L’ARTE DI FARE COCKTAIL

L’ARTE DI FARE COCKTAIL

Un cocktail è una miscela di più ingredienti alcolici e/o analcolici, opportunamente scelti e dosati: è una bevanda che conquista per l’armonia del gusto ma anche per le sfumature di colori e profumi.
Allegro e stupefacente, può accompagnare ogni momento della giornata: sta a chi lo prepara consigliare il cliente, proponendogli i classici internazionali o una novità di sua creazione.

I cocktail: una storia recente

La prima definizione di “cocktail” compare nel fascicolo del 13 maggio 1806 del periodico statunitense “The Balance”, che lo descrive come un «liquore stimolante, composto da più spiriti di varia qualità che, congiunti ad amari, zuccheri e acqua, realizzano una bevanda eccellente». Ma l’uso di creare bevande alcoliche miscelando aromi e gusti diversi è certamente più antico: in un codice trecentesco conservato all’Ospedale Maggiore di Milano, dal titolo Vino a cui si dà odore e sapore in momento, si trovano le indicazioni per preparare un vino che «spesso compare nelle mense regali dove è necessario siano servite diverse qualità di vino per mantenere il prestigio. È un sistema utile perché con un solo vino se ne potranno ottenere tante varietà quante saranno le sostanze medicinali impiegate. Ecco il metodo: si metta nell’acquavite, per un giorno intero, l’erba o la sostanza aromatica che si intende adoperare. Le virtù di tale sostanza si incorporeranno nell’acquavite, cosicché aggiungendone una piccola dose nel vino da bere si daranno ad esso l’odore e l’aroma delle spezie prescelte per la preparazione».
Se l’origine della bevanda è dubbia, sull’origine della parola cocktail le ipotesi sono ancor più numerose. Traducendo letteralmente il termine dall’inglese, si ha “coda di gallo”, da cock (gallo) e tail (coda), ma la ragione per cui è stato scelto questo nome resta misteriosa. Per alcuni sarebbe stato coniato da un proprietario d’albergo che, in seguito alla vittoria di uno dei suoi galli da combattimento, avrebbe servito agli amici una miscela alcolica chiamata per l’occasione come la parte più appariscente dell’animale vincitore. Per altri, invece, sarebbero i colori spesso molto brillanti dei cocktail a ricordare la coda del gallo. Altri ancora ritengono che il termine abbia avuto origine intorno al 1838: un farmacista di origine francese di New Orleans (Louisiana, USA), avrebbe venduto una miscela molto alcolica con qualità curative servendola in un portauovo. Il nome francese di questo recipiente, coquetier, era pronunciato koktai dai suoi clienti che avrebbero chiesto “un koktai” di bevanda come noi chiediamo “un bicchiere”.
Con l’andare del tempo, la parola si sarebbe trasformata in cocktail. Ma potrebbe essere vera anche la storia che lega questo nome a una pianta tropicale chiamata “coda di gallo” (Cordyline fruticosa): nel XIX secolo, gli Inglesi di stanza a Campeche, un porto della penisola dello Yucatán (Messico), avrebbero preparato bevande molto ricercate mescolandole con un lungo cucchiaio ricavato dalle radici di questa pianta. In questo caso, al grande successo del cocktail in tutto il mondo avrebbe contribuito anche la potenza della Marina britannica.

Protagonisti in Sala
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