La bara di Dracula di Bram Stoker

La bara di Dracula


di Bram Stoker (autore irlandese del XIX sec)

Jonathan Harker, un giovane agente immobiliare, è giunto in Transilvania per concludere un affare col conte Dracula, che vuole trasferirsi a Londra e a questo scopo vuole acquistare una casa. Giunto al castello del conte Dracula, Harker comprende d’essere finito in una situazione pericolosa. Harker comincia a scrivere un diario. Quando scopre nella cappella il conte che dorme in una bara, non ha più dubbi che sia un vampiro e decide di fuggire. Ma non è così facile…

30 giugno, mattina


Queste sono forse le ultime parole che scrivo in questo diario. Ho dormito fino a un istante prima dell’alba, e svegliandomi mi sono gettato in ginocchio, poiché ho deciso che, se morte deve essere, deve trovarmi pronto.

Alla fine ho avvertito quell’infinitesimale mutamento nell’aria, e ho intuito che il mattino era giunto.

Poi s’è fatto udire il benvenuto canto del gallo, e ho saputo di essere salvo.

Col cuore traboccante di gioia, ho aperto l’uscio, e mi sono precipitato giù, nell’atrio. Il portone, l’avevo visto, non era sbarrato, e ormai la salvezza m’era dinnanzi. Con mani tremanti ho sfilato i massicci chiavistelli. Ma il battente non si è mosso. La disperazione mi ha colto. Ho tirato, tirato, l’ho scosso finché il portone, pesante com’era, ha vibrato sui cardini. E allora mi sono accorto che la serratura era stata chiusa.

Chiusa dopo che mi ero separato dal conte la sera prima!

E allora, un selvaggio desiderio mi ha preso di procurarmi la chiave a ogni costo, e seduta stante [immediatamente] ho deciso di scalare nuovamente il muro e di raggiungere la camera del conte.

Poteva uccidermi, ma la morte adesso mi sembrava, tra tutti i mali, la scelta migliore.
Senza un attimo di sosta, sono corso alla finestra che dà a est, mi sono calato lungo la muraglia e, come la prima volta, rieccomi nella stanza del conte. Vuota, ma era quanto m’aspettavo.

Chiavi non se ne vedevano da nessuna parte.

Sapevo bene dove trovare il mostro. Ho quindi aperto la porta che dava sulla scala a chiocciola e mi sono precipitato giù, ho percorso il lungo corridoio e sono entrato nella vecchia cappella.

La grande bara era contro la parete, nello stesso punto della volta precedente, ma il coperchio era posato su di essa.

Sapevo di dover frugare il corpo in cerca della chiave, per cui ho sollevato il coperchio, l’ho appoggiato alla parete, e allora ho visto qualcosa che mi ha riempito d’orrore sino in fondo all’anima.

Lì giaceva il conte, ma si sarebbe detto che fosse rinata in lui la giovinezza. I capelli e i baffi bianchi erano divenuti grigio ferro; le guance erano più piene, la pelle sembrava soffusa [colorata] di rosa; più rossa che mai la bocca, poiché sulle labbra c’erano gocce di sangue fresco che ruscellavano dagli angoli, scivolando sul mento e il collo. Si sarebbe detto che quell’immonda creatura fosse tutta repleta [gonfia] di sangue. Giaceva lì, come un’oscena sanguisuga, esausta per essersene ingozzata.

Rabbrividendo mi sono chinato a toccarlo, e ogni mio senso si è rivoltato al contatto. Ma cercare dovevo, o sarei stato perduto. La notte successiva avrebbe potuto vedere il mio proprio corpo oggetto di un banchetto.


L’ho frugato in tutto il corpo, ma non ho trovato traccia della chiave. Allora mi sono arrestato e ho guardato il conte.

Sul suo volto aleggiava un sorriso beffardo che m’ha fatto quasi impazzire.

Quello era l’essere cui davo una mano per trasferirsi a Londra dove, forse per secoli e secoli, tra i milioni di abitanti della città brulicante, avrebbe saziato la sua brama di sangue e creato una nuova e sempre più vasta genìa di mezzi demoni con cui dare addosso agli indifesi.

Era un pensiero che mi faceva salire le fiamme al cervello, e sono stato colto dal violento desiderio di liberare il mondo da siffatto mostro. Non avevo armi a portata di mano, ma ho preso una vanga e l’ho levata in alto, menandola, con la lama di taglio, verso il volto odioso.

Ma, in quel mentre, la testa si è voltata, gli occhi mi si sono puntati addosso. E quella vista mi ha paralizzato, la vanga mi si è girata in pugno e ha colpito di piatto, aprendo null’altro che uno squarcio sulla fronte.

Poi l’arnese mi è caduto di mano e, come ho fatto per riafferrarlo, la lama si è impigliata nel coperchio, che è ricaduto nascondendo al mio sguardo quell’orribile cosa.

L’ultima visione che ho avuto è stata il suo volto rigonfio, macchiato di sangue, immobilizzato in un sorriso maligno, un volto che avrebbe fatto la sua figura nel peggiore degli inferni.

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esercizi

LE TECNICHE E IL GENERE
  • I luoghi descritti sono:
    • verosimili.
    • immaginari.
     
  • I fatti descritti sono:
    • verosimili.
    • inverosimili.
     
  • Il brano è scritto in forma di diario e il lettore scopre quello che accade contemporaneamente ad Harker. In questo modo:
    • aumenta la suspense.
    •  diminuiscono la suspense e la paura.

  • Quali elementi del genere horror sono presenti nel brano?
                                                                                                                                                           .
LABORATORIO SUL TESTO
  • In queste pagine del suo diario, Harker racconta:
    • il suo tentativo di fuga dal castello del conte.
    • come ha scoperto la vera natura del conte.

  • Perché al canto del gallo Harker si ritiene salvo?
                                                                                                                                                           .
  • “La notte successiva avrebbe potuto vedere il mio proprio corpo oggetto di un banchetto.” A quale tipo di “banchetto” pensa Harker?
                                                                                                                                                           .
  • “Quell’essere si sarebbe trasferito a Londra dove avrebbe creato una nuova genìa di mezzi demoni con cui dare addosso agli indifesi.” 
  • Chi sono i “mezzi demoni”?
                                                                                                                                                           .
  • Chi sono gli indifesi?
                                                                                                                                                           .
competenze LINGUISTICHE
  • “Alla fine ho avvertito quell’infinitesimale mutamento...” In questa frase puoi sostituire “infinitesimale” con:
    • improvviso.
    • impercettibile.
  •  
  • “In quel mentre la testa si è voltata,” cioè:
    • mentre la testa si voltava.
    • in quel momento la testa si è voltata.

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Narrativa