L’apparizione di Laura dunque è restituita al tempo, che ora segnala l’assenza della donna, il suo trasformarsi da oggetto di passione e sofferenza in fantasma interiore. Tuttavia Petrarca immagina che lei, con le sue preghiere, potrà fargli ottenere la salvezza facendo forza al cielo (v. 38). Egli sa infatti di essere nel peccato: le sue parole extreme (v. 13), cioè quelle pronunciate in punto di morte, non vengono rivolte a Dio a invocare cristianamente il suo perdono, bensì agli elementi della natura che sono stati vivificati dal contatto con Laura.
Dunque sarà proprio lei, come fonte di traviamento spirituale seppure inconsapevole e innocente, per il poeta, a dover “convincere” Dio. Per quanto possa sembrare strano, si tratta di un concetto perfettamente ortodosso, conforme alla dottrina cristiana. L’ardore di carità può vincere, in un certo senso, la giustizia divina, mutandone le decisioni. Lo afferma anche Dante (Paradiso, XX, 94-96): «Regnum celorum vïolenza pate / da caldo amore e da viva speranza, / che vince la divina volontate».