IL CACAO E IL CIOCCOLATO

IL CACAO E IL CIOCCOLATO

“Inventato” circa 3000 anni fa dalle civiltà precolombiane del Centro America che lo consideravano “cibo degli dei”, il cioccolato fu importato nel Vecchio Continente dai conquistatori spagnoli. Gelosamente custodito nelle corti spagnola prima e francese poi, fu inizialmente considerato una medicina: sappiamo oggi che non avevano tutti i torti, visto che, oltre a contenere teobromina e caffeina (due sostanze ad azione nervina), il cioccolato fondente ha numerose azioni positive sul nostro corpo.
Usanza molto apprezzata dai reali, offrire la cioccolata, ancora molto cara, diventò ben presto uno status symbol, un’abitudine elegante: prima di tutto nel Regno delle Due Sicilie, a Napoli e in Sicilia dove si moltiplicarono le piccole botteghe di speziali preparatori di delizie.
Non a caso, ancora oggi troviamo qui laboratori artigianali che preparano la cioccolata con l’antica tecnica spagnola.
Ma il cioccolato era destinato alle grandi masse: il suo gusto, le sue caratteristiche stimolanti, la sua influenza sull’umore e il suo valore simbolico, strettamente legato alla seduzione e ai piaceri della vita, sono apprezzati da tutti. Non solo: alcune preparazioni, come la pralinerie d’autore, hanno mantenuto il prestigio di una volta e costituiscono un regalo sempre apprezzato.

Dal cacao al cioccolato

Vediamo alcuni dettagli della produzione del cacao e della sua lavorazione.

La lavorazione dei frutti
  • La raccolta: i frutti, chiamati cabosse, grandi come meloni, sono staccati dai tronchi e aperti a colpi di machete; da qui si estraggono 30-40 semi chiamati fave, avvolti in una mucillaggine biancastra fatta di zuccheri.
  • La fermentazione: è un processo che elimina la polpa residua dei frutti e riduce il sapore amaro e astringente delle fave promuovendo lo sviluppo degli oli essenziali. Le fave sono ammassate in tinozze di legno, in cesti o in foglie di banano e messe sotto terra; così, la temperatura resta sui 40-50 °C, alimentata dalla fermentazione degli zuccheri che si trasformano in acidi (soprattutto lattico e acetico). Dopo 3- 5 giorni, a fermentazione avvenuta, batteri e lieviti iniziano a produrre i precursori dei 500 aromi presenti nel cacao. Per ottenere una buona fermentazione, le fave vanno rimestate quotidianamente.
  • L’essiccazione: di solito si ha stendendo le fave al sole su graticci o speciali “cassettoni”, così da poterle rapidamente ritirare al coperto in caso di pioggia. Altrimenti sono messe in enormi stanze sottoposte a flussi d’aria calda. Così le fave perdono la metà circa del loro peso: col nome di cacao verde, sono insaccate nella iuta e spedite agli importatori.
  • La tostatura: le fave sono tostate come si fa con i semi del caffè per eliminare l’umidità residua. Di solito si riscaldano in modo diverso secondo il prodotto finale voluto: per il cacao in polvere rimangono 1-2 ore a 115-120 °C; per il cacao da cioccolato 70-130 min a 105 °C. Una cottura eccessiva può aumentarne l’acidità e l’astringenza, rendendo la produzione difettosa.
  • La triturazione o molitura: le fave torrefatte passano attraverso una serie di cilindri che le riducono in polvere. Poiché contengono il 50-60% di materia grassa (il cosiddetto burro di cacao), sono ridotte in pasta che per effetto del calore e della macinazione resta fluida. È la cosiddetta massa o pasta di cacao o liquore di cacao che può prendere due strade diverse: una porta a produrre il cacao in polvere, l’altra al cioccolato.

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CIOCCOLATO E SALUTE

Il cioccolato è noto soprattutto per i suoi effetti stimolanti, dovuti alla teobromina (0,6-1,8% in peso) e alla caffeina (0,02-0,06% in peso), due alcaloidi naturali che stimolano il sistema nervoso provocando, fra l’altro, l’aumento del battito cardiaco, l’afflusso di sangue ai muscoli, la riduzione di afflusso sanguigno a pelle e organi interni e il rilascio di glucosio dal fegato. La quantità di queste sostanze varia con la qualità del cacao usato e con il tipo di lavorazione a cui è sottoposto, ma in media una barretta di cioccolato fondente da 100 g contiene 600-1800 mg di teobromina e 20-60 mg di caffeina. Ma contiene anche altre sostanze che incidono sulla nostra salute: ferro, fosforo, potassio e quasi 300 mg di magnesio per 100 g, che fanno del cioccolato una delle fonti alimentari più ricche di questo minerale.
Non solo: il cioccolato è ricco di flavonoidi, antiossidanti naturali che svolgono un’azione protettiva sulle arterie contribuendo a prevenire l’aterosclerosi, l’infarto e l’ictus. Inoltre, consumare piccole quantità di cioccolato fondente (il latte azzera tutte qualità del cacao!) può contribuire a ridurre l’ipertensione. Infine il cioccolato ha un effetto antinfiammatorio.
Il cioccolato è sconsigliato a chi soffre di osteoporosi e di demineralizzazione ossea e a chi soffre di patologie a carico dell’apparato digerente (per esempio l’ernia iatale, il reflusso gastroesofageo e la gastrite).
Infine, bisogna sempre tener presente il carico energetico: il cioccolato al latte e quello bianco non svolgono l’azione dovuta ai flavonoidi e sono caratterizzati da un potere energetico 10-15% più elevato del cioccolato fondente. Come non bastasse, contengono piccole quantità di colesterolo, che il cioccolato fondente non ha.

La lavorazione del cacao
La massa di cacao viene filtrata a pressione in modo da separare il burro di cacao, una sostanza grassa di colore bianco giallastro, dal pannellola parte polverizzata che costituisce il cacao in polvere. Sgrassando ulteriormente il cacao in polvere si ottiene il cacao magro.
  • L’aggiunta di lecitina: la lecitina di soia è un emulsionante naturale che promuove l’emulsione dei grassi nei liquidi ancora presenti in tracce nel cacao; viene aggiunta al pannello e ne abbassa la viscosità aumentando la fluidità del preparato che può essere lavorato con maggior facilità. Al posto della lecitina di soia si possono usare altre lecitine (per esempio quella di mais), ma il risultato è sicuramente diverso.
  • Il concaggio: è un’operazione importante, da cui dipendono la pastosità, la rotondità e il gusto vellutato della cioccolata, ma anche la durezza e la brillantezza esterna, una volta che si sia consolidata. A livello industriale avviene in conche speciali (da qui il nome) a temperatura controllata di 40 °C, dove alcuni bracci rimescolano e amalgamano tutti gli ingredienti: cacao, latte, zucchero, vaniglia, nocciole… tutto ciò che si vuol mettere nella cioccolata per renderla squisita. Questa procedura varia da paese a paese: secondo Rudolph Lindt, il suo inventore, il processo doveva durare 72 ore.
    In pasticceria, il cioccolato va fuso verificando che non si superino mai i 53 °C, perché si rischierebbe la separazione della sostanza grassa e l’irrimediabile danneggiamento del prodotto. Lavorare a bagnomaria rimane la soluzione migliore; qualcuno preferisce il microonde, ma bisogna fare molta attenzione al numero dei secondi impostati nel timer.
  • Il temperaggio: la cioccolata viene lavorata da una macchina temperatrice che la porta dai 40 °C del concaggio ai 28 °C per poi farla tornare a 31 °C (nel caso del fondente; le temperature per il cioccolato al latte o bianco sono leggermente diverse). In questo modo, la cristallizzazione del burro di cacao è tale che, una volta prodotta, la tavoletta può resistere al calore, avere un aspetto lucido senza gli antiestetici aloni biancastri e produrre il classico “schiocco” quando viene spezzato. In pasticceria, il temperaggio si ottiene anche versando il cioccolato fuso su un tavolo da lavoro e continuando a spatolare abbassando la temperatura finché non raggiunge i 30 °C circa. Si consiglia di non versare tutto il cioccolato sul tavolo da lavoro ma solo i 2/3 del totale, lasciando 1/3 nella bowl di fusione, per aggiungerlo successivamente.
  • Il modellaggio: il prodotto fluido viene versato in stampi di metallo o di legno appoggiati su nastri in movimento che, vibrando, eliminano eventuali bolle d’aria e rendono il prodotto perfettamente uniforme. Lasciandolo raffreddare, si ottengono le tavolette. In pasticceria, la forma al cioccolato si dà versandolo negli stampi di policarbonato per cioccolatini o nei mezzi gusci per le uova di Pasqua, lasciandolo poi raffreddare: durante la solidificazione, il cioccolato tenderà a restringersi permettendo all’aria di infiltrarsi facilitando il distacco dallo stampo.
    In commercio si trovano stampi di ogni tipo e formato e c’è anche la possibilità di personalizzarli, modellando il silicone su un oggetto qualsiasi: l’importante è che la superficie dello stampo sia completamente liscia.

Protagonisti in Cucina
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Corso di enogastronomia per il secondo biennio e il quinto anno