L’ARMONIA A TAVOLA

L’ARMONIA A TAVOLA

Si può dire, schematizzando, che nel corso della storia si sono sviluppati due grandi modelli gastronomici: quello orientale e quello europeo, ma solo in Europa, e non in tutti i Paesi, l’eccellenza per qualità e stile è stata raggiunta sfruttando il vino per completare ed esaltare la ricercatezza delle materie prime e la raffinatezza nei sapori. Insieme ai cereali e all’olio d’oliva, il vino è uno dei pilastri basilari della gastronomia italiana, l’unica bevanda che, abbinata a un piatto, è in grado di esaltarlo, arricchirlo e completarlo, l’unico supporto liquido utile a bilanciare le sensazioni offerte dal cibo.

L’abbinamento fra cibo e vino

Trovare il vino che si armonizza nel modo migliore con ciascun piatto ordinato dal cliente è uno dei compiti più importanti affidati al sommelier, la più complessa e “personale” delle attività di sala.
Data la gran variabilità dei sapori dei piatti e dei vini, infatti, è complicato stabilire regole fisse da applicare: sarebbe impensabile cercare l’“abbinamento perfetto” seguendo formule teoriche o indicazioni preconfezionate, quando è il più sofisticato e individualista dei giudici ad avere l’ultima parola: l’apparato sensoriale di ciascun professionista. Tuttavia, si possono seguire delle “linee guida” che orientano nelle scelte: saper abbinare sapientemente cibo e vino significa saper creare un’armonia di sapori, profumi e gusti tale da esaltare le caratteristiche di entrambi, facendo in modo che cibo e vino siano l’uno al servizio dell’altro, e non si sovrastino mai. In un buon abbinamento, il vino non deve mai predominare sul piatto e viceversa; il corpo dell’uno deve essere adeguato alla struttura dell’altro: a un piatto dal sapore delicato dovrà essere abbinato un vino “leggero”, mentre a una preparazione ricca di sapori si accompagnerà un vino strutturato e corposo.
In primo luogo, quindi, bisogna considerare che il sapore dei piatti dipende sia dagli ingredienti che li compongono, sia dal modo in cui sono stati lavorati (cotti e conditi), mentre le caratteristiche organolettiche del vino dipendono dal vitigno, dalle condizioni e dal luogo in cui questo è cresciuto, dal modo in cui il vino è stato prodotto ed è stato fatto invecchiare e dalla temperatura a cui lo si serve. Bisogna conoscere bene il piatto e il vino, per poterli abbinare nel modo migliore possibile, combinando le componenti gustative del vino con quelle del piatto.

Le caratteristiche organolettiche del vino e del cibo

Le componenti gustative del vino sono:
  • acidità: conferisce pulizia;
  • sapidità: dà equilibrio;
  • effervescenza: grazie alla sua azione sinergica con l’acidità, ravviva la gradevolezza e la freschezza;
  • alcol e tannino: conferiscono una buona struttura al vino con effetto disidratante e astringente nella bocca;
  • morbidezza, profumi, aromi: costituiscono la rotondità e la piacevolezza del vino. 
La valutazione sensoriale del cibo distingue fra sensazioni morbide e sensazioni dure.

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Le sensazioni morbide
Grassezza: è la sensazione tattile patinosa e pastosa prodotta da alimenti caratterizzati da grassi solidi come i formaggi, il tuorlo dell’uovo sodo, lo zampone e il cotechino.
Tendenza dolce: è la sensazione di dolcezza appena accennata tipica di amidi e altri carboidrati, crostacei e carne di cavallo.
Succulenza: è la sensazione data dalla presenza di liquido in bocca. Si definisce:
intrinseca quando è propria del cibo che si mangia, come per esempio una mozzarella o una bistecca cotta “al sangue”;
indotta se ha origine nella saliva prodotta in abbondanza durante la masticazione di cibi come il formaggio stagionato;
per addizione di liquidi se è propria della preparazione, che porta a cottura il cibo in un liquido (nel vino, nel brodo, nella salsa).
Untuosità: è la sensazione tattile prodotta dalla presenza di grassi liquidi come l’olio extravergine d’oliva, o fusi come il burro sciolto, che rendono la lingua velata e meno sensibile.

Le sensazioni dure
Sapidità: è la sensazione provocata da sostanze come il sale o il glutammato di sodio che si aggiungono prima, durante o dopo la cottura, oppure in fase di stagionatura nel caso di salumi e formaggi.
Tendenza amarognola: è la sensazione delicatamente amara che può essere data da alimenti come il radicchio, i carciofi, il fegato, gli affumicati, che hanno questa qualità intrinseca, oppure da piatti in cui si siano formate sostanze carbonizzate, come quelli cucinati alla griglia o alla brace.
Tendenza acida: è la sensazione data da alimenti come gli agrumi, da preparazioni in carpione o marinate, da insalate condite con aceto o succo di limone o da salse di pomodoro usate come condimento.
Speziatura: è la sensazione chimico-tattile intensa e piccante data dalla presenza di spezie; è tipica di salumi, formaggi e preparazioni esotiche come il pollo al curry.
Aromaticità: è presente in tutti i cibi e può essere naturale o data dall’uso di spezie o di erbe aromatiche (è questo il caso, per esempio, della caprese con l’origano).

STRUTTURE DIFFERENTI

Diversamente dal vino, nel quale la struttura è data dall’estratto secco meno gli zuccheri, la struttura del cibo è data dalla quantità degli elementi presenti e/o dalla loro complessità. Nel caso del vino, quindi, la struttura è attribuibile al contenuto in polialcoli, tannini e pochi acidi non volatili, che rimangono nel contenitore dopo aver riscaldando il vino a 110 °C per un tempo sufficiente ad allontanare tutte le sostanze volatili (acqua, alcol, acido acetico ecc.). Nel cibo, invece, la struttura dipende sia dai sapori propri delle materie prime scelte al momento dell’acquisto, sia dagli aromi che l’esperienza e le capacità del cuoco riescono a sviluppare al momento in cui elabora le materie prime e le interpreta con gusto.

Protagonisti in Sala
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