La cucina del Rinascimento

La cucina del Rinascimento

A partire dalla fine del Trecento si torna progressivamente a una cucina artificiosa, che tende soprattutto a nascondere i sapori naturali, quasi a voler riportare tutti i cibi a un unico sapore “ideale”. L’influenza medievale si sente ancora, per esempio nell’uso di condimenti agrodolci, ma l’alta cucina rinascimentale si distingue per nuovi metodi di preparazione e ricchezza di ingredienti. Carni (soprattutto vitello, che occupa un posto di rilievo nei menu dell’epoca) frollate a lungo e cotte ripetutamente; piatti di pesce o carne affogati nell’acqua di rose, nelle spezie, nello zucchero, nelle salse più complicate; ingredienti nascosti alla vista: in questo periodo si sviluppa l’idea di avvolgere le carni in croste di pane e nascono le prime paste ripiene, antesignane dei tortellini. Nascono anche i vermicelli, conditi con uvetta o burro e sale, e le minestre a base di brodo o latte, riso e cereali. Con lo zucchero, ingrediente ancora di lusso, si producono le prime confetture e marmellate e la pasticceria sviluppa ricette di torte e pasticcini. Genova diventa famosa per le sue gelatine di frutta e a Venezia si usa lo zucchero prodotto in zona per creazioni di confetteria e pasticceria, o per fare sculture ornamentali destinate ai banchetti.
L’effetto visivo dei piatti assume un’importanza maggiore del contenuto: nei banchetti, la presentazione dei piatti diventa essenziale e il pasto-spettacolo diviene l’icona della cucina del Rinascimento. Sulle tavole dei potenti, enormi quantità di cibo sono servite in modo sontuoso, su stoviglie in argento e oro finemente decorate. La magnificenza del servizio e lo spreco delle vivande diventano una caratteristica irrinunciabile per mostrare la propria agiatezza.
Ma le novità di questo periodo sono davvero tante. Dopo la scoperta delle Americhe, arrivano in Europa nuovi ingredienti, molti dei quali, però, sono guardati con sospetto e destinati per lungo tempo all’alimentazione animale prima di essere ammessi in cucina: le patate e il mais, per esempio, si affermeranno solo nel Settecento, dopo che numerose carestie avranno ridotto i contadini alla fame. Lo stesso accade al pomodoro, usato solo come pianta ornamentale per lungo tempo: il suo impiego in cucina sarà generalizzato solo nel periodo napoleonico. D’altra parte, perché questi ingredienti sconosciuti possano entrare a far parte della cucina europea bisogna che le nuove piante superino il “trasloco”, adattandosi a un ambiente diverso ed entrando gradualmente nelle normali procedure agricole.
Miglior sorte ha il cacao, l’oro degli Indios (che ne usavano i semi come moneta fino alla fine del Settecento) e che viene importato come tale dalle zone di produzione: le prime manifatture di cioccolato appaiono in Spagna già alla fine del Cinquecento e nonostante le lavorazioni siano coperte da segreto, la passione per questa delizia si diffonde rapidamente. A metà Seicento, la nobiltà e i ricchi di Italia, Francia, Austria e Inghilterra si concedono il lusso della cioccolata in tazza e, al ridursi del prezzo della materia prima, questa bevanda diviene popolare, servita in locali dedicati.
Nella gerarchia delle persone di servizio delle case aristocratiche, chi cucina è ancora poco considerato, anche se il suo ruolo si sta modificando rapidamente.

Protagonisti in Cucina
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Corso di enogastronomia per il secondo biennio e il quinto anno