LA LEGGE DEL VINO

LA LEGGE DEL VINO

La pianta da cui si ricava il vino ha origini molto antiche: si parla di oltre 100 milioni di anni fa. Durante questo lungo periodo, alcune varietà si estinsero a causa delle ere glaciali; altre sopravvissero: fra queste la Vitis vinifera, diffusa nelle regioni del Caucaso. La tecnica per trasformare l’uva in vino fu sviluppata in Kurdistan e nella Turchia orientale; da qui si diffuse rapidamente in Mesopotamia e nel Mediterraneo.
Più di 2500 anni fa, i Greci portarono la vite e la viticoltura in Sicilia e nell’Italia meridionale, mentre gli Etruschi le introdussero nella parte centrale della penisola: nel II secolo a.C. la produzione del vino aveva ormai acquisito un ruolo di primaria importanza nelle pratiche agricole di tutto l’Impero Romano. La viticoltura era praticata anche in regioni lontane dall’Italia, come in gran parte dell’attuale Francia (Provenza, Borgogna, Alsazia, Bordolese, Champagne), nella valle del Reno in Germania e in parte delle odierne Austria e Ungheria. Furono i Romani a introdurre i processi di invecchiamento del vino e anche il concetto di annata: sulle anfore che usavano per la conservazione e il trasporto di questa bevanda, infatti, indicavano la provenienza e il periodo di produzione.
Durante il Medioevo, come accadde per altre colture, furono i monaci a sviluppare la viticoltura e le tecniche di vinificazione: il vino che producevano era impiegato nella liturgia e nella produzione di pozioni medicinali. Ma il vino – più o meno buono, più o meno allungato con l’acqua o mischiato con altri ingredienti per migliorarne il gusto – rimase a lungo una bevanda diffusa in tutti i livelli sociali: il prezioso “vino buono”, raro, perché i sistemi di conservazione non erano sviluppati, si trovava sulla tavola dei ricchi e del clero, e divenne la bevanda con cui anche i meno ricchi brindavano per celebrare i momenti più importanti della vita sociale, pubblica e privata.
Nel XVII secolo, la diffusione di altre bevande come la cioccolata, il tè, il caffè e la birra portò a una riduzione del consumo di vino da parte della popolazione. Ciò spinse i produttori a migliorare gli standard qualitativi: iniziarono a usare tappi di sughero e bottiglie più adatte alla conservazione, e ciò permise loro in pochi decenni di raggiungere una nuova importanza commerciale. Ma nella seconda metà del XIX secolo l’invasione della ▶ fillossera distrusse in breve tempo la maggior parte dei vigneti europei: agli inizi del XX secolo la viticoltura europea dovette ripartire da zero, per guadagnare – grazie alle piante innestate – una nuova prosperità.
I vini attualmente prodotti in Italia, in Europa e nel mondo sono innumerevoli e di qualità molto eterogenea: come distinguerli, e come individuarli?
Vediamo come la normativa li classifica, facilitando le nostre scelte.

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La legislazione vitivinicola in Italia

La prima regolamentazione italiana per salvaguardare le produzioni vitivinicole di qualità è il DPR 930 del 12-07-1963 “Norme per la tutela delle denominazioni di origine dei mosti e dei vini”. Prima di allora, la salvaguardia della produzione vitivinicola era affidata a norme di carattere generico che distinguevano i vini in tre gruppi: i vini semplici, i vini a denominazione controllata e i vini a denominazione di origine controllata e garantita.
Ventinove anni dopo, la legge 164/1992 propone una struttura piramidale delle denominazioni, basata sul concetto di territorio e non sul vitigno. Secondo questa legge, i vini sono classificati in tre diverse, grandi categorie:
  • vini VQPRD o Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate, di cui fanno parte i vini DOCG (a Denominazione di Origine Controllata e Garantita) e i vini DOC (a Denominazione di Origine Controllata);
  • vini IGT (a Indicazione Geografica Tipica);
  • vini da tavola

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I vini DOCG e DOC

La denominazione DOCG è attribuita dagli organi competenti (Camere di Commercio) ai vini «già riconosciuti DOC da almeno 5 anni, che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati» e la cui importanza sia riconosciuta da almeno il 51% dei viticoltori interessati a richiederla, i quali devono costituire la maggioranza della produzione dell’area interessata.
Alla punta della piramide qualitativa si trovano le DOCG con menzione geografica aggiuntivacioè per le quali si individua e indica un’area più ristretta di produzione: la sottozona (Comune, frazione o parte di essi) o la microzona (vigna o fattoria).
La denominazione DOC è attribuita dalle Camere di Commercio ai vini che abbiano già ottenuto la denominazione IGT da almeno 5 anni e per i quali sia stata richiesta da almeno il 35% dei viticoltori dell’area di produzione interessata.

Nell’etichetta dei vini DOCG e DOC possono essere inserite anche altre indicazioni:
  • Classico”, che mette in rilievo la sottozona storica da cui è nata la denominazione d’origine;
  • Riserva”, indica che il vino ha caratteristiche superiori, che è stato sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio non inferiore a 2 anni;
  • Superiore”, indica che il vino ha una gradazione alcolica e caratteristiche superiori, dovute a una concentrazione zuccherina più alta;
  • Vigna”, seguita dalla denominazione geografica, solo se le uve hanno subito una vinificazione separata da quelle di altre tenute dello stesso produttore.
I terreni coltivati a vite e destinati alla produzione di vini DOCG o DOC devono essere iscritti all’Albo dei vigneti tenuto presso la Camera di Commercio competente.
Ogni vino DOCG o DOC deve essere prodotto rispettando i requisiti previsti da uno specifico disciplinare che stabilisce: zona e sottozone di produzione, norme per la viticoltura e la vinificazione, qualità e percentuale dei vitigni, denominazione.
La corrispondenza dei vini ai requisiti del disciplinare viene certificata da specifici controlli in fase di produzione, tramite un’analisi chimico-fisica e l’esame organolettico che, per ogni partita di vino DOCG destinata all’imbottigliamento, viene ripetuto.

I vini IGT

Gli IGT sono vini prodotti da un territorio vitivinicolo più vasto, che è in grado di conferire loro caratteristiche omogenee. Questi vini subiscono minori controlli e il disciplinare di produzione è più elastico in quanto stabilisce solo alcune caratteristiche, non prevede l’esame organolettico e non fa riferimento a un Albo dei vigneti, ma a un semplice elenco delle vigne.

I vini da tavola

Sono vini di qualità modesta, che non devono rispettare particolari disciplinari di produzione.
In etichetta possono riportare solo l’indicazione “vino da tavola”, il nome o la ragione sociale di chi imbottiglia e la dicitura “bianco”, “rosato” o “rosso”, ma non il nome dei vitigni utilizzati né l’anno di produzione.

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