Indonesia

INDONESIA

IL TERRITORIO E IL CLIMA

Il territorio dell’Indonesia comprende quasi tutto l’arcipelago indonesiano; solo le isole del Borneo, di Timor e della Nuova Guinea appartengono anche ad altri Stati: il Borneo alla Malaysia e al Brunei; Timor a Timor Orientale (Timor Est); la Nuova Guinea a Papua Nuova Guinea (quest’ultimo Stato è considerato parte del continente Oceania).

Un territorio ricco di vulcani attivi

Le isole indonesiane presentano un territorio montuoso. L’arco di isole meridionali che va da Sumatra fino alla Nuova Guinea costituisce la parte emergente di una lunga catena sommersa. La vetta più alta è il Monte Jaya (Picco della Vittoria) nella Nuova Guinea: la sua cima arriva a 5030 m e, pur essendo in prossimità dell’Equatore, ospita estesi ghiacciai.

Tra le numerose montagne vi sono più di 200 vulcani attivi: le isole indonesiane, disposte lungo la frattura che separa la zolla eurasiatica e quella australiana, sono soggette a una forte attività vulcanica e sismica.

Corsi d’acqua brevi e irregolari

Le isole maggiori, estese per decine e centinaia di migliaia di chilometri quadrati, sono percorse da molti fiumi. A causa del clima tipicamente equatoriale la portata dei corsi d’acqua risulta fortemente irregolare, con piene che possono causare straripamenti e inondazioni nella stagione delle grandi piogge, alternate a periodi di magra. La disponibilità di acqua risulta comunque sufficiente e, insieme alla fertilità del terreno di origine vulcanica che caratterizza le zone pianeggianti, garantisce lo sviluppo delle attività agricole.

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Foreste tropicali a rischio

La linea dell’Equatore passa proprio attraverso l’arcipelago indonesiano. La temperatura presenta in genere oscillazioni stagionali minime, fra i 25 e i 27 °C. Le piogge, concentrate fra novembre e maggio, raggiungono valori medi intorno ai 1800 mm e favoriscono la crescita della foresta equatoriale, di bambù e palme, di querce e conifere. Le foreste coprono ancora circa metà del territorio, nonostante un intenso disboscamento, peraltro proibito dalle leggi nazionali.

Nelle isole orientali prevale la savana; le pianure fertili e i fianchi terrazzati dei rilievi sono coltivati a riso, piante alimentari e altre colture destinate alla lavorazione industriale.

Tra scogliere, spiagge e barriere coralline

Lo sviluppo costiero complessivo è di quasi 55.000 km, con alternanza di scogliere, coste frastagliate, litorali bassi e lunghi tratti in cui fitte foreste di mangrovie non permettono di distinguere il confine fra acque e terraferma.

Numerose isole sono bordate da barriere coralline, che creano ecosistemi di tipo lagunare in cui proliferano migliaia di specie di pesci, crostacei e molluschi: una risorsa naturale ma anche turistica.

LA STORIA 

XIII sec. d.C.

Sull’arcipelago domina la dinastia dei re di Giava, di religione buddista e induista.


XIV sec.

Comincia a diffondersi l’Islam, che nel giro di due secoli diventerà la religione maggioritaria.


1670

I mercanti olandesi della Compagnia delle Indie Orientali avviano la colonizzazione dell’Indonesia, ampliando la loro influenza nella regione.


1942-1945

Occupazione giapponese dell’Indonesia.


1949

Dopo quattro anni di scontri con l’Olanda, l’Indonesia diventa indipendente.


1968

Sale al potere il generale Suharto, che instaura un regime dittatoriale durato fino al 1998.


2004

Il periodo di instabilità politica termina con l’organizzazione di libere e democratiche elezioni.


2016

Il Paese è colpito da una serie di attentati terroristici rivendicati da gruppi fondamentalisti islamici.

LA POPOLAZIONE

Con oltre 260 milioni di abitanti distribuiti su un’estensione complessiva di quasi 2 milioni di km2, l’Indonesia è il quarto Stato più popoloso del mondo dopo Cina, India e Stati Uniti.

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Ordinamento dello Stato: repubblica presidenziale

Passata da colonia olandese a Stato indipendente nel 1945 (ma l’indipendenza diventò effettiva nel 1949), l’Indonesia è una repubblica di tipo presidenziale, con un Presidente-capo del Governo eletto ogni cinque anni a suffragio diretto. Il potere legislativo è affidato a una doppia consulta, la Camera dei rappresentanti e il Consiglio dei rappresentanti regionali.

Giava è il cuore dell’Indonesia

La popolazione indonesiana è distribuita in modo profondamente ineguale sul territorio. In una sola delle 14.000 isole, la bella e fertile Isola di Giava, grande poco più di un terzo dell’Italia, si concentrano circa 145 milioni di abitanti, con una densità di ben 1121 ab./km2. È Giava il cuore politico, economico e culturale dell’Indonesia; in tutto il resto del Paese, su una superficie che è sei volte quella dell’Italia, vivono circa 115 milioni di persone, con una densità media di 64 ab./km2.

All’interno delle singole isole ci sono poi notevoli differenze tra le zone pianeggianti e costiere, più abitate, e quelle montuose e improduttive dell’interno, poco popolose o totalmente disabitate.

La Grande Giacarta

La capitale e la più importante città del Paese è Giacarta (Jakarta), nell’Isola di Giava, alla quale si attribuiscono circa 10 milioni di abitanti, che salgono però a circa 37 milioni se si considera la popolazione della cosiddetta Grande Giacarta, una delle più vaste conurbazioni del mondo, che comprende la capitale e le vicine aree urbane.

Altre città importanti, con più di 2 milioni di abitanti, sono Bandung, Surabaya e Bekasi, nell’Isola di Giava, e Medan, nell’Isola di Sumatra.

Le etnie sono centinaia

La popolazione indonesiana è costituita da circa trecento gruppi etnici, affini per origine ma differenziatisi nel corso dei secoli. Il più consistente è quello dei giavanesi, seguiti da malesi, sundanesi, maduresi, balinesi, alfur, dayak e altri.

Alcuni dei gruppi più piccoli, che vivono nell’interno, come i papua della Nuova Guinea, hanno conservato stili di vita antichissimi. Ancora nel secolo scorso sono state scoperte alcune tribù totalmente isolate, considerate dagli antropologi gli ultimi esempi di “uomo primitivo”.

Lingue locali e un’unica “lingua franca”

I popoli indonesiani parlano oltre duecento lingue diverse, alcune delle quali sono utilizzate però da poche centinaia di persone. Solo il giavanese è molto diffuso.

Nel 1945, fu proclamata lingua nazionale l’indonesiano, che comprende parole provenienti dall’arabo, dal portoghese, dal cinese e dall’hindi: una specie di lingua franca, con una pronuncia e una grammatica semplici, utilizzata come lingua comune all’interno dell’arcipelago. Parlata alla radio e in televisione, nelle scuole e negli uffici pubblici, è diventata una lingua importante; è simile al malese della Malaysia, ed è per questo prevista una uniformazione grammaticale e fonetica dei due linguaggi che porterà probabilmente alla nascita di un’unica lingua: se ciò accadesse, sarebbe la quinta lingua più parlata nel mondo.

geoOGGI

TRA ESTREMISMO E TOLLERANZA

L’Indonesia è il Paese islamico più popoloso del mondo. Vi si pratica una forma moderata di Islam e i musulmani indonesiani hanno vissuto per secoli in un delicato equilibrio con i fedeli delle altre religioni. Simbolo di questa convivenza è piazza Merdeka, una delle principali di Giacarta, sulla quale si affacciano la moschea di Istiqlal, il più grande luogo di culto islamico del Sud-Est asiatico, e l’altrettanto maestosa cattedrale cattolica.

Negli ultimi decenni hanno però incrementato le proprie attività nel Paese gruppi fondamentalisti, che mirano all’istituzione di un califfato islamico in tutti i Paesi musulmani del Sud-Est asiatico. Alcuni di questi gruppi, tra cui Jemaah Islamiyah, hanno compiuto attentati terroristici che hanno fatto divampare le tensioni tra musulmani indonesiani e membri delle religioni minoritarie.

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Musulmani, cristiani e religioni indigene

I musulmani sono l’87% della popolazione. I cristiani sono meno del 10%, con i protestanti più numerosi dei cattolici; Buddismo e Induismo sono praticati da piccole minoranze, soprattutto cinesi e indiane (è il caso degli abitanti dell’Isola di Bali). In numerose isole piccoli gruppi praticano ancora le primitive religioni indigene, a volte mescolate con una delle religioni maggioritarie.

L’ECONOMIA

Pur essendo in quarta posizione tra i Paesi più popolosi, l’Indonesia è solo al sedicesimo posto nella classifica delle economie più avanzate: a ciò corrisponde un reddito pro capite molto inferiore alla media mondiale, seppure in leggera crescita negli ultimi anni.

Le fonti primarie: agricoltura e pesca

Il settore primario è molto importante. Il Paese è il primo produttore al mondo di olio di palma, il secondo di caucciù, il terzo di riso e cacao, e il quarto di caffè. Inoltre è fra i primi dieci produttori mondiali di cereali, patate dolci, arachidi, banane, tè, tabacco e legname.

La pesca, da cui deriva la primaria fonte di alimentazione, è redditizia sia grazie alla commercializzazione delle ingenti quantità di pescato sia attraverso la vendita dei diritti di pesca nelle acque nazionali.

Un sottosuolo ricco di risorse

Il sottosuolo fornisce le due risorse maggiormente esportate dal Paese: petrolio e gas naturale, presenti soprattutto nel Borneo e nell’Isola di Sumatra. Inoltre il Paese è il secondo produttore mondiale di stagno e dispone di carbone, bauxite, oro, argento e rame; in Nuova Guinea si trova la miniera di Grasberg, il più grande giacimento d’oro e la terza miniera di rame del mondo.

Industria e turismo in espansione

Le industrie più sviluppate sono quelle di trasformazione delle materie prime locali: raffinazione del petrolio, lavorazione del tabacco e dei prodotti alimentari. Seguono le industrie chimiche, tessili e per la produzione di automobili, pneumatici, radio, televisori ed elettrodomestici.

Giava, Sumatra e Bali sono sempre state mete di turismo, che sta diventando un settore economico di punta, con visitatori provenienti da Giappone, Australia, Europa e Stati Uniti.

Geo2030 - volume 3
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