L’alambicco discontinuo
Si chiama “discontinuo” perché è necessario interrompere il processo tra la distillazione di una quantità di mosto e quella di un’altra: un operatore apre l’alambicco, ne pulisce con cura l’interno eliminando il mosto esausto, poi lo riempie con mosto fresco, lo richiude e dà inizio a una nuova distillazione.
Gli alambicchi discontinui sono in rame, sostanza in grado di trattenere gli acidi grassi, le impurità che altrimenti potrebbero alterare il prodotto finale.
Vediamo, con l’aiuto dello schema qui sotto, quali sono le fasi di una doppia distillazione discontinua.
Il mosto (1) viene immesso nella caldaia (2) del primo alambicco. Qui è riscaldato da una fonte di calore (fuoco diretto, bagnomaria o vapore), e in parte si trasforma in vapore. Il vapore di alcol sale inizialmente nel cappello o capitello (3) e da qui nel tubo detto “a collo di cigno” (4) per la sua forma caratteristica. Entra quindi in una serpentina refrigerata (5): la condensa che si forma sulle pareti del tubo scorre verso il basso e si concentra in un contenitore (6) per poi proseguire verso la caldaia del secondo alambicco (7), dove avviene la seconda distillazione che aumenta la purificazione dell’alcol. Dopo la condensazione, il liquido si raccoglie in un contenitore (8) che permette da una parte di inviare le teste a una nuova distillazione (6) e dall’altra di isolare il cuore che viene mandato al contenitore (9). Le code che restano nella caldaia, a volte vengono riusate in una successiva distillazione. In Italia la produzione di alcol è sottoposta a una tassa (l’accisa sull’alcol): un misuratore fiscale (10), posto all’ingresso del contenitore (9), rileva l’esatta quantità di alcol prodotta al netto dell’acqua (litro anidro).