2 - L’amore come sentimento terreno

2 L’amore come sentimento terreno

Gli anni napoletani sono per Boccaccio il periodo dell’esperienza della vita di corte e, insieme, di una concezione dell’amore legata a un’immagine idealizzata di questo sentimento, vissuto sulla base della lunga tradizione culturale e letteraria che andava dal trattato De amore di Andrea Cappellano ( Doc. 5, p. 39) alla lirica erotica in lingua d’oc e al romanzo cavalleresco in lingua d’oïl del ciclo bretone (in particolare Chrétien de Troyes e la storia di Tristano e Isotta,  p. 71).

I diversi valori dell’amore Non mancano tuttavia spunti nuovi che vanno nella direzione poi compiutamente sviluppata dal Decameron. Nelle opere scritte in questo periodo, a partire dal Filocolo, si coglie infatti una rappresentazione più articolata dell’amore, declinata in tutta la gamma del patetico e dell’appassionato: le storie narrate esibiscono rimpianti malinconici, vagheggiamenti sensuali e tutte le diverse gradazioni del sentimento, analizzate per toccare la sensibilità del raffinato pubblico cortigiano, desideroso di sogni, lacrime e intrattenimento. In effetti, il motivo amoroso appare a Boccaccio l’occasione per proporre un’elegante occasione di consolatoria e idillica evasione. Al tempo stesso, nel lieto fine matrimoniale che suggella la travagliata vicenda di Florio e Biancifiore, possiamo cogliere un aspetto poi spesso affiorante anche nelle novelle del Decameron: la revisione dei princìpi cortesi dell’amore come semplice diletto. Lo slancio erotico istintivo e generoso, che veniva esaltato nelle poesie dei trovatori, viene ora corretto e normalizzato dalle regole morali che integrano valori cristiani e istanze borghesi nella celebrazione del vincolo coniugale.

Una passione disperata All’interno dell’amore si misurano, in tal modo, i diritti della ragione e quelli della passione: attraverso questa contrapposizione si misura la grande capacità di Boccaccio di illuminare la psicologia degli innamorati. Ne è un esempio l’opera più importante scritta durante il periodo fiorentino, l’Elegia di Madonna Fiammetta, nella quale l’autore immagina che la nobildonna napoletana Fiammetta scriva una lunga lettera alle donne innamorate. In essa ripercorre le tappe salienti della propria relazione extraconiugale con il mercante fiorentino Panfilo: la nascita improvvisa della passione, gli incontri clandestini, la disperazione quando Panfilo, costretto a rientrare a Firenze, non mantiene l’impegno di tornare a Napoli, fino a un tentativo di suicidio.

Il realismo psicologico Rievocando la storia del suo amore, la protagonista descrive le tempeste interiori, le speranze ingannevoli, il peso dell’angoscia sul suo cuore, la dolcezza dei ricordi ispirati dai luoghi teatro della sua gioia effimera, confessa il rimorso provocato dall’affetto del marito ignaro, analizza gli effetti dolorosi della gelosia. Fiammetta sembra per certi versi una delle eroine tragiche della classicità sedotte e poi tradite e abbandonate, ma il suo racconto-diario ci mostra un personaggio modernissimo, catturato dal furore, vittima di un amore che non è, come per Dante, peccaminoso “traviamento” destinato prima o poi ad essere superato, ma delirio senza speranza di guarigione, desiderio incontrollato. Assistiamo così al superamento dei rigidi stilemi dell’amore cortese e stilnovistico, nella direzione di una maggiore concretezza e di un più credibile realismo psicologico.

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Un’esperienza tutta terrena La concezione dell’amore presentata da Boccaccio – nell’Elegia di Madonna Fiammetta, ma anche e soprattutto nel Decameronè di assoluta novità. Lo scrittore infatti parla sempre dell’amore come di un’esperienza pienamente umana e terrena, sviluppando, nella trattazione di questo argomento, anche gli aspetti più concreti della passione: l’attrazione fisica, la dimensione sessuale, la naturalità del richiamo dei sensi.

In diverse novelle del Decameron, in particolare, egli difende i “diritti della natura”, polemizzando apertamente con quell’ideale ascetico, tipicamente medievale, che vedeva nella rinuncia, nell’astinenza e nella castità la via più certa alla salvezza dell’anima.

T2

Florio e Biancifiore

Filocolo, II, 4

Siamo nel secondo dei cinque libri di cui si compone il Filocolo: inviato dalla madre Venere, Cupido fa scoccare la scintilla della passione nel cuore dei due protagonisti mentre sono intenti a leggere l’Ars amandi del poeta latino Ovidio.

Taciti e soli1 lasciò Amore2 i due novelli amanti, i quali riguardando l’un l’altro
fiso,3 Florio primieramente chiuse il libro,4 e disse: «Deh, che nuova bellezza t’è
egli5 cresciuta, o Biancifiore, da poco in qua, che tu mi piaci tanto? Tu non mi solevi
tanto piacere; ma ora gli occhi miei non possono saziarsi di riguardarti!». Biancifiore 

5      rispose: «Io non so, se non che di te poss’io dire che in me sia avvenuto il
simigliante.6 Credo che la virtù de’ santi versi7, che noi divotamente8 leggiamo, abbia
accese le nostre menti di nuovo fuoco, e adoperato9 in noi quello già veggiamo
che in altrui adoperarono». «Veramente – disse Florio – io credo che come tu di’
sia,10 però che11 tu sola sopra tutte le cose del mondo mi piaci». «Certo tu non piaci 

10    meno a me che io a te» rispose Biancifiore. E così stando in questi ragionamenti12
co’ libri serrati13 avanti, Racheio,14 che per dare a’ cari scolari dottrina15 andava,
giunse nella camera e loro gravemente riprendendo,16 cominciò a dire: «Questa che
novità è, che io veggio i vostri libri davanti a voi chiusi? Ov’è fuggita la sollecitudine17
del vostro studio?». Florio e Biancifiore, tornati18 i candidi visi come vermiglie

15    rose per vergogna della non usata riprensione,19 apersero i libri; ma gli occhi loro

più disiderosi dell’effetto che della cagione, torti,20 si volgeano verso le disiate21
bellezze, e la loro lingua, che apertamente narrare solea i mostrati versi, balbuziendo
andava errando.22 Ma Racheio, pieno di sottile avvedimento,23 veggendo24 i
loro atti, incontanente conobbe25 il nuovo fuoco acceso ne’ loro cuori, la qual cosa 

20    assai gli dispiacque; ma più ferma esperienza26 della verità volle vedere, prima che
alcuna parola ne movesse ad alcuno altro,27 sovente sé celando28 in quelle parti
nelle quali egli potesse lor vedere sanza essere da essi veduto. E manifestamente
conoscea,29 come da loro partitosi, incontanente chiusi i libri, abbracciandosi si
porgeano semplici baci, ma più avanti non procedeano,30 però che la novella età, 

25    in che erano, non conoscea i nascosi diletti.31 E già il venereo fuoco32 gli avea sì
accesi, che tardi la freddezza di Diana li avrebbe potuti rattiepidare.33

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Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nel V canto dell’Inferno era stato il romanzo francese di Lancillotto e Ginevra ad accendere la passione amorosa di Paolo e Francesca. Qui il libro “galeotto” è l’Ars amandi, un poemetto in distici elegiaci scritto da Ovidio (43 a.C.-17 d.C.) con l’intento di offrire ai lettori consigli utili per sedurre e per fare innamorare. Ma, mentre gli amanti danteschi alimentano una relazione adultera che li porta al peccato e alla perdizione, Florio e Biancifiore vivono con innocenza un sentimento tenero e ingenuo (tornati i candidi visi come vermiglie rose per vergogna, rr. 14-15), destinato a sfociare nel matrimonio. I due ragazzi si scambiano sguardi furtivi, balbettano per l’emozione, si scambiano effusioni e scoprono, attimo dopo attimo, con stupore e inconsapevolezza (Deh, che nuova bellezza…, r. 2; Tu non mi solevi tanto piacere, rr. 3-4; non so, se non che…, r. 5), la forza irresistibile che li trascina verso il piacere dei sensi.

All’amore, infatti, non si può resistere, come si evince dal contrasto tra Venere e Diana, con la dea dell’amore inevitabilmente vincitrice su quella della castità. Il venereo fuoco (r. 25) non può che prevalere sulla freddezza di Diana (r. 26): una verità che Boccaccio ribadisce lungo tutta la sua produzione letteraria. Per questo, l’autore si guarda bene dal condannare moralmente i due giovani. Il suo racconto esplora le trepide emozioni e i turbamenti dei due ragazzi con un’analisi introspettiva e psicologica che supera gli schemi convenzionali dello Stilnovo per aprirsi a una dimensione più realistica, sia pure ancora immersa in una raffinata atmosfera di candore cortese: la stessa che lo scrittore respirava nelle sale degli splendidi palazzi angioini di Napoli.

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Le scelte stilistiche

La materia del Filocolo attinge a un vasto e ben noto repertorio di citazioni e luoghi comuni letterari: dai testi classici (Ovidio e Virgilio, dichiaratamente citati come auctores di riferimento insieme a Lucano e Stazio) fino alla Vita nuova di Dante, passando attraverso i romanzi in lingua d’oïl, all’epoca assai letti e amati nelle corti italiane. Le storie di Floire et Blancheflor, riprese da un poemetto francese del XII secolo, quelle di Tristano e Isotta e dei vari personaggi del ciclo di re Artù erano, in effetti, di dominio pubblico: libri da considerare, per usare la definizione della critica Maria Luisa Meneghetti, «vera e propria trivialliteratur», cioè letteratura di largo consumo, che però Boccaccio intende ora nobilitare offrendone una rielaborazione più colta.

In un altro passo del Filocolo, egli si propone infatti lo scopo di sottrarre questa materia ai «fabulosi parlari degli ignoranti», cioè ai grossolani racconti diffusi grazie alla tradizione orale, e di trasformarla in fonte di diletto per un pubblico altolocato, compreso quello femminile, affascinato dai bei sogni della poesia amorosa. Per questo, sul piano dello stile, non troviamo alcuna concessione popolaresca, bensì soluzioni formali di una «mezzana via»: se l’autore evita uno stile troppo aulico e solenne, non rinuncia tuttavia alla sintassi latineggiante (come si evince dalla posizione dei verbi, spesso collocati in conclusione di frase) e all’uso costante della metafora (in particolare, quella del fuoco amoroso).

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Riassumi la vicenda raccontata nel brano in un testo di circa 5 righe.


2 Nella scena, oltre ai due innamorati, compare un altro personaggio. Chi è e come si comporta?

Analizzare

3 Con quali espressioni Biancifiore indica la natura sacra dell’amore?


4 Quali sono gli indizi, registrati dall’autore, che denunciano la nascita del sentimento amoroso nei due ragazzi?


5 Individua e sottolinea nel testo le metafore del fuoco d’amore.

Interpretare

6 Nell’analisi abbiamo evidenziato i punti di contatto tra la nascita della passione tra Paolo e Francesca nel V canto dell’Inferno e quella dell’amore di Florio e Biancifiore. Leggi, in particolare, questi due passi e individua analogie e differenze.

  • Quando leggemmo il disïato riso
    esser basciato da cotanto amante,
    questi, che mai da me non fia diviso,

    la bocca mi basciò tutto tremante.
    Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
    quel giorno più non vi leggemmo avante.
    (Inferno, V, vv. 133-138)
  • incontanente chiusi i libri, abbracciandosi si porgeano semplici baci, ma più avanti non procedea­no, però che la novella età, in che erano, non conoscea i nascosi diletti (rr. 23-25).

Produrre

7 Scrivere per raccontare. Reinterpretando la scena boccacciana e adattandola ai nostri tempi, descrivi l’innamoramento di due ragazzi di oggi parafrasando nel testo almeno tre delle espressioni usate dall’autore.

Dibattito in classe

8 Boccaccio presenta la nascita dell’amore tra i due giovani secondo il topos ricorrente della freccia scoccata da Cupido: l’innamoramento dunque non nasce lentamente, ma è rapido e improvviso, il classico “colpo di fulmine”. Sei d’accordo? Confrontati con i compagni.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento