La cucina del XX secolo

La cucina del XX secolo

Prosegue nel XX secolo quella corsa all’innovazione tecnologica che ha caratterizzato il periodo precedente, portando ulteriori novità che facilitano le lavorazioni in cucina e in ambito alimentare. Fra gli elementi più evidenti della riforma della cucina avviata in Francia nei primi decenni del Settecento vi è il cambiamento della struttura del pranzo: dal servizio “alla francese”, in cui tutti i piatti sono presentati contemporaneamente come durante il Rinascimento si passa, infatti, al servizio “alla russa”, in cui i piatti giungono in tavola uno dopo l’altro, secondo un preciso ordine.
L’aumento generalizzato del benessere economico derivante dall’industrializzazione porta un cambiamento sostanziale anche nell’alimentazione quotidiana: aumenta il consumo di latticini, zucchero e carni, a discapito di quello dei cereali e dei loro derivati; il pesce, considerato cibo comune o povero nelle località costiere, diventa un lusso per chi si è spostato nelle città. E il cibo assume un nuovo valore simbolico: è un aspetto dell’agiatezza che le famiglie hanno raggiunto abbandonando le campagne e integrandosi, ormai del tutto, nella vita delle città.
L’evoluzione gastronomica è testimoniata da varie pubblicazioni: fra tutte ricordiamo la comparsa, in Francia, della Guida Michelin (1900) destinata a illustrare ai viaggiatori a quattro ruote – che con l’affermarsi dell’automobile a benzina stanno aumentando progressivamente – le caratteristiche dei ristoranti di qualità presenti sul territorio. Nello stesso periodo, in Italia esce La nuova cucina delle specialità regionali (1909) dove, per la prima volta, sono raccolte le principali ricette delle diverse regioni. Questo processo viene interrotto dal succedersi, in uno spazio di tempo relativamente breve, di due guerre mondiali che mettono in ginocchio l’economia europea e, con essa, anche la gastronomia: il cibo disponibile è poco, razionato, e non permette di fare granché. Si dovrà aspettare la metà del secolo perché il cosiddetto boom economico, con la ricchezza di prodotti d’ogni genere e la facilità di spostamenti, porti a riscoprire l’entusiasmo di creare qualcosa di nuovo in cucina.
Dopo la Seconda guerra mondiale, anche le abitazioni comuni hanno una cucina sempre più fornita di accessori che aiutano ad accelerare i tempi di lavorazione. La nuova organizzazione della famiglia cittadina porta a ridurre i tempi destinati alla lavorazione degli alimenti e piatti come la polenta, i legumi, le frattaglie, che richiedono una lunga preparazione, vengono sostituiti dalle fettine di bovino, dai petti di pollo, dalle verdure saltate o dai primi piatti.
L’editoria culinaria segue questo fenomeno proponendo ricettari accessibili a tutti e compare anche l’attenzione per la dimensione dietetica della cucina. Il cucchiaio d’argento entra in tutte le case, proponendo uno stile “classico” che assimila anche le tradizioni regionali, adattando al gusto italiano le proposte più internazionali della cucina europea.
Contemporaneamente, Orio Vergani, scrittore e giornalista, fonda l’Accademia italiana della Cucina con l’intento di preservare la cultura gastronomica regionale, patrimonio culinario nazionale, dall’invadente influenza statunitense che, dopo il secondo conflitto mondiale, sta orientando le più importanti industrie alimentari.
In Francia la cucina si rinnova: un mutamento radicale trasforma non tanto la dieta o le tecniche di cottura, quanto il gusto ricercato nei piatti. L’esagerare con le spezie, con i sapori forti, ibridi e artificiosi, è sostituito dalla riscoperta degli aromi freschi, dalla valorizzazione dei confini netti dei sapori: «la zuppa di cavolo deve sapere di cavolo, quella di cipolla deve sapere di cipolla…». Verrà chiamata Cuisine moderne, o Nouvelle Cuisine, o cucina borghese. È promossa da un gruppo di cuochi che puntano su nuove combinazioni di piccole quantità di cibi, presentate artisticamente in piatti di dimensioni superiori al normale, guarniti dagli stessi ingredienti delle ricette. Ha un successo mondiale.
In questa seconda metà di secolo, anche in Italia si sviluppa la grande distribuzione che segna la progressiva riduzione del numero di piccole botteghe alimentari e di drogherie presenti sul territorio. Si aprono le porte all’influenza della pubblicità sulle scelte alimentari della popolazione: si tende sempre più a preferire la “quantità a poco prezzo” alla “qualità costosa”, gli alimenti “esotici” importati da altri continenti a quelli “banali” del proprio territorio, i prodotti “fuori stagione” a quelli della tradizione contadina, l’aspetto estetico e l’apparenza alla sostanza. Nei decenni successivi, queste  scelte porteranno effetti disastrosi sulla salute media della popolazione.
Verso la fine del secolo, però, una nuova crisi economica interviene a modificare ancora una volta le abitudini alimentari degli italiani. Sulle tavole tornano prodotti meno pregiati (cereali e derivati, legumi secchi, carni bianche e pesce azzurro) che erano stati dimenticati. Fra gli anni Ottanta e Novanta, le forti restrizioni economiche stimolano la riscoperta dei piatti tradizionali, o la produzione di nuove ricette a essi ispirate, che propongono un nuovo e diverso impiego di prodotti locali. Rinasce anche l’attenzione per la forma fisica e la salute: una parte sempre più importante della popolazione “si mette a dieta”, per contrastare gli effetti devastanti dell’alimentazione industrializzata che a sua volta cavalca il fenomeno sviluppando nuovi prodotti alimentari a basso contenuto di grassi e di zuccheri (light, diet ecc.), ancora più artificiali e, spesso, ancor più dannosi.
La popolazione, però, è cambiata molto dall’inizio del secolo: il crollo demografico e l’invecchiamento portano all’aumento considerevole delle famiglie senza bambini e delle persone sole. Si tende sempre più spesso a consumare il pranzo fuori casa e anche le aziende preferiscono offrire ai dipendenti buoni pasto da spendere in esercizi ristorativi o negozi alimentari convenzionati piuttosto che sobbarcarsi l’organizzazione di una mensa. Ciò porta a un aumento delle forme di ristorazione veloce, informali, che offrono menu attenti all’apporto nutrizionale ed energetico dei piatti, a prezzi contenuti.
Accanto ai bar e ai locali ristorativi tradizionali si sviluppano nuove forme di cucina: le paninoteche e i locali mutuati dalla tradizione anglosassone ormai globalizzata, come i fast food e i take away, che offrono sapori “esotici”, spesso estranei all’eredità gastronomica locale, a prezzi contenuti.
Le cose sono molto diverse anche in cucina: la tecnologia permette a pochi addetti di preparare un gran numero di piatti, mentre la globalizzazione del mercato offre continuamente ingredienti provenienti da tutto il mondo. Nelle imprese ristorative come nelle famiglie si usano semilavorati e precucinati, spesso disponibili anche in monoporzioni: la velocità diventa un fattore importante e l’uso del microonde entra nelle consuetudini, così come i sistemi di cottura al vapore o sottovuoto. 

CALENDARIO DEGLI EVENTI NEL XX SECOLO

1913

Negli USA viene commercializzato il frigorifero.

1922

Stephen J. Poplawski inventa il frullatore, che inizierà a diffondersi nelle case solo nel 1937.

1930

Negli USA si apre il primo supermercato della storia (King Kullen).

1933-
1945

La liofilizzazione viene sviluppata per poter trasportare il plasma sanguigno ai feriti dagli Stati Uniti all’Europa.

1947

Negli USA viene prodotto il primo forno a microonde commerciale, secondo il brevetto elaborato da Percy Spencer.

1957

A Milano si apre il primo supermercato d’Italia (Esselunga).
La televisione italiana inizia la trasmissione Carosello, spettacolo di annunci pubblicitari.

1959

Gabriel Lluelles, spagnolo, della ditta PIMER (Pequeñas Industrias Mecánico Eléctricas Reunidas) inventa il frullatore a immersione, oggi diffusamente noto come “minipimer”.

Protagonisti in Cucina
Protagonisti in Cucina
Corso di enogastronomia per il secondo biennio e il quinto anno