I diversi sistemi di pesca

I diversi sistemi di pesca

La pesca è stata un’attività essenziale per la sopravvivenza del genere umano fin dalla preistoria.
Oggi le tecniche sono mutate, anche se amo e lenza sopravvivono ancora: come in ogni aspetto della nostra vita, il progresso tecnologico offre attrezzature sempre più elaborate, in grado di migliorare condizioni e risultati del lavoro. Vediamo quali sono i metodi di pesca più usati.

Pesca artigianale
Si pratica in acque dolci o salate per mezzo di imbarcazioni non superiori a 10 tonnellate di stazza lorda che non possono lavorare oltre il limite delle 20 miglia dalla costa. Questo tipo di pesca impiega diversi strumenti “passivi”, che catturano il pesce che vi si imbatte per caso. Fra tutti, il più usato è la rete da posta, oggi fabbricata con materiali sintetici che in acqua diventano quasi invisibili. È fatta da 3 pezze di rete rettangolari legate a due lime: una superiore con i galleggianti e una inferiore con i piombi, in modo da assumere in acqua una posizione verticale. Si distinguono in:
  • reti fisse, ancorate al fondo marino (a fondo o a mezz’acqua);
  • reti derivanti, in balìa delle correnti, con un’estremità legata a un galleggiante e l’altra alla barca;
  • reti circuitanti, calate in modo da circondare un banco di pesci.
Per la struttura si distinguono in:
  • reti da ammagliamento, dove il pesce resta sempre più impigliato quanto più si muove. La più diffusa è il tremaglio, chiamata così perché fatta da 3 strati a maglie diverse: le due reti esterne hanno maglie più grandi di quella interna e il pesce che attraversa una rete si “insacca” in quella interna. Queste reti, che non rovinano l’ambiente, sono usate soprattutto per catturare pesce ad alto valore commerciale;
  • reti da imbrocco, dove il pesce resta incastrato senza poter andare né avanti né indietro.
    Esse differiscono l’una dall’altra per la grandezza delle maglie (da 50 mm di lato per la pesca del pesce azzurro a oltre 330 mm per il pesce spada) e prendono il nome dal pesce per cui sono specificamente usate: sogliolaretrigliare, nasellare ecc. Le spadare per il pesce spada, derivanti e superficiali, sono oggi proibite dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea perché possono catturare specie protette (tartarughe e cetacei) e causare incidenti nautici.
Oltre alle reti, per la pesca artigianale si usano i palangari o palàmiti: “grappoli” di lenze (i braccioli) che a un'estremità hanno un amo con un'esca mentre all'altra estremità questi "grappoli" di lenze sono legati ad un cavo (trave) comune.
Questo tipo di pesca è uno dei più selettivi, ma ormai poco diffuso per il costo delle esche e per il lungo tempo necessario alla preparazione.
Si usa soprattutto per pescare specie che preferiscono vivere sul fondo (pagelli, rombi, rane pescatrici, razze, saraghi, seppie).
Le nasse sono vere e proprie trappole fatte di giunchi, vimini o rete di forma diversa a seconda delle zone di pesca e del tipo di pesce da catturare.
Tutte hanno una bocca d’ingresso a imbuto: l’animale, attirato dall’esca all’interno, entra e non è più in grado di uscire. Si usano soprattutto per molluschi e crostacei.

 >> pagina 269 
Pesca a strascico
È un modo “attivo” di pescare, adatto soprattutto a zone costiere di mari e oceani: uno o due pescherecci di grande potenza trascinano una grande rete a forma prevalentemente conica.
Alcuni elementi tengono aperta la base della rete (bocca), altri la tengono a contatto col fondo e smuovono i sedimenti stanando il pesce. Nella “punta” della rete (sacco) si accumula il pescato: tirata in barca la rete, il sacco si apre e si seleziona ciò che è stato raccolto. Questo tipo di pesca serve soprattutto per naselli, pagelli, triglie, pesci piatti (sogliole, rombi, razze), bivalvi (telline, vongole ecc.), seppie e calamari.
Il tipo più comune di rete a strascico è la paranza; il rapido, più piccolo, ha la bocca con un’intelaiatura di ferro armata di denti che penetrano nel fondale.

UN GRAVE PROBLEMA AMBIENTALE

La pesca a strascico ha un pesante impatto sull’ambiente marino: le reti distruggono o asportano tutto ciò che incontrano, specie commerciali e specie protette, adulti e giovani, lasciandosi dietro un ecosistema devastato che ha tempi di recupero molto lunghi. Per evitare tutto questo, vari paesi come l’Italia hanno deciso di vietarla entro le 3 miglia marine dalla costa e a meno di 50 m di profondità. Tuttavia, poiché resta molto difficile controllare l’attività di pesca in mare, sono state escogitate anche alcune tecniche dissuasive:
– in aree di particolare interesse biologico sono stati affondati grandi blocchi di cemento, armati di ganci d’acciaio in grado di danneggiare seriamente la rete. Queste barriere artificiali proteggono la zona di divieto e servono da supporto agli organismi, con conseguenze positive anche per la pesca;
– durante la riproduzione delle principali specie di pesce sono stati istituiti periodi di fermo biologico in cui la pesca a strascico è vietata del tutto e dovunque.
Questo permette agli animali di ripopolare l’ambiente. La legge che stabilisce questi periodi di fermo, introdotta nel 1988, viene attuata in modo diverso a seconda delle aree marine interessate.
Negli ultimi anni, diverse associazioni che hanno a cuore la tutela dei nostri mari – e tra queste anche Slow Food – hanno portato avanti un complesso lavoro di informazione dei pescatori, sensibilizzandoli sulla necessità di una pesca più sostenibile, in grado di preservare il numero di specie ittiche messe già alla prova anche da condizioni climatiche in continuo cambiamento e dall’inquinamento delle acque.

 >> pagina 270 
La pesca pelagica
Si pratica in alto mare, con grandi pescherecci che affrontano gli oceani o con imbarcazioni di piccola/media stazza come quelle attive nel Mediterraneo. Per questo tipo di pesca si usano vari tipi di rete; fra queste, le reti a circuizione servono a catturare interi banchi di pesci: dalle sardine, agli sgombri, fino ai tonni. In Italia, il peschereccio attira con forti luci (lampare) il banco di pesci e poi getta la rete tutta intorno: lunga fino a 800 m e alta fino a 120 m, una volta circoscritto il banco viene chiusa inferiormente e tirata lentamente a bordo finché i pesci non possono essere recuperati con mezzi meccanici. Reti simili (tonnare) sono usate anche per la pesca dei tonni.
Per la pesca pelagica si usano anche reti pelagiche volanti, chiamate così perché sono trainate da 1-2 imbarcazioni in modo che restino in superficie, a mezz’acqua, o che sfiorino appena il fondo, secondo il tipo di pesce da catturare. Si usano per pescare soprattutto pesci di piccole-medie dimensioni come sgombri, sardine, alici, sarde e aguglie.
I grandi pesci d’alto mare si catturano pure con palangari adatti, costituiti da una trave lunga anche centinaia di metri a cui sono attaccati braccioli dotati di innumerevoli ami, di varie forme e dimensioni, mascherati da esche specifiche per il pesce voluto.

Pesca dei molluschi
Si praticano tecniche diverse a seconda del tipo di mollusco. Per catturare lamellibranchi o bivalvi che vivono immersi nei fondali sabbiosi, si usano due tipi di strumenti:
  • le draghe idrauliche sono imbarcazioni con un sistema idraulico che penetra nel fondo e aspira, avanzando, tutto ciò che incontra. Sulla barca, potenti getti d’acqua separano i molluschi da sabbia e fango. Sono gli strumenti più usati in Italia e servono soprattutto per raccogliere vongole, fasolari e cannolicchi;
  • i rastrelli, che staccano e trattengono i molluschi dal fondo, sono di vario tipo e possono essere trainati a mano o da piccole imbarcazioni (massimo 10 tonnellate di stazza lorda). Quelli a mano sono usati per la pesca a riva di telline e vongole.
Per catturare i calamari, animali pelagici che nuotano in banchi, si usano reti a strascico e a circuizione. Per le seppie che prediligono i fondali sabbiosi si usano reti a strascico e nasse. I polpi, amanti dei fondali rocciosi, sono catturati con lenze, ami ed esche (polpara), o, sfruttando la loro abitudine a rintanarsi in oggetti come anfore o barattoli, si usano le nasse. 

 >> pagina 271 
Pesca in laguna
È destinata a catturare specie pregiate di pesci come le spigole, le orate, le anguille o i cefali durante le loro migrazioni stagionali dalle acque dolci al mare. Si pratica con i lavorieri, sbarramenti che permettono di intercettare i pesci ormai adulti sulla loro via verso il mare. Un altro strumento molto usato è il bertovello, una nassa di rete fatta a camere coniche una dentro l’altra: mimetizzata nella vegetazione lagunare, non viene riconosciuta dal pesce che, una volta entrato, può muoversi solo verso l’interno rimanendo intrappolato.
Anche in laguna è importante scegliere il giusto sistema di pesca per la specie che si vuole catturare ed è obbligatorio rispettare il fermo pesca che, per legge, vieta ogni attività di cattura in un preciso periodo dell’anno durante il quale la specie ittica si riproduce.

L’allevamento ittico
Per la produzione di alcune specie ittiche si può puntare anche sull’acquacoltura: già Fenici, Etruschi e Romani avevano elaborato sistemi di vasche in cui allevare o far sopravvivere i pesci destinati ai banchetti; dopo un paio di millenni, le aziende moderne hanno riscoperto questo settore che è in continua espansione. Anche in Italia oggi esiste un gran numero di impianti che, grazie anche alle moderne tecniche di fecondazione artificiale per la produzione di avannotti, garantiscono al mercato un rifornimento sicuro e costante di pesci, molluschi e crostacei, fatti crescere in vasche artificiali o in bacini naturali di aree marine, lacustri o fluviali.

 >> pagina 272 

LA PESCA SOSTENIBILE

Con l’espressione “pesca sostenibile” si intende un tipo di pesca responsabile, ovvero, basata sul prelievo di solo ciò che realmente serve garantendo così la sopravvivenza delle specie e di conseguenza dimostrando rispetto per l’ambiente marino e per l’economia ittica a favore di chi svolge quest’attività. In questo modo vengono evitati inutili sprechi e si tutelano anche le generazioni future. Con la certificazione MSC1inoltre, le attività di pesca sono soggette a controlli ricorrenti e sono tenute a continui miglioramenti.
La pesca sostenibile, dunque, si basa su tre punti fondamentali: riduzione dell’impatto ambientale, stock ittici sostenibili ed efficace gestione di pesca, in quanto, come appena accennato, le attività certificate MSC hanno l’obbligo di rispettare determinate norme.

Il problema degli scarti
La pesca accidentale di specie non desiderate e, quindi, di un pescato di quantità maggiore rispetto al necessario è alla base della problematica degli scarti. Tale questione di interesse mondiale è una delle più gravi a carico dell’ambiente, in quanto catturando pesci che non abbiano neanche raggiunto la maturità riproduttiva vengono danneggiati sia l’ecosistema marino sia gli stock di interesse commerciale. Questo fenomeno è definito bycatch2.

Il “pesce dimenticato”
Si parla del cosiddetto “pesce dimenticato” quando si vuol far riferimento a quelle specie ittiche che, pur presentando un ottimo valore nutrizionale, vengono accantonate a favore di altre maggiormente richieste, causando così uno sfruttamento eccessivo di quest’ultime con la loro conseguente scomparsa. Sarebbe bene, dunque, che uno chef proponesse nei propri menu anche queste tipologie di pesce solitamente messe da parte, contribuendo a salvaguardare l’habitat marino e a sostenere un tipo di pescato sostenibile.

La nuova etichetta del pesce fresco
Dal 13 dicembre 2014 un nuovo regolamento europeo stabilisce le norme riguardanti le informazioni che devono essere apportate sulle etichette degli alimenti. Devono essere indicati dati come il luogo di pesca, l’attrezzo utilizzato per la pesca, i tempi di conservazione, il nome scientifico e il nome comune del prodotto, il costo dell’alimento e il metodo di produzione; nel caso di prodotti trasformati le etichette devono contenere informazioni come l’elenco degli ingredienti, i valori nutrizionali e le modalità di conservazione.

 ALCUNI PRODOTTI ITTICI SOSTENIBILI E NON SOSTENIBILI
Prodotti ittici sostenibili
Prodotti ittici non sostenibili
Gamberi tropicali (Indocina) Cozza (Mediterraneo)
Pesce spada (Mediterraneo/oceani) Gallinella (Mediterraneo)
Bianchetti (Mediterraneo) Sardina (Mediterraneo)
Astice (Adriatico) Sugarello (Mediterraneo)
Granchio (Mediterraneo/Adriatico) Vongola (Mediterraneo)
Merluzzo: baccalà e stoccafisso (Atlantico)  

Protagonisti in Cucina
Protagonisti in Cucina
Corso di enogastronomia per il secondo biennio e il quinto anno