LE TECNICHE

3 LE FIGURE RETORICHE

  • Arricchire i concetti
  • Le figure di suono
  • Le figure di posizione
  • Le figure di pensiero
  • I tropi

Come analizzare 

G. Leopardi, A Silvia, p. 82


Analizziamo insieme

E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, p. 85


Analizza tu

A. Rosselli, Tutto il mondo è vedovo, p. 87

1. ARRICCHIRE I CONCETTI

I poeti ricorrono da sempre a particolari forme espressive, le figure retoriche. Queste, che interessano il significante e il significato della lingua, hanno la funzione di aumentare l’efficacia e l’incisività del testo, rendendolo più ricco nel contenuto e più attraente nella forma.

Per ben comprendere la finalità di questi artifici linguistici è interessante concentrarsi sull’etimologia dell’espressione “figure retoriche”. “Figura” deriva dal verbo latino finge˘re, che significa “plasmare”; “retorica”, invece, deriva da un termine greco, rhetoriké, che indica la tecnica della comunicazione e dell’argomentazione, l’arte di esprimersi in modo idoneo ed eloquente. Le figure retoriche, dunque, riguardano a pieno titolo sia l’aspetto creativo e ornamentale sia quello argomentativo del testo, che grazie al loro impiego diventerà più accattivante e coinvolgente dal punto di vista espressivo.

Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, tutti noi aggiungiamo altri significati a parole ed espressioni nella lingua quotidiana e in ogni ambito della comunicazione: per esempio, quando parliamo di “gambe del tavolo” o di “collo di bottiglia” stiamo usando figure retoriche, seppur cristallizzate in modi di dire. Allo stesso modo, quando riconosciamo di “ardere d’amore” per un ragazzo o una ragazza, ci lamentiamo di non vedere “da secoli” una persona cara, accusiamo qualcuno di “essere un mulo” o rassicuriamo i genitori che “tutto va a gonfie vele”, stiamo sfruttando le risorse della lingua, capace di deviare dalle espressioni più comuni e ordinarie offrendo al pensiero una più ricca e variegata possibilità di manifestarsi. In poesia, però, le figure retoriche acquistano una rilevanza particolare: da un lato, chi scrive versi cerca spesso di inventare immagini evocative e dotate di molteplici significati; dall’altro, il lettore deve conoscere le tecniche della retorica, senza le quali non può comprendere appieno le suggestioni trasmesse dal testo.

Esistono molti criteri per classificare le figure retoriche. Il più comune è quello che le raggruppa in quattro categorie fondamentali: figure di suono, di posizione, di pensiero e tropi.

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2. LE FIGURE DI SUONO

Le figure di suono riguardano i significanti delle parole che compongono il testo; in particolare, hanno la funzione di produrre speciali sensazioni acustiche, attraverso la combinazione dei suoni all’interno di una parola o, più frequentemente, di parole diverse. Quando leggiamo un componimento – mentalmente o ad alta voce – gli effetti fonici che è possibile cogliere evocano particolari sensazioni e atmosfere, oltre a quelle espresse dal contenuto letterale. Durante l’analisi, dunque, è bene prestare attenzione all’insistenza su certi suoni e alla loro eventuale organizzazione in schemi ricorrenti.

Riportiamo le principali figure di suono.


Nome

Descrizione

Esempi

Allitterazione

Ripetizione di uno o più suoni in una serie di parole diverse. I suoni interessati dal fenomeno sono in genere collocati al­l’inizio delle parole, ma pos­sono coinvolgere anche lettere e sillabe in posizione interna o finale.

E nella notte nera come il nulla

(Giovanni Pascoli)


Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto

(Dante Alighieri)

Paronomasia

Accostamento di parole simili dal punto di vista fonico, ma differenti nel significato.

La folata che alzò l’amaro aroma

(Eugenio Montale)

Quando le parole hanno una qualche parentela etimologica si parla di figura etimologica.

esta selva selvaggia e aspra e forte

(Dante Alighieri)

Onomatopea

Imitazione linguistica di un suono o di un rumore naturale, provocato da oggetti o animali di qualunque genere. In senso stretto, l’onomatopea implica la creazione di una parola che riproduce un suono.

Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più tetro…

(Guido Gozzano)


Nei campi

c’è un breve gre gre di ranelle.

(Giovanni Pascoli)


Cricch imita il suono di una crepa aperta su una lastra di ghiaccio; gre gre riproduce il gracidio delle rane.

I vocaboli onomatopeici so­no quelle parole che – sebbene non imitino direttamente un suono – lo richiamano at­traverso la loro struttura fonica; il loro suono, inoltre, è strettamente collegato al loro significato.

Il bimbo dorme sopra lo sgabello,

tra le ginocchia, al ticchettio dell’ago.

(Giovanni Pascoli)


Ticchettio restituisce il rumore di una macchina da cucire.


Alcuni poeti, facendo largo uso di onomatopee e vocaboli onomatopeici, si servono del cosiddetto fonosimbolismo, cioè dell’evocazione di significati e atmosfere attraverso le sonorità dei versi. In altri termini, le qualità acustiche delle parole (soprattutto mediante la successione di determinate vocali e di certi nessi consonantici) non si limitano a rappresentare eventi sonori ma sono associati a particolari impressioni emotive: il ricorrere di vocali “a” ed “e”, per esempio, crea un effetto di calma, mentre la presenza insistita di “o” e “u” suggerisce stati d’animo cupi e inquieti, come accade in questi versi di Giovanni Pascoli (1855-1912), tratti dalla poesia Il nunzio, che trasmettono un senso di angoscia e paura:

Ma insiste profondo,
solingo smarrito,
quel lugubre rombo.

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3. LE FIGURE DI POSIZIONE

Le figure di posizione riguardano la dislocazione, l’ordinamento e la ripetizione delle parole all’interno del testo. Il loro scopo è accrescere l’enfasi del discorso, variare il registro espressivo oppure mettere in rilievo alcune parole chiave. Infatti, l’ordine in cui immagini e concetti vengono presentati produce effetti sul senso del testo poetico. Ecco le principali figure di posizione.

Nome

Descrizione

Esempi

Ripetizione

Raddoppiamento ravvicinato di una o più parole. Può svolgere molteplici funzioni, ma in generale aumenta l’enfasi e rafforza il concetto espresso dal sintagma ripetuto.

e ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

(Dino Campana)

Anadiplosi

Ripetizione dell’ultima parola di una frase o di un verso all’inizio della frase o del verso successivo.

eppure eravamo turbe,

turbe golose

assetate

di bianchi pensieri

(Alda Merini)

Poliptoto

Ripetizione di una parola, all’interno di una frase, con diversa funzione grammaticale e sintattica.

Cred’io ch’ei credette ch’io credesse

(Dante Alighieri)


Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

di gente in gente

(Ugo Foscolo)

Anafora

Ripetizione di una o più parole all’inizio di versi contigui o a distanza.

Oltre a conferire enfasi alla parola ripetuta, possiede un’im­portante funzione ritmica e permette di costruire il testo come una serie di elementi fissi e variabili.

infanzia raccolta acino ad acino,

infanzia sapido racimolo

(Andrea Zanzotto)


Ricordi le luci, le gemme,

le vesti smaglianti?

Ricordi il tuo sozzo peccato?

(Aldo Palazzeschi)

Può cadere anche all’interno del verso: in questo caso, è comunque collocata all’inizio di un gruppo sintattico (sintagma, frase o periodo).

dolcezza di figlio, la pieta

del vecchio padre, ’l debito amore

lo qual dovea Penelopè far lieta

(Dante Alighieri)

Epifora

L’anafora prende questa denominazione quando l’elemento ripetuto si trova alla fine di un verso o di un gruppo sintattico.

Il bimbo dorme, e sogna i rami d’oro,

gli alberi d’oro, e le foreste d’oro.

(Giovanni Pascoli)

Chiasmo

Disposizione secondo un ordine incrociato (xy/yx) degli elementi che costituiscono due sintagmi o frasi. La parola deriva dal greco khiasmós che significa “disposto a croce”, co­me la lettera greca χ (chi).

In alcuni casi il chiasmo è relativo alle funzioni sintattiche dei membri coinvolti, in altri al significato delle parole.

• relativo alle funzioni sintattiche

e ’l ventre largo, e unghiate le mani

(Dante Alighieri)


Alla coppia nome + aggettivo ne segue un’altra con ordine invertito, aggettivo + nome.

Sento l’aura mia antica, e i dolci colli

veggo apparire

(Francesco Petrarca)


Le proposizioni presentano un ordine invertito: verbo + complemento oggetto / complemento oggetto + verbo.

• relativo al significato

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori

(Ludovico Ariosto)


I due termini estremi si riferiscono al campo semantico dell’amore, mentre i due centrali a quello della guerra.

Climax

Successione di parole o espressioni che amplificano progressivamente l’intensità dei concetti comunicati.

Ecco sono agli oltraggi, al grido, all’ire,

al trar de’ brandi, al crudel suon de’ ferri

(Ludovico Ariosto)


Dalle offese (oltraggi) alle urla (grido), alla furia (ire), allo sguainare di spade (trar de’ brandi), allo scontro vero e proprio.

La versione opposta, in cui l’intensità diminuisce, è detta anticlimax.

In terra, fumo, polvere, ombra, niente.

(Luis de Góngora)

Enumerazione

Accostamento di parole o gruppi di parole in un elenco, spesso usato per descrivere spazi, persone o concetti; in base ai rapporti logici dei membri, può essere ordinato o caotico.

• ordinata

e fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi

di faggi e d’orni e d’illici e d’abeti

(Ludovico Ariosto)

• caotica

pure il fastidio ha fame, pure la calunnia,

e le ali hanno fame, e gli zoccoli degli angeli,

e i germogli, e la fragilezza, e l’opale,

e la zavorra, il macigno, i tamburi del jazz,

le cicalate, i cavilli, le inutili carte

(Angelo Maria Ripellino)

Parallelismo

Disposizione di due o più elementi di una frase (sintagmi, preposizioni, predicati…) secondo una certa simmetria. È spesso combinato all’anafora o ad altre figure di ripetizione.

Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l’etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.

(Dante Alighieri)

Anastrofe

Inversione dell’ordine abituale di una o più parole all’interno di una frase.

e pianto, ed inni, delle Parche il canto.

(Ugo Foscolo)


Il complemento di specificazione (delle Parche) è anteposto al nome a cui si riferisce (il canto).

Iperbato

Separazione di due parole stret­tamente connesse dal punto di vista sintattico (nome e aggettivo, soggetto e verbo…) attraverso l’inserzione di una o più parole: ciò determina una modifica nell’ordine abituale della frase e crea effetti di suggestione.

O belle agli occhi miei tende latine.

(Torquato Tasso)


Il complemento di termine (agli occhi miei) è inserito a spezzare il sintagma aggettivo + nome (O belle tende […] latine), di solito unito.

Repetita iuvant

Accumulare, ripetere, saturare l’ambiente con un unico elemento per annullare lo spazio e se stessi: quella dell’artista giapponese Yayoi Kusama (n. 1929) per i puntini è una vera e propria ossessione. Installazione, oggetti, vestiti, quadri insistono su un unico elemento, ripetuto all’infinito.

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4. LE FIGURE DI PENSIERO

Attraverso sostituzioni, accostamenti e altri artifici, le figure di pensiero agiscono sul significato del testo, cioè sul rapporto che parole e frasi intrattengono con la realtà. Tali figure contribuiscono in modo significativo all’efficacia argomentativa delle poesie, arricchendone la struttura logica e aumentando l’effetto persuasivo sul lettore. Ecco le principali.

Nome

Descrizione

Esempi

Antitesi

Accostamento di espressioni che comunicano concetti opposti.

[…] ché diletto

e non martir, vita e non morte aspetto

(Ludovico Ariosto)

Ossimoro

Accostamento paradossale di due termini dal significato opposto. È una forma di antitesi.

Dolci durezze, et placide repulse

(Francesco Petrarca)


Il verso è costruito su due ossimori contigui.

Apostrofe

Si ha quando l’io lirico, o un altro personaggio, si rivolge direttamente a un interlocutore, che può coincidere con un individuo reale o immaginario, animato o inanimato, presente o assente.

O Nerina! e di te forse non odo

questi luoghi parlar? caduta forse

dal mio pensier sei tu?

(Giacomo Leopardi)


Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!

(Dante Alighieri)

Similitudine

Paragone tra due esseri (animati o inanimati), oggetti, situazioni, concetti o avvenimenti. È solitamente introdotta dalla congiunzione “come” o da altri nessi dotati di analoga funzione (per esempio, “così… come”).

E caddi come corpo morto cade.

(Dante Alighieri)


Trieste ha una scontrosa

grazia. Se piace,

è come un ragazzaccio aspro e vorace,

con gli occhi azzurri e mani troppo grandi

per regalare un fior;

(Umberto Saba)

Reticenza

Interruzione improvvisa di un discorso, che spezza un tema annunciato o in corso di svolgimento e che stimola il lettore a completare con l’immaginazione la parte mancante. È spesso marcata dall’uso dei tre puntini di sospensione.

Sarà la noia

dei giorni lunghi e torridi

ma oggi la piccola

Laura è fastidiosa proprio

Smettila – dico – se no…

(Vittorio Sereni)

Personificazione

Assegnazione di caratteristiche umane a entità naturali o astratte. Le entità personificate possono compiere azioni tipiche degli esseri umani, provare sentimenti e persino prendere la parola (in quest’ultimo caso si parla di prosopopea).

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge

cercar non so ch’Amor non venga sempre

ragionando con meco, et io co’llui

(Francesco Petrarca)


Amore è rappresentato come un individuo che segue il poeta e parla con lui.


Intesi allora che i cipressi e il sole / una gentil pietade avean di me, / e presto il mormorio si fe’ parole: / – Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.

(Giosue Carducci)


Il poeta immagina che i cipressi si rivolgano a lui.

Il volto umano della Pace

Ambrogio Lorenzetti (1290 ca.-1348), nel ciclo di affreschi realizzati per il Palazzo Pubblico di Siena, dove sono illustrati gli Effetti del Buono e del Cattivo Governo, raffigura la Pace come una donna semisdraiata in una posa rilassata su un cumulo di armi e con il ramo di ulivo in mano. Attraverso questa personificazione il pittore può esprimere un concetto astratto.

La dolce fiamma - volume B
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Poesia e teatro