Consonanze/Dissonanze - Achille Campanile, La quercia del Tasso

CONSONANZE DISSONANZE

Achille Campanile

La quercia del Tasso

Achille Campanile (1899-1977) ha scritto numerose opere teatrali e narrative, oltre ad avere svolto un’intensa attività giornalistica e a essersi occupato di cinema e di televisione. Il suo umorismo, quando non inclina a tonalità malinconiche e crepuscolari, attinge felicemente alla farsa e alla freddura, spingendo fino all’assurdo situazioni sentimentali e luoghi comuni.

Nel brano che presentiamo, tratto da Manuale di conversazione (1973), la comicità si basa tutta su un gioco di parole, esasperato e portato alle estreme conseguenze, che scaturisce dall’ambiguità semantica del vocabolo “tasso”, il quale indica sia l’autore della Gerusalemme liberata sia l’omonimo animaletto che vive nei boschi: un vero e proprio tasso che, in questo caso, decide di prendere casa presso la “quercia del Tasso”, a Roma, sul Gianicolo.

Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, come avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa. Anche a quei tempi la chiamavano così. Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.

Meno noto è che, poco lungi da essa, c’era, ai tempi del grande e infelice poeta, un’altra quercia fra le cui radici abitava uno di quegli animaletti del genere dei plantigradi, detti tassi. Un caso. Ma a cagione di esso si parlava della quercia del Tasso con la “t” maiuscola e della quercia del tasso con la “t” minuscola. In verità, c’era anche un tasso nella quercia del Tasso e questo animaletto, per distinguerlo dall’altro, lo chiamavano il tasso della quercia del Tasso. Alcuni credevano che appartenesse al poeta, perciò lo chiamavano il tasso del Tasso e l’albero era detto “la quercia del tasso del Tasso” da alcuni, e “la quercia del Tasso del tasso” da altri.

Siccome c’era un altro Tasso (Bernardo, padre di Torquato, e poeta anch’egli) il quale andava a mettersi sotto un olmo, il popolino diceva: “È il Tasso dell’olmo o il Tasso della quercia?”

Così, poi, quando si sentiva dire “il Tasso della quercia” qualcuno domandava: “Di quale quercia?”

“Della quercia del Tasso.”

E dell’animaletto di cui sopra, ch’era stato donato al poeta in omaggio al suo nome, si disse: “Il tasso del Tasso della quercia del Tasso.”

Poi c’era la guercia del Tasso: una poverina con un occhio storto, che s’era dedicata al poeta e perciò era detta la guercia del Tasso della quercia, per distinguerla da un’altra guercia che s’era dedicata al Tasso dell’olmo (perché c’era un grande antagonismo fra i due). Ella andava a sedersi sotto una quercia poco distante da quella del suo principale e perciò detta la quercia della guercia del Tasso; mentre quella del Tasso era detta la quercia del Tasso della guercia: qualche volta si vide anche la guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso. Qualcuno più brevemente diceva: la quercia della guercia o la guercia della quercia. Poi, sapete com’è la gente, si parlò anche del Tasso della guercia della quercia e, quando lui si metteva sotto l’albero di lei, si alluse al Tasso della quercia della guercia.

Ora voi vorrete sapere se anche nella quercia della guercia vivesse uno di quegli animaletti detti tassi. Viveva. E lo chiamavano il tasso della quercia della guercia del Tasso, mentre l’albero era detto la quercia del tasso della guercia del Tasso e lei la guercia del Tasso della quercia del tasso.

Successivamente Torquato cambiò albero: si trasferì (capriccio di poeta) sotto un tasso (albero delle Alpi), che per un certo tempo fu detto il tasso del Tasso. Anche il piccolo quadrupede del genere degli orsi lo seguì fedelmente e, durante il tempo in cui essi stettero sotto il nuovo albero, l’animaletto venne indicato come il tasso del tasso del Tasso.

Quanto a Bernardo, non potendo trasferirsi all’ombra d’un tasso perché non ce n’erano a portata di mano, si spostò accanto a un tasso barbasso (nota pianta, detta pure verbasco), che fu chiamato da allora il tasso barbasso del Tasso; e Bernardo fu chiamato il Tasso del tasso barbasso, per distinguerlo dal Tasso del tasso. Quanto al piccolo tasso di Bernardo, questi lo volle con sé, quindi da allora l’animaletto fu indicato da alcuni come il tasso del Tasso del tasso barbasso, per distinguerlo dal tasso del Tasso del tasso; e da altri come il tasso del tasso barbasso del Tasso, per distinguerlo dal tasso del Tasso del Tasso.

Il Comune di Roma voleva che i due poeti pagassero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tasso del tasso del tasso barbasso del Tasso.

Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Volti e luoghi della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento