Nel 1606 Caravaggio giunge a Napoli, dove resta per un anno. In quel periodo realizza una decina di opere – tra cui Le sette opere di misericordia (► p. 333) – che avranno una grande influenza sui pittori locali. Non si tratta di allievi diretti dell’artista, ma di pittori che lo hanno conosciuto o che ne hanno visto le opere, come Battistello Caracciolo (Napoli 1578-1635).
Anche a Roma Caravaggio ha dei seguaci: tra questi Artemisia Gentileschi (Roma 1593-Napoli 1652 ca.), figlia di un pittore pisano che ha la propria bottega nella città dei papi, in quel periodo vera capitale europea delle arti e crocevia di artisti. Qui conosce l’opera di Caravaggio anche l’olandese Gerrit van Honthorst (Utrecht 1592-1656). Presto, la forza innovatrice della pittura di Caravaggio si diffonde in tutta Europa, soprattutto in Francia, Spagna, Olanda e nelle Fiandre.
I pittori detti caravaggeschi (o caravaggisti) dipingono figure che campeggiano su sfondi scuri – per questo si parla anche di “tenebrismo” – e illuminano con squarci di luce volti, personaggi, azioni a cui vogliono attribuire un particolare significato. Il tutto nell’ambito di una pittura saldamente realista. Anche la scelta dei soggetti deve molto al maestro: episodi della Bibbia o dei Vangeli, ritratti, nature morte.