T7 - Così nel mio parlar voglio esser aspro (Rime)

T7

Così nel mio parlar voglio esser aspro

Rime

Composta intorno al 1296, questa è la più celebre delle cosiddette rime “petrose”, dedicate a una donna refrattaria all’amore. Alla durezza della materia corrisponde quella della forma, violenta anch’essa e capace di rappresentare con grande efficacia lo scoppio di una passione profonda e irrazionale.


Metro Canzone di 6 strofe di 13 versi ciascuna (endecasillabi e settenari) con schema di rime ABbC, ABbC, CddEE. Il congedo segue lo schema della sirma.

Così nel mio parlar voglio esser aspro

com’è ne li atti questa bella petra,

la quale ognora impetra

maggior durezza e più natura cruda,

5      e veste sua persona d’un dïaspro

tal che per lui, o perch’ella s’arretra,

non esce di faretra

saetta che già mai la colga ignuda;

ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda

10    né si dilunghi da’ colpi mortali,

che, com’avesser ali,

giungono altrui e spezzan ciascun’arme:

sì ch’io non so da lei né posso atarme.

Non trovo scudo ch’ella non mi spezzi

15    né loco che dal suo viso m’asconda:

ché, come fior di fronda,

così de la mia mente tien la cima.

Cotanto del mio mal par che si prezzi

quanto legno di mar che non lieva onda;

20    e ’l peso che m’affonda

è tal che non potrebbe adequar rima.

Ahi angosciosa e dispietata lima

che sordamente la mia vita scemi,

perché non ti ritemi

25    sì di rodermi il core a scorza a scorza

com’io di dire altrui chi ti dà forza?

Che più mi triema il cor qualora io penso

di lei in parte ov’altri li occhi induca,

per tema non traluca

30    lo mio penser di fuor sì che si scopra,

ch’io non fo de la morte, che ogni senso

co li denti d’Amor già mi manduca:

ciò è che ’l pensier bruca

la lor vertù, sì che n’allenta l’opra.

35    E’ m’ha percosso in terra, e stammi sopra

con quella spada ond’elli ancise Dido,

Amore, a cui io grido

merzé chiamando, e umilmente il priego:

ed el d’ogni merzé par messo al niego.

40    Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida

la debole mia vita, esto perverso,

che disteso a riverso

mi tiene in terra d’ogni guizzo stanco:

allor mi surgon ne la mente strida;

45    e ’l sangue, ch’è per le vene disperso,

fuggendo corre verso

lo cor, che ’l chiama; ond’io rimango bianco.

Elli mi fiede sotto il braccio manco

sì forte che ’l dolor nel cor rimbalza;

50    allor dico: «S’elli alza

un’altra volta, Morte m’avrà chiuso

prima che ’l colpo sia disceso giuso».

Così vedess’io lui fender per mezzo

lo core a la crudele che ’l mio squatra;

55    poi non mi sarebb’atra

la morte, ov’io per sua bellezza corro:

ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo

questa scherana micidiale e latra.

Omè, perché non latra

60    per me, com’io per lei, nel caldo borro?

ché tosto griderei: «Io vi soccorro»;

e fare’l volentier, sì come quelli

che nei biondi capelli

ch’Amor per consumarmi increspa e dora

65    metterei mano, e piacere’le allora.

S’io avessi le belle trecce prese,

che fatte son per me scudiscio e ferza,

pigliandole anzi terza,

70    e non sarei pietoso né cortese,

anzi farei com’orso quando scherza;

e se Amor me ne sferza,

io mi vendicherei di più di mille.

Ancor ne li occhi, ond’escon le faville

75    che m’infiammano il cor, ch’io porto anciso,

guarderei presso e fiso,

per vendicar lo fuggir che mi face;

e poi le renderei con amor pace.

Canzon, vattene dritto a quella donna

80    che m’ha ferito il core e che m’invola

quello ond’io ho più gola,

e dàlle per lo cor d’una saetta:

ché bell’onor s’acquista in far vendetta.

 >> pagina 250 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Sin dalla prima strofa, la canzone mette in scena un vero e proprio conflitto: la donna è spietata e insensibile nei confronti dell’uomo, incapace di sfuggire alle sue frecce amorose. Mentre lei è invulnerabile perché protetta da uno scudo durissimo, lui è privo di difese, soggetto a una forza devastante che gli rode e consuma l’anima. Anche il rapporto con Amore, sviluppato nella terza e quarta strofa, è segnato dalla sofferenza: la divinità si accanisce sull’io lirico inerme, lo tiene a terra, lo ferisce a morte, colpendolo con la stessa spada con la quale si uccise Didone, la regina cartaginese sedotta e abbandonata da Enea (v. 36).

Nelle ultime due strofe, il poeta trova la forza di ribellarsi e immagina di ripagare la donna con la stessa moneta. Desidera cioè rovesciare le parti anche a costo di mettere in atto comportamenti contrari all’etica cavalleresca (e non sarei pietoso né cortese, v. 70): la sete di vendetta lo porta a sognare la donna ferita dai colpi d’amore, trafitta nel cuore, ridotta a urlare bestialmente per la passione non ricambiata. Sarà egli stesso a infliggerle il colpo di grazia, afferrandole i capelli e possedendola brutalmente: potrà così celebrare il suo trionfo fissandola con ira negli occhi. Il congedo può in tal modo sancire il ribaltamento della situazione iniziale: rivolgendosi direttamente alla canzone, il poeta la incarica di recarsi dalla donna e colpirla al cuore con una saetta. La vendetta – non a caso, la parola conclusiva del componimento – è fatta.

Ma chi è davvero questa donna carnefice che diventa vittima? Sull’identità di Pietra si è a lungo discusso: è una figura reale, coperta da un senhal, un nome fittizio, secondo il gusto provenzale? O piuttosto va considerata come un simbolo? In tal caso, gli studiosi ipotizzano che essa possa celare un riferimento a Firenze, alla Chiesa corrotta o alla filosofia, lo studio della quale avrebbe procurato difficoltà e ostacoli a Dante. In ogni caso, è l’autore stesso a non rivelare l’identità della donna, che in tal modo rappresenta più che altro una sorta di proiezione ideale, un pretesto per trattare il tema dell’amore non corrisposto e dar corso a un’esperienza letteraria nuova, antitetica alla dolcezza tematica ed espressiva dello Stilnovo.

 >> pagina 244 

Le scelte stilistiche

In effetti, questa canzone, al pari delle altre rime “petrose”, costituisce «un passaggio cruciale nella costruzione del repertorio pluristilistico di Dante» (Ledda). Il registro stilistico, antitetico a quello sperimentato nella Vita nuova, è manifestato esplicitamente sin dall’incipit, dove viene richiamato il parallelismo tra contenuto della rappresentazione e mezzo espressivo. Si tratta di una vera e propria dichiarazione di poetica, alla quale il componimento si attiene fedelmente, a partire dalle scelte foniche, con la forte concentrazione di consonanti dure, spesso doppie o associate tra loro (zz, rr, tr, spr ecc.), e con la frequenza di suoni aspri in rima (come accade, limitandoci alla prima strofa, con aspro-dïaspro; petra-impetra; s’arretra-faretra).

Anche il lessico va nella stessa direzione: Dante privilegia parole dalla forte espressività, di uso raro (è il caso di impetra, v. 3; manduca, v. 32; squatra, v. 54, termine, quest’ultimo, che costituisce un hapax, un vocabolo cioè non attestato in altri autori) per accentuare la percezione dell’ostilità della donna e del tirannico dominio esercitato dall’Amore sul malcapitato amante. Ma anche il sogno vendicativo dell’uomo richiede termini di grande violenza semantica, utilizzati nella quinta e sesta strofa (fender, v. 53; squatra, v. 54; latra, v. 58; borro, v. 60; ferza, v. 67; sferza, v. 72; anciso, v. 75; fiso, v. 76).

Infine, a sottolineare il potere distruttivo dell’amore, il poeta si serve di un linguaggio metaforico improntato alla violenza, alla sofferenza, alla morte. In particolare, si nota l’insistenza sul tema guerresco (per esempio, spada, v. 36; scudiscio e ferza, v. 67), mediante il quale la schermaglia amorosa assume le sembianze di un autentico combattimento senza esclusione di colpi, tra spade e saette: nessuna pietà salva i contendenti, aguzzini l’uno dell’altro.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Assegna un titolo a ogni strofa e riassumine il contenuto in 3 righe.


2 L’inizio del componimento presenta due dichiarazioni di poetica: quali?

Analizzare

3 Al v. 19 il vocabolo legno è usato come figura retorica. Quale?


4 Individua le espressioni che si riferiscono alla guerra, alla caccia e alla tortura presenti nel componimento.


5 Nel testo compaiono alcune rime ricche. Individuale.

Interpretare

6 Perché la donna viene definita scherana micidiale e latra (v. 58)?


7 Nel componimento è presente molto odio, ma anche amore: in quali versi si coglie il riaffiorare del sentimento?


8 Quali aspetti della poetica di Cavalcanti è possibile rintracciare in questo componimento?

Produrre

9 Scrivere per argomentare. L’asprezza del dettato è condannata da Dante nel De vulgari eloquentia (II, 13) tra le forme espressive da non usare nella poesia alta. Spiega questa apparente contraddizione in un testo argomentativo di circa 20 righe.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento