GEOOGGI - PRIMAVERA ARABA, UNA RIVOLUZIONE TRADITA

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PRIMAVERA ARABA, UNA RIVOLUZIONE TRADITA

Verso la fine del 2010 i Paesi arabi del bacino del Mediterraneo sono stati investiti da un grande movimento popolare, che chiedeva maggiore democrazia e il rinnovamento della classe politica, accusata di immobilismo e corruzione. Giornalisti e commentatori esteri hanno ribattezzato il fenomeno “primavera araba”.

Algeria, Marocco e Tunisia sono stati i primi Paesi interessati dalle manifestazioni popolari. Se in Algeria e in Marocco i Governi sono riusciti a placare le proteste promettendo un programma di riforme, la situazione si è evoluta invece in modo ben diverso in Tunisia. Qui le manifestazioni si sono trasformate in rivolte popolari che hanno costretto il Presidente Ben Ali, in carica da oltre vent’anni, a lasciare il Paese (gennaio 2011).

Il cuore della protesta si è poi spostato in Egitto: milioni di cittadini sono scesi in piazza per chiedere riforme democratiche e le dimissioni del Presidente Hosni Mubarak. Il Governo ha cercato di soffocare le proteste tagliando i canali di comunicazione e propaganda dei manifestanti, ma l’atteggiamento dell’esercito, prima neutrale e poi favorevole ai manifestanti, ha indotto Mubarak a dimettersi (11 febbraio 2011).

Le proteste hanno avuto un esito differente in Libia, Paese da decenni soggetto alla dittatura di Muhammar Gheddafi. Le manifestazioni contro il regime sono degenerate in una guerra civile, che ha portato al collasso dello Stato libico (Geo Oggi, p. 222).

L’atteggiamento dei Paesi europei e degli Stati Uniti di fronte alla primavera araba è stato ambivalente: da una parte si guardò con favore a una maggiore democratizzazione delle nazioni arabe, da un’altra parte si temeva che l’instabilità politica portasse al potere figure vicine ai movimenti fondamentalisti islamici e al terrorismo internazionale.

Tale timore si è rivelato in parte fondato: le aspirazioni dei giovani della primavera araba sono state in larga misura disattese. In Tunisia la protesta ha prodotto un cambiamento verso un regime democratico, ma il Paese si è rivelato vulnerabile alle infiltrazioni di gruppi fondamentalisti islamici, tra cui l’ISIS (Geo Oggi, p. 117). La Libia è divenuta uno “Stato fallito” frammentato in zone di influenza tribali, mentre l’Egitto, dopo una parentesi democratica, è tornato sotto un regime autoritario in seguito al colpo di Stato militare del 2013.

Geo2030 - volume 3
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