Simone Martini impara probabilmente l’arte della pittura da Duccio di Buoninsegna, il più affermato pittore senese del Duecento. Fin dalle sue prime opere, però, si distingue dal maestro, soprattutto per l’attenzione a dettagli quasi realistici: questo ci fa capire che conosceva da vicino l’arte di Giotto (entrambi lavorano ad Assisi, nel cantiere della Basilica di San Francesco). Le sue opere ricordano preziosi oggetti di oreficeria, un’arte che all’epoca era molto viva a Siena.
Così come Giotto, viaggia per l’Italia: inizia la sua carriera a Siena, ma nel 1317 è a Napoli, dove il re Roberto d’Angiò gli commissiona il dipinto San Ludovico di Tolosa (► p. 151) e gli dà uno stipendio e il titolo di cavaliere. È un riconoscimento molto importante, segno che i pittori medievali non sono più considerati semplici artigiani, come nei secoli precedenti, ma veri e propri artisti, protetti da ricchi e potenti patroni.
Alla fine della sua vita, tra il 1335 e il 1336, ormai artista di successo, Simone Martini si trasferisce ad Avignone, in Francia, chiamato a lavorare alla corte papale.