Per approfondire - Tradurre Boccaccio?

Per approfondire

Tradurre Boccaccio?

Tradurre Boccaccio si può? Non diciamo nelle lingue straniere (in questo caso la risposta sarebbe ovviamente affermativa), ma in italiano. Nell’italiano di oggi, visto che Boccaccio ha scritto il suo Decameron nell’italiano di sette secoli fa.

L’idea di tradurre un classico della nostra letteratura in una lingua più vicina a quella di oggi non è nuova. L’hanno fatto diversi scrittori contemporanei: Piero Chiara (1913-1986) nel 1982, Aldo Busi (n. 1948) nel 1990 (Busi è l’unico ad aver offerto una traduzione integrale dell’opera) e, ancora, Bianca Pitzorno (n. 1942) nel 2007. In realtà, più che di “traduzione”, forse converrebbe parlare di “riscrittura”, operazione che prevede un certo margine di libertà interpretativa e inventiva da parte di chi la compie (al punto da assurgere a un vero e proprio genere letterario), anche se va riconosciuto che soprattutto in Busi e in Pitzorno la resa del testo in italiano moderno è molto fedele all’originale.

Favorevoli...

Ma qual è il senso di una simile operazione? Bianca Pitzorno ne ha spiegato così il significato: «Negli anni in cui Boccaccio scriveva, la lingua italiana era ancora molto giovane ed oggi leggere le novelle nella versione originale risulterebbe difficile e richiederebbe molte note. Da qui l’idea di rendere il testo più leggero e accessibile, per rivolgersi soprattutto agli studenti delle scuole, che di fronte al testo originale potrebbero essere scoraggiati dal periodare ampio, dalle strutture sintattiche complesse, da un lessico ormai in molti lemmi incomprensibile. Tanto che, più che italiano, potrebbe quasi sembrare latino. Ma ci tengo a sottolineare una cosa: la mia non è una riduzione del testo di Boccaccio, bensì proprio una traduzione, in cui il lettore potrà trovare tutto ciò che c’è nell’opera originale».

... e contrari

Tra gli italianisti e tra gli stessi docenti il dibattito è però aperto. Alcuni si chiedono infatti quanto sia lecita un’operazione di questo tipo e se non sarebbe meglio che gli studenti si sforzassero di leggere anche Boccaccio nella versione originale. Lo storico della letteratura Giulio Ferroni, per esempio, non è d’accordo: «Non ho nulla contro operazione di questo tipo, ma a patto che non pretendano di rivolgersi agli studenti. Mi sta bene se tradurre Boccaccio è un gioco letterario, un’esercitazione divertente da parte di uno scrittore. Ma è bene che a scuola Boccaccio, come tutti gli altri autori della nostra letteratura, si legga in versione originale, anche se è difficile. Dobbiamo educare i ragazzi al senso formativo di una fatica che non è mai fine a sé stessa. Mostrando loro come, se a capire qualcosa si giunge con un po’ di fatica, la cosa può anche essere più divertente di quando ci si trova la “pappa pronta”. Diversamente rischiamo di tagliare del tutto i ponti con il passato. E poi anche un autore del Novecento come Carlo Emilio Gadda è difficile: ma qualcuno potrebbe pensare di tradurlo in un italiano diverso dal suo».

Un’indubbia utilità didattica

Insomma, il dibattito è aperto e non siamo certo noi a pretendere di dirimere la questione in via definitiva. Facciamo solo notare che in Inghilterra nessuno si scandalizza quando Chaucer viene tradotto in inglese contemporaneo, anzi si fa abitualmente. Le traduzioni sono opera di servizio e, in quanto tali, hanno una loro indubbia utilità. Questo è lo spirito con cui abbiamo pensato di presentarle per alcune novelle, facendole sempre seguire però al testo originale di Boccaccio, che è insostituibile e che rimane l’obiettivo a cui tendere.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento