La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case di Stefano Benni

La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case


di Stefano Benni (autore italiano contemporaneo)

Il nostro quartiere si chiama Manolenza, entri che ce l’hai ed esci senza. Senza cosa? Senza autoradio, senza portafogli, senza dentiera, senza orecchini, senza gomme dell’auto.

Anche le gomme da masticare ti portano via se non stai attento: ci sono dei bambini che lavorano in coppia, uno ti dà un calcio nelle palle, tu sputi la gomma e l’altro la prende al volo. Questo per dare un’idea.

In questo quartiere sono nati Pronto Soccorso e Beauty Case. Pronto Soccorso è un bel tipetto di sedici anni. Il babbo fa l’estetista di pneumatici, cioè ruba gomme nuove e le vende al posto delle vecchie. La mamma ha una latteria, la latteria più piccola del mondo. Praticamente un frigo. Pronto è stato concepito lì dentro, a dieci gradi sotto zero. Quando è nato invece che nella culla l’hanno messo in forno a sgelare.

Fin da piccolo Pronto Soccorso aveva la passione dei motori. Quando il padre lo portava con sé al lavoro, cioè a rubare le gomme, lo posteggiava dentro il cofano della macchina.

Così Pronto passò la giovinezza sdraiato in mezzo ai pistoni, e la meccanica non ebbe più misteri per lui.
A sei anni si costruì da solo un triciclo azionato da un frullatore. Poco dopo rubò la prima moto, una Guzzi 6700. Per arrivare ai pedali guidava aggrappato sotto al serbatoio, come un koala alla madre: e la Guzzi sembrava il vascello fantasma, perché non si vedeva chi era alla guida.

Poi Pronto costruì la prima moto truccata, la Lambroturbo. Fu allora che lo chiamammo Pronto Soccorso. In un anno si schiantò col motorino 215 volte, sempre in modi diversi.

Andava su una ruota sola e la forava, sbandava in curva, in rettilineo, sulla ghiaia e sul bagnato, cadeva da fermo.

Ormai in ospedale i medici erano così abituati a vederlo che se mancava di presentarsi una settimana telefonavano a casa per avere notizie.

Ma Pronto era come un gatto: cadeva, rimbalzava e proseguiva.

Beauty Case aveva quindici anni ed era figlia di una sarta e di un ladro di Tir. Il babbo era in galera perché aveva rubato un camion di maiali e lo avevano preso mentre cercava di venderli casa per casa.
Beauty Case lavorava da aspirante parrucchiera ed era un tesoro di ragazza. Si chiamava così perché era piccola piccola, ma non le mancava niente. Era tutta curvettine deliziose e non c’era uno nel quartiere che non avesse provato a tampinarla, ma lei era così piccola che riusciva sempre a sgusciar via.

Era una sera di prima estate.
Pronto Soccorso gironzolava tutto pieno di cerotti e croste sulla Lambroturbo e un chilometro più in là Beauty mangiava un gelato su una panchina.

Pronto arrivò nel vialetto dei giardini guidando senza mani e con un piede che strisciava per terra, se no non era abbastanza pericoloso. Vide Beauty e cacciò un’inchiodata storica. L’inchiodata per la verità non ci fu perché, per principio, Pronto non frenava mai. La prima cosa che faceva quando truccava un motorino era togliere i freni.
“Così non mi viene la tentazione” diceva.

Quindi Pronto andò dritto e finì sullo scivolo dei bambini, decollò verso l’alto, rimbalzò sul telone del bar, e si fermò contro un platano.

«Ti sei fatto male?», disse Beauty.

«No», disse Pronto. «Tutto calcolato.»

Beauty fece “ah”.

Restarono alcuni istanti a guardarsi, poi Pronto disse:

«Bella la tua minigonna a pallini».

E Beauty disse: «Belli i tuoi pantaloni di pelle».

Quali pantaloni? stava per chiedere Pronto. Poi si guardò le gambe: erano talmente piene di crostoni, cicatrici e grattugiate sull’asfalto che sembrava avesse le braghe di pelle. Invece aveva le braghe corte.

«Sono un modello Strade di fuoco», disse. «Vuoi fare un giro in moto?»

Beauty ingoiò il gelato in un colpo solo, che era il suo modo per dire di sì. Salì sulla moto e si strinse forte al petto di Pronto e disse: «Ma tu la sai guidare la moto?».

A quelle parole Pronto fece un sorriso da entrare nella storia, sgasò e partì zigzagando contromano.

Chi lo vide, quel giorno, dice che faceva almeno i 280.

Pronto curvava così piegato sfiorando la strada, che invece dei moscerini in faccia doveva stare attento ai lombrichi. E Beauty non aveva neanche un po’ di paura, anzi strillava di gioia. Fu allora che lui capì che era la donna della sua vita.

Quando Pronto tornò a casa, si stese sul letto e dichiarò a quattro scarafaggi: «Sono innamorato».

«E di chi?», chiesero quelli.

«Di Beauty Case.»

«Bella gnocca», dissero in coro gli scarafaggi, che dalle nostre parti parlano piuttosto colorito.

La sera dopo Pronto e Beauty uscirono di nuovo insieme. Dopo trenta secondi Pronto chiese se poteva baciarla. Beauty ingoiò il gelato.

Iniziarono a baciarsi alle nove e un quarto e stando ad alcuni testimoni il primo a respirare fu Pronto alle due di notte.

Così l’amore tra i due illuminò il nostro quartiere, e ci sentivamo così felici che quasi non rubavamo più.

Sì, eravamo tutti dei cittadini modello o quasi, finché un brutto giorno non arrivò nel quartiere Joe Blocchetto, l’asso degli agenti della Polstrada.

Arrivò con la divisa di cuoio, gli stivali e gli occhiali neri. Sopra il casco portava la dritta: “Dio sa ciò che fai ogni ora, io quanto fai all’ora”.

Ogni motorizzato della città tremava quando sentiva il nome di Joe Blocchetto.
«Qualcuno di voi conosce un certo Pronto Soccorso che si diverte a ridere da queste parti?», disse. Nessuno rispose.

[Minacciando multe salatissime, Joe Blocchetto riesce a farsi dire dove trovare Pronto Soccorso: tutte le sere, dopo essere passato a prendere Beauty, attraversa un grande incrocio.]

Joe Blocchetto si mise in agguato all’incrocio. Nascondersi era una sua specialità. Sul cavalcavia proprio sopra l’incrocio c’era un grande cartellone pubblicitario. Si nascose lì dietro.

Quella sera come tutte le sere Pronto Soccorso passò sotto la finestra di Beauty e la chiamò con un fischio. Beauty si lanciò dalla finestra atterrando sulla moto.

Quando arrivarono all’incrocio, il semaforo era rosso. Appena Pronto lo vide lanciò la moto a tutta manetta.

Fu allora che ci fu movimento dietro il cartellone pubblicitario e si vide Joe Blocchetto saltare sulla strada.

Mancavano meno di cento metri all’incrocio.

Pronto vide Joe attenderlo coi due blocchetti di multe puntati e non esitò.

Frenò con i piedi e fece girare la Lambroturbo su se stessa. Mentre la moto ruotava vertiginosamente e mandava scintille, continuava a frenare con tutto: con le mani, con la borsetta di Beauty, con le chiappe, con un cacciavite che piantava nell’asfalto, con i denti.

Pronto Soccorso fu grande. Con un’ultima sbandata si fermò esattamente con la ruota sulla striscia pedonale.

Joe Blocchetto ingoiò la bile e si avvicinò lentamente.

La moto fumava come una locomotiva e le gomme erano fuse. Joe Blocchetto girò un po’ intorno e poi disse:

«Gomme un po’ lisce, vero?».

«Quella moto le ha più lisce di me», disse Pronto.

«Quale moto?», disse Blocchetto, e si girò. Quando si rigirò Pronto aveva già montato due gomme nuove.

Ma Blocchetto non si diede per vinto.

«Su questa moto non si può andare in due.»

«E mica siamo in due.»

Era vero. Non c’era più traccia di Beauty. Joe Blocchetto la cercò sotto il serbatoio, ma non la trovò. Beauty si era infilata nella marmitta. Ma non resistette al calore e dopo un po’ schizzò fuori mezzo arrostita.

Joe Blocchetto lanciò un urlo di trionfo.

«Duecentomila di multa più il ritiro della patente più le responsabilità penali con la signorina minorenne.

Hai chiuso con la moto, Pronto Soccorso!»

Dal cavalcavia dove osservavamo la scena, rabbrividimmo. Pronto senza moto era come un fiore senza terra. Sarebbe avvizzito. E con lui quell’amore di cui tutti eravamo fieri.

Che fare?

Joe aveva già appoggiato la penna sul blocchetto fatale quando sentì un rumore di clacson. Si voltò e...

Tutta la strada era piena di auto.

Alcune erano posteggiate contromano, altre sul marciapiede: c’era chi l’aveva messa verticale appoggiata a un albero, chi sopra il tetto di un’altra.

Joe Blocchetto prese a tremare come se avesse la malaria.

Era in aspra tenzone con se stesso.

Da una parte c’era Pronto in trappola, dall’altra la più spaventosa serie di infrazioni mai vista a memoria di vigile. La mascella gli andava su e giù come un pistone.

Ed ecco che gli passò vicino un cieco su una Maserati rubata senza marmitta, gli sgasò in faccia e disse:

«Ehi pulismano, dov’è una bella strada frequentata da far due belle curve a tutta manetta?».

Joe Blocchetto si portò il fischietto alla bocca, ma non riuscì a cavarne alcun suono. Stramazzò al suolo.

Avevamo vinto.

Ora Joe Blocchetto è stato dimesso dal manicomio e dirige un autoscontro al Luna Park.

Pronto e Beauty si sono sposati e hanno messo su un’officina.

Lui trucca le auto, lei le pettina.

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esercizi

LE TECNICHE E IL GENERE

  • I fatti descritti sono:
    • verosimili.
    • inverosimili.
     
  • I luoghi descritti sono:
    • verosimili.
    • inverosimili.
     
  • In questo brano, l’effetto comico viene dato soprattutto da:
                                                                                                                                                           .
  • I personaggi di questo brano sono:
    • tipi. 
    • individui.
Laboratorio sul testo
  • Perché il protagonista si chiama Pronto Soccorso?
                                                                                                                                                           .
  • Gli abitanti di Manolenza reagiscono contro Joe Blocchetto perché:
    • sono dei cittadini modello. 
    • Pronto Soccorso è uno di loro.

La dolce fiamma - I saperi fondamentali
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Narrativa