Parigi, mentre nella seconda parte la città di riferimento diventa Arles, dove si ritirano i Saraceni dopo la sconfitta. Parigi, in particolare, in quanto sede dell’accampamento cristiano, rappresenta una sorta di centro morale del poema, essendo la città cristiana da cui tutti i cavalieri partono e poi ritornano, magari dopo essersi smarriti inseguendo passioni profane. A Parigi il poema si apre con la fuga di Angelica, e a Parigi si chiude con il duello finale tra Ruggiero e Rodomonte, che, con la morte di quest’ultimo, sancisce la vittoria dei paladini cristiani e di Carlo Magno.
Altri luoghi appartengono invece a una geografia fantastica. È il caso del castello incantato del mago Atlante che – insieme alla selva in cui fugge Angelica e all’isola della maga Alcina – rappresenta l’instabilità delle cose e delle passioni terrene, viste come illusorie e fallaci. Qui si incontrano gran parte dei personaggi, che si riconoscono tra di loro, mentre credono di trovare ciò che cercano: sono invece vittime dell’incanto, di una magia che illude e confonde, rappresentazione della dimensione irrazionale che governa la vita. O ancora è il caso della Luna, che è il simbolo di una realtà separata e dunque alternativa a quella terrena, una sorta di mondo perfetto (privo, cioè, dei limiti e delle ambiguità di quello reale), a cui solo Astolfo, in qualità di esecutore della volontà divina, può accedere per recuperare il senno di Orlando.
Infine troviamo nel poema un altro luogo meno definito, ma tipico delle avventure ariostesche: la selva. Non si tratta più dell’allegoria dantesca delle tenebre del peccato, bensì del labirinto inestricabile in cui si smarriscono irrimediabilmente i desideri e le aspirazioni degli uomini. Essa costituisce dunque il luogo dove ci si perde e ci si incontra, metafora del caos del mondo e della realtà umana, nella cui complessità appare assai difficile orientarsi. La selva è dunque, per i personaggi, l’ambiente del disorientamento e dello smarrimento di sé stessi.
Un caos temporale perfettamente organizzato Come lo spazio, anche il tempo sfugge a ogni connotazione realistica. Nel seguire i movimenti dei personaggi, Ariosto depista e confonde il lettore con un continuo andirivieni: le vicende si intrecciano, poi si distanziano, quindi ritornano a svilupparsi parallelamente. Insomma, al labirinto spaziale corrisponde un labirinto temporale con continue riprese, deviazioni e fratture: un determinato evento sembra interrompersi sul più bello, ma poi improvvisamente torna al centro della scena.
Si dipana in tal modo una tela di situazioni che però non è mai casuale, come era nel romanzo cavalleresco medievale e, in parte, anche nell’antecedente di Boiardo: qui l’insieme apparentemente confuso di materiali e l’alternanza dei piani temporali corrispondono a un disegno razionale che rende sempre armonico il meccanismo della narrazione ed equilibrata la distribuzione dei nuclei narrativi.
I personaggi principali
La ricca complessità che domina l’universo ariostesco si rispecchia nella varietà umana dei personaggi che si muovono sulla sua scena. Va precisato subito che nel poema non incontriamo individualità definite e psicologie approfondite: ad Ariosto non interessa costruire personalità dotate di una propria autonoma vita interiore. Suo scopo è invece fornire a ciascuno di essi un aspetto della natura umana da intrecciare, confondere e mettere in relazione con quelli degli altri protagonisti dell’opera. Ne risulta una sorta di enorme mosaico di comportamenti: una galleria di azioni e gesti che l’autore osserva dall’alto con imparzialità, ma al tempo stesso cercando una sorta di affettuosa complicità nei confronti sia degli eroi cristiani sia di quelli pagani.
I personaggi principali |
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Cristiani |
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Astolfo |
Paladino figlio del re d’Inghilterra, e cugino di Orlando e di Rinaldo, si innamora di Alcina, che lo trasforma in una pianta di mirto; tornato alle sembianze originarie, in seguito scende nell’oltretomba e sale sulla Luna per recuperare il senno perduto da Orlando.
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Bradamante |
Valorosa guerriera sorella di Rinaldo, unendosi a Ruggiero darà origine alla casata d’Este. |
Orlando |
Era tradizionalmente il paladino della fede cristiana, ma ora, in preda alla follia amorosa, diventa simbolo della vanità delle passioni umane.
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Pinabello |
Della casa di Maganza, è figlio di Anselmo d’Altaripa; racconta a Bradamante il rapimento della sua donna per mano di Atlante. |
Rinaldo |
Fratello di Bradamante e cugino di Astolfo e di Orlando, è rivale di quest’ultimo nell’amore di Angelica.
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Pagani |
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Agramante |
È il re dei Mori, figlio di Troiano e discendente di Alessandro Magno. |
Alcina |
È una maga che vive in un’isola dell’Oceano Indiano con le sorelle Morgana e Logistilla; trasforma Astolfo in una pianta di mirto e seduce Ruggiero. Simboleggia la falsa felicità promessa dai piaceri sensuali. |
Angelica |
Figlia del re del Catai (Cina), è da tutti desiderata e da tutti inseguita; ma lei preferirà ai più nobili cavalieri l’umile soldato Medoro. Evidente parodia delle creature angelicate della tradizione stilnovistica, è consapevole della propria bellezza, che sfrutta con calcolo e non senza cinismo. Simboleggia l’irraggiungibilità delle illusioni.
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Atlante |
Mago africano, maestro e protettore di Ruggiero, di cui conosce il destino, che cerca in ogni modo di scongiurare; rapisce tutte le donne belle che trova per rinchiuderle nel suo castello incantato. |
Ferraù |
Cavaliere spagnolo, è uno degli innamorati di Angelica. |
Medoro |
È il guerriero di cui si innamora Angelica; insieme all’amico Cloridano compie una coraggiosa spedizione notturna nel campo cristiano per recuperare il corpo del re Dardinello. |
Rodomonte |
Re d’Algieri e di Sarza, è un cavaliere feroce e superbo; si batte con Ruggiero nell’ultima scena del poema, accusandolo di essersi convertito al cristianesimo. Morirà nel duello.
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Ruggiero |
Guerriero di origini modeste, destinato a fondare la dinastia estense attraverso l’unione con Bradamante, dovrà prima purificarsi diventando cristiano. |
Sacripante |
Re di Circassia, innamorato di Angelica. |
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento