la motivazione:
“Una testimonianza fondamentale dell’arte buddista del Gandhāra“
la motivazione:
“Una testimonianza fondamentale dell’arte buddista del Gandhāra“
La valle di Bamiyan, situata nell’attuale Afghanistan a 230 chilometri dalla capitale Kabul, a un’altitudine di circa 2500 metri, è famosa per il sito archeologico in cui sorgevano i cosiddetti Buddha di Bamiyan. La città di Bamiyan si trovava lungo la Via della Seta (un itinerario mercantile che collegava l’Occidente e l’Estremo Oriente) e tra il II e il VII secolo fu un importante centro buddista.
Gandhāra anticamente era la regione che si estendeva tra il Pakistan Settentrionale e l’Afghanistan Orientale. Essendo un importante nodo di collegamento tra la Persia e l’Asia Centrale, nel corso dei secoli fu contesa da diverse popolazioni (persiani, greci, indiani) fino alla conquista islamica (XI sec d.C.). Particolarmente interessante il periodo della dominazione kushan (I-III secolo d.C.), quando la regione divenne il centro di un vasto impero e fu la culla di una fioritura artistica molto peculiare.
I Buddha di Bamiyan erano due enormi statue scolpite nelle pareti della montagna da un gruppo religioso buddista, tra il III e il V secolo d.C. A quel tempo i monaci vivevano come eremiti in piccole grotte scavate nella roccia ai lati delle statue e conducevano una vita di preghiera e meditazione. Queste statue rappresentavano la massima espressione dell’arte del Gandhāra, incrocio di influssi artistici indiani, persiani e greci.
Nel 2001 le statue sono state distrutte dai talebani, che essendo fondamentalisti islamici erano contrari alla rappresentazione della divinità e ostili a ogni altra religione. Benché le statue dei due Buddha siano state completamente distrutte, i loro profili si possono ancora intravedere nelle nicchie in cui sorgevano. Dal 2003 l’UNESCO e alcuni Paesi, tra cui l’Afghanistan stesso, sono impegnati nella salvaguardia del sito.
Geo2030 - volume 3
Il Mondo