LA SICUREZZA ALIMENTARE

LA SICUREZZA ALIMENTARE

Operare nella ristorazione significa entrare in contatto con gli alimenti. Essi subiscono continue manipolazioni durante i numerosi processi di produzione, lavorazione, conservazione, distribuzione e somministrazione: il rischio di contaminazione durante queste fasi è potenzialmente alto, e lo diventa ancora di più se non si adotta un’▶ igiene corretta ed efficace.
Per questa ragione, esiste una dettagliata legislazione che prescrive norme scrupolose a tutela della salute e della sicurezza degli operatori del settore, cioè di coloro che entrano in contatto con gli alimenti durante la produzione e somministrazione, e dei consumatori che ne usufruiscono alla fine della filiera.

Il protocollo HACCP

L’HACCP, dall’inglese Hazard Analysis and Critical Control Points (che in italiano significa “analisi del pericolo e controllo dei punti critici”), è un sistema di controllo sistematico e standardizzato che, al fine di garantire salubrità e sicurezza, analizza i rischi che caratterizzano tutte le fasi del processo che porta all’uso di alimenti a partire dalla produzione delle materie prime: preparazione, trasformazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita e somministrazione di prodotti alimentari. Messo a punto negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta del secolo scorso, questo sistema è stato introdotto nella legislazione della Comunità europea alla fine degli anni Novanta e attualmente fa parte del Regolamento (CE) 852/2004. In Italia, questo Regolamento è stato recepito con il D. Lgs. 193/2007.
Il protocollo HACCP si basa sui princìpi dell’autoresponsabilità e dell’autocontrollo igienico-sanitario, e si è ormai affermato come strumento fondamentale di garanzia della sicurezza degli alimenti. Esso consente infatti:
  • alle aziende di monitorare in modo costante la propria produzione;
  • alle Autorità sanitarie di focalizzare la propria attività di controllo solo su quei punti in cui il rischio di contaminazione degli alimenti è massimo.

Il metodo

Ogni azienda deve indicare un responsabile HACCP (nelle piccole aziende di norma è il titolare), che crea il piano di autocontrollo individuando i rischi presenti nel processo produttivo.
Per fare questo sono necessarie alcune importanti operazioni preliminari:
  • creare un gruppo di lavoro, cioè formare un team che dovrà redigere il piano (nelle piccole aziende può anche bastare una persona sola);
  • descrivere l’attività lavorativa, cioè esaminare nel dettaglio ciò che si produce e per chi;
  • redigere il diagramma di flusso, cioè disegnare uno schema che serva a semplificare e rendere più chiare tutte le fasi di lavorazione, dall’acquisto alla somministrazione.
Una volta definiti questi punti, si passa ad analizzare i 7 princìpi fondamentali del metodo HACCP.

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1. Analizzare i rischi
Il gruppo di lavoro individua i rischi presenti nella struttura: ogni luogo di lavoro, infatti, è diverso dall’altro, e per essere davvero efficiente, il piano HACCP va “tagliato su misura” in funzione delle caratteristiche dei locali e della produzione. La gravità del rischio (GR) è data dalla gravità del danno che si potrebbe avere (GD) e dalla probabilità che il rischio si verifichi (P), secondo la formula:

GR = GD x P.

2. Identificare i punti critici
Il diagramma di flusso serve a individuare i punti critici di controllo o CCP (dall’inglese Critical Control Points), cioè le fasi operative potenzialmente pericolose su cui viene diretta l’azione di controllo in modo che sia limitata ma efficace. I rischi da valutare sono:
  • microbiologici, causati da batteri, funghi e parassiti invisibili che si moltiplicano sugli alimenti. L’autocontrollo igienico-sanitario è spesso determinante: con la cottura, la conservazione e l’attenta manipolazione, il rischio si può limitare molto;
  • biologici, dati da animali infestanti, come blatte, mosche o topi. Una corretta realizzazione degli ambienti di lavoro (per esempio con l’applicazione di zanzariere) può limitarne l’ingresso, ma è necessario prevedere un controllo costante con l’impiego di esche e trappole e, a volte, l’intervento di specialisti nella disinfestazione;
  • chimici, dati da tutte le sostanze che possono contaminare gli alimenti per via esogena (come detergenti o disinfettantio endogena (come i fitofarmaci). Questi rischi si possono limitare selezionando con cura i fornitori e seguendo una corretta prassi igienica;
  • fisici, dati da materiali estranei all’alimento (capelli, plastica, metallo, legno ecc.). Il rischio è molto ridotto dall’uso della divisa completa e dal corretto comportamento: ad esempio, il divieto di portare bracciali, anelli e monili sul luogo di lavoro serve anche a questo.

3. Definire i limiti critici
Per ogni CCP bisogna definire un limite critico di accettabilità, che deve essere oggettivo e facilmente misurabile così da essere valutabile da parte di tutto il personale ottenendo risultati omogenei.

4. Definire il sistema di monitoraggio
Elencati i CCP e previsto per ciascuno di loro il limite critico, si definisce quando va effettuato il monitoraggio e come va registrato.
5. Individuare le misure correttive
Se il limite viene superato, si ha la “non conformità“. In questo caso bisogna prevedere quali operazioni vanno effettuate per riportare il rischio a un livello di controllo, e registrarle. Così tutto il personale del laboratorio di cucina e di sala saprà cosa fare per ripristinare le condizioni igieniche di sicurezza nel modo più veloce possibile.
6. Applicare le procedure di verifica
È bene verificare periodicamente che il piano continui a essere funzionante e funzionale all’attività lavorativa: vanno fatti controlli mirati ed esami strumentali specifici, come un tampone delle attrezzature per controllarne il livello di pulizia, o esami microbiologici a campione sugli alimenti.
7. Gestire la documentazione
Il manuale HACCP, o Manuale Aziendale di Autocontrollo Igienico (MAAI), è un documento che dimostra l’effettiva attività di autocontrollo: va sempre compilato correttamente e aggiornato, così che tutto il personale dell’azienda o l’autorità di controllo (ASL o NAS) possano sempre esaminarlo.

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