LA SICUREZZA ALIMENTARE

LA SICUREZZA ALIMENTARE

Il concetto di  igiene in ambito alimentare è relativamente recente: fu il biologo Louis Pasteur (1822-1895, considerato il fondatore della microbiologia) a scoprire i processi di fermentazione e a inventare il metodo di pastorizzazione, fondamentale nella conservazione degli alimenti e nella definizione delle corrette prassi igieniche in ambito alimentare e ristorativo.
Dopo l’invenzione della pastorizzazione dovettero passare molti decenni prima che tale processo di risanamento termico degli alimenti fosse applicato in ambito ristorativo.
A partire dagli anni Cinquanta del Novecento l’igiene in cucina comincia a diventare un aspetto importante, ma che spesso dipende soltanto dalla buona volontà del cuoco o dal timore di subire controlli da parte degli organismi preposti (Ufficio d’igiene ecc.). L’igiene diventerà la priorità assoluta in ogni ambiente dove sono manipolati degli alimenti a partire dagli anni Sessanta, con l’introduzione del sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points, in italiano “Analisi del rischio e punti critici di controllo”).

Che cos’è l’HACCP

Messo a punto negli Stati Uniti negli anni Sessanta, l’HACCP è un sistema di autocontrollo alimentare standardizzato che ha lo scopo di assicurare igiene e sicurezza analizzando i rischi che caratterizzano tutte le fasi di gestione degli alimenti: preparazione, trasformazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita e somministrazione.
In Europa l’HACCP diventa uno standard di legge solo nel 1993 con la Direttiva CE 43/1993, che l’Italia recepisce nel 1997 con il Decreto Legislativo 155/1997, successivamente abrogato e sostituito dal D. Lgs. 193/2007 il quale, seguendo le linee guida del regolamento europeo (Reg. CE 852/2004), precisa le modalità di applicazione del sistema HACCP e le tematiche della sicurezza alimentare. La diffusione dell’HACCP ha contribuito in modo fondamentale al miglioramento dell’educazione igienicoalimentare e della consapevolezza degli operatori e dei consumatori. Si fonda sostanzialmente sul principio dell’autocontrollo, ovvero impone alle aziende di darsi delle regole sulla base dei propri e peculiari processi lavorativi per evidenziarne i rischi potenziali, programmare le misure preventive e le eventuali azioni correttive per essere sicuri di proporre ai clienti cibi sani e sicuri. Questo metodo permette ai professionisti del settore di avere una conoscenza completa dei rischi che gli alimenti possono rappresentare per il consumatore e delle procedure da attuare per prevenirli e rende trasparenti i processi che avvengono nelle aziende.

 >> pagina 346 

Come si redige un piano HACCP

La redazione del piano HACCP è obbligatoria per tutte le aziende che producono, manipolano e somministrano prodotti alimentari, dai distributori automatici di bevande calde agli hotel di lusso.
Il principio di autocontrollo rappresenta pienamente il principio di trasparenza che caratterizza l’HACCP, poiché porta gli addetti del settore a descrivere tutte le informazioni che possono essere utili alla prevenzione dei possibili pericoli per la salute dei clienti: dalle caratteristiche degli ambienti e delle attrezzature ai sistemi di smaltimento dei rifiuti.

Le fasi
Il piano di autocontrollo viene generalmente redatto da una squadra (HACCP Team) costituita da dipendenti dell’azienda (almeno uno) coordinati da un referente tecnico esterno che dovrà formare il personale. La squadra interna costituisce un nucleo di persone direttamente interessate che hanno le competenze necessarie per monitorare l’operatività del piano HACCP negli anni successivi.
I capiservizio (chef, maître o barman, oppure anche il titolare stesso dell’azienda) illustrano dettagliatamente tutti i processi di manipolazione alimentare all’esperto che si occuperà della redazione tecnica del piano di autocontrollo.
Il team prende in esame tutti gli aspetti che potrebbero causare pericoli alla salute dei clienti (Hazard Analysis, analisi dei rischi) creando dei  diagrammi di flusso che evidenzino chiaramente i percorsi degli alimenti dal loro arrivo in magazzino, passando per le aree di produzione (cucine) e di vendita (sale, bar) e terminando con la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
A questo punto si definiscono i CCP (Critical Control Points, punti critici di controllo), cioè i punti del processo per i quali è possibile stabilire dei parametri di valutazione della sicurezza igienica, come la temperatura dei frigoriferi (min 2 °C, max 8 °C) o la carica batterica presente su un tagliere da cucina (indicando i livelli massimi ammissibili).
Una volta definiti i punti critici e le procedure di controllo da applicare a quei passaggi (per esempio la verifica giornaliera delle temperature dei frigoriferi), è necessario descrivere anche le eventuali azioni correttive in caso di criticità (per esempio se la temperatura di un frigorifero risultasse non adeguata, occorre controllare il funzionamento del termostato).
Lo scopo della redazione di un piano operativo di autocontrollo è quello di garantire a se stessi (in quanto professionisti) e agli altri (in quanto consumatori) il massimo della trasparenza e della sicurezza igienica.

 >> pagina 347 

ESEMPIO PRATICO DI UNA PROCEDURA La sicurezza igienica nel trancio delle carni crude

Per capire meglio quali sono le fasi di redazione del piano di autocontrollo, vediamo per esempio la procedura per la sicurezza igienica riferita ai taglieri usati per il trancio delle carni crude.

FASE 1
Redazione del sistema operativo
Attraverso la stesura dei diagrammi di flusso viene illustrato il percorso della carne cruda dalla cella frigorifera alla zona di preparazione fredda (garde manger), dove verrà sezionata su un tagliere con un coltello da macellaio (boucher).

FASE 2
Definizione dei CCP e delle procedure di controllo
Il punto di controllo viene individuato nel taglio della carne sul tagliere, le modalità di verifica consistono in un tampone che deve essere passato sul tagliere e sul coltello prima e dopo il taglio della carne. Il tampone viene spedito agli organi competenti (ASL), che provvedono alle analisi al fine di verificare la carica batterica al momento del prelievo, che deve essere al di sotto della soglia critica stabilita.

FASE 3
Definizione delle azioni correttive
Se la carica batterica è al di sotto della soglia critica, allora le pratiche di pulizia e sanificazione sono corrette. Se la carica batterica supera la soglia critica significa che è necessario rivedere la prassi igienica, per esempio cambiando i detergenti e/o i disinfettanti utilizzati, aumentando la temperatura dell’acqua e/o la durata del ciclo di lavaggio. Una volta apportate queste correzioni alle pratiche di pulizia e sanificazione è necessario effettuare nuovamente il tampone: se la carica batterica risulta adesso nei limiti, i processi igienici nel piano di autocontrollo verranno modificati.

Protagonisti in Cucina
Protagonisti in Cucina
Corso di enogastronomia per il secondo biennio e il quinto anno