La giornalista e scrittrice Concita De Gregorio (n. 1963) riflette sulla necessità di parlare della violenza sulle donne, perché il silenzio uccide quanto un coltello o una pistola. Le leggi servono, ma non bastano. Per cambiare mentalità che si sono cristallizzate nei secoli non sono sufficienti qualche anno e qualche campagna di sensibilizzazione. Bisogna partire dai bambini, educarli al rispetto. Nel frattempo le donne continuano a morire, vittime di uomini incapaci di accettare che non siano come vogliono loro.
T2 - Concita De Gregorio, Quello che le donne ci dicono
T2
Concita De Gregorio
Quello che le donne ci dicono
- articolo
Audiolettura
Scrivere o leggere di abusi non è un compito facile né un passatempo gradevole.
Sia chi scrive che chi legge preferirebbe occuparsi d’altro: nei dieci minuti
di tempo che la lettura di questo articolo occupa si potrebbero fare molte altre
cose più piacevoli, è sicuro, anche riposare e non fare nulla. Ma il silenzio produce
5 effetti persino più “sgradevoli” del fastidio di occuparsi ancora, di nuovo
e in una ricorrenza, per giunta, di violenza sulle donne.
Il silenzio uccide quanto un coltello o una pistola. È più nocivo del fastidio
di parlare. Comincia così, più o meno con queste parole, l’ultimo libro1 della
scrittrice e giornalista messicana Lydia Cacho: una bellissima donna di 50
10 anni, bella della forza che sprigiona, molte volte minacciata di morte, almeno
due volte scampata ad attentati, rapita e sequestrata per aver raccontato
e scritto con ostinazione per decenni di come le donne e i bambini, nel suo
paese, siano vittime di abusi sessuali, violenza di ogni tipo, umiliazioni
segregazioni torture infine morte, la morte spesso un sollievo. Con la complicità
15 delle istituzioni politiche ed economiche, perché i “potenti” sono coinvolti nei
traffici di prostituzione e pedofilia, nel silenzio delle televisioni e dei giornali
che a quei potenti appartengono.
Qualche settimana fa Lydia Cacho è stata in Italia, abbiamo parlato a lungo
di che cosa si possa fare di davvero utile, ciascuno con le sue modeste forze,
20 per fare in modo che le donne non abbiano paura. Qualcosa di utile oltre alla
parola, alla scrittura. Perché i centri antiviolenza sono fondamentali, certo, ma
moltissime donne non ne conoscono neppure l’esistenza. Dentro certe povertà
Internet – l’informazione in rete – non arriva. Denunciare è sempre possibile,
è vero, ma spesso inutile. Hai paura che dopo la denuncia sia anche peggio,
25 spesso lo è. Le leggi servono ma non bastano. Gli uomini picchiano e uccidono
le donne perché non fanno quello che vogliono loro: perché li lasciano, perché
non assecondano i loro desideri, perché si scambiano un messaggio con altri,
perché escono di casa quando gli è stato detto di non farlo. Non è un raptus,
non è mai un raptus. La follia non c’entra. È piuttosto una convinzione profonda,
30 arcaica, un’idea primitiva del possesso della donna, della “tua” donna, che
in una zona remota della coscienza dice che questo è lo stato di natura delle
cose: sei mia e fai come dico io. Non esci, non mi lasci. Non puoi.
Una convinzione arcaica che attraversa i generi: è degli uomini carnefici
come, in moltissimi casi, delle donne vittime. Da qualche parte in fondo al corpo
35 e all’anima anche le donne, tante di loro, pensano che tutto è inutile perché
tanto le cose stanno così, nessuno potrà davvero aiutarle. Alle bambine da piccole
si insegna, ad ogni latitudine del globo, che devono – dovranno, per piacere
a qualcuno – essere non solo belle e brave ma discrete, miti, umili. Disporsi
in modalità passiva, avere pazienza, assecondare i desideri per eventualmente
40 far valere i propri. Fare come vogliono senza tuttavia dare nell’occhio, farlo di
risacca. Nell’onda di ritorno. In casa, al lavoro, per strada. Non spaventare gli
uomini ma sedurli.
Anche l’esibizione dei troppi meriti è un demerito: loro amano le bionde
ma sposano le brune. Se vuoi farti sposare sii metaforicamente bruna, dunque,
45 cioè sobria, timida, silenziosa. Meglio fragile che forte. Meglio dipendente
che indipendente. Meglio coperta che scoperta. Si diceva dunque, con Lydia,
che quello che servirebbe davvero
è una specie di rieducazione sentimentale.
Una ▶ pedagogia rivoluzionaria
50 fin dai primi mesi di vita,
all’asilo poi a scuola ma prima ancora
in famiglia: una nuova educazione
che sia capace di modificare
l’assegnazione arcaica dei ruoli
55 nelle coscienze. Un compito ciclopico,
ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Perché le leggi non servono,
se non cambiano le teste. Aiutano, ma non bastano. Abbiamo anche riso:
quando gli uomini sparecchiano la tavola capita che lo scrivano su un blog:
sono bravissimo, sono per la parità, sparecchio. Poi abbiamo aperto Google,
60 abbiamo digitato “uccisa dal fidanzato motivo”, “uccisa dal marito motivo”.
Ho davanti il foglio su cui abbiamo segnato i primi sette risultati su due
milioni e ottocentomila. Daniela Puddu, 37 anni, Iglesias, buttata dalla finestra
perché sentiva il suo ex su Facebook. Veronica Valenti, 30 anni, Catania, lo
aveva lasciato e non voleva tornare con lui. Fabiana Luzzi, 16 anni, Corigliano,
65 lui voleva fare l’amore lei no. Ofelia Bontoiu, 28, Gualdo Tadino, non voleva
partire per Londra con lui. Tiziana Falbo, 37, strangolata, voleva interrompere
la relazione. Assunta Sicignano, 43, Vigevano, non voleva tornare con lui.
Sonia Trimboli, 42, Milano, non voleva più vederlo. Non facevano quel che
volevano loro, insomma: se ne andavano, non tornavano, parlavano con altri.
70 Sonia aveva denunciato alla polizia il suo convivente il 28 agosto. Lui l’ha uccisa
a ottobre, strangolata con l’elastico che usavano per tenere uniti i letti. Un
gesto simbolico, diciamo. Nel mondo, solo negli ultimi giorni. Reyaneh Jebbari
stata impiccata in Iran per aver accoltellato l’uomo che la violentava. María
José Alvarado, 19 anni, eletta Miss Honduras e in procinto di volare a Londra
75 Miss Mondo è stata uccisa con sua sorella Sofía dal fidanzato di lei: Plutarco.
Motivo: Sofía aveva ballato con un altro alla festa, María José aveva visto.
Non stavano composte: reagivano alla violenza, decidevano con chi ballare.
Nelle foto di Guia Besana, italiana che vive a Parigi, ci sono immagini
magnifiche di donne Under Pressure, così si chiama il suo progetto. Rotte, come
80 bambole, sotto la pressione di quello che ci si aspetta da loro. Sotto il peso del
non corrispondere all’attesa altrui che diventa infine anche propria. “Bella,
brava, fedele”, dice lo spot che Eva Riccobono2 ha appena girato per la Onlus
“Fare x bene” sotto lo slogan: Educhiamo i giovani al vero amore. Il video illustra
in modo provocatorio cosa serve per non essere picchiate, per non essere
85 uccise: essere come vogliono che tu sia. Allora alla fine è questo il meccanismo
da scardinare, così difficile da trovare, così in fondo nella mente e nell’anima
di ciascuno. Non è vero, bambina, che devi essere come vogliono che tu sia.
Non è vero, ragazzo, che puoi pretendere che le donne siano come tu le vuoi.
Si può anche cominciare dall’estetica.
90 È appena uscita una bambola normale, sul mercato dei giocattoli.
Un’anti-Barbie. Non è una bambola “coi difetti”, come scrivono i giornali. L’idea di
difetto suppone un’attesa di bellezza ideale. È normale, simile alle donne come
sono davvero. Anche un giocattolo serve, in questa battaglia contro la paura di
non essere “giuste”, di non somigliare a quello che dovresti essere. Per arrivare
95 a dirsi, da grandi, che c’è un solo modo per cambiare un fidanzato violento:
cambiare fidanzato. Anche una bambola, molte bambole servono ad accettarsi
per come si è, imparare a non dipendere dall’approvazione dell’altro. Piacersi
e dunque proteggersi. Solo dai bambini, diceva Lydia, si può davvero ripartire.
Conservarli liberi, non guastarli, farli forti. Ad esserne capaci: fare della scuola
100 il più bel centro antiviolenza del mondo.
Concita De Gregorio, Quello che le donne ci dicono, “la Repubblica”, 21 novembre 2014
Laboratorio sul testo
1. Per quale motivo la giornalista messicana Lydia Cacho ha ricevuto minacce di morte e ha subìto due attentati?
2. Quale delle seguenti affermazioni non è attribuibile a Concita De Gregorio, l’autrice dell’articolo?
- a Molte donne non conoscono l’esistenza dei centri antiviolenza.
- b Spesso è inutile, per una donna, denunciare di aver subìto una violenza.
- c Quasi sempre gli uomini picchiano e uccidono le donne in preda a raptus di follia.
- d La convinzione che l’uomo sia il “padrone” della donna è radicata anche nella coscienza di molte donne.
-
3. Secondo il prototipo di “donna perfetta” che è diffuso in ogni parte del mondo – e sul quale, ovviamente, Concita De Gregorio non è d’accordo – quale altra dote, oltre la bellezza, è importante che possieda una donna?
- a Il coraggio.
- b L’intelligenza.
- c L’umiltà.
- d La saggezza.
4. Secondo l’autrice, per restituire la giusta dignità al ruolo della donna sarebbe necessaria una sorta di rieducazione sentimentale (rr. 48-49), più utile ancora delle leggi. Che cosa dovrebbe modificare questa rieducazione, secondo lei?
- a La convinzione, radicata da tempo nelle coscienze dell’intero genere umano, che la donna sia inferiore e subordinata all’uomo.
- b Il divieto imposto in molte famiglie ai figli maschi di giocare con oggetti tipicamente femminili.
- c La pratica, diffusa nel mondo del lavoro, di attribuire alle donne ruoli meno importanti di quelli degli uomini.
- d L’abitudine, comune a molti uomini, di delegare alle proprie mogli e compagne la cura e l’educazione dei figli.
5. Quale dei seguenti aggettivi è un sinonimo di ciclopico (rr. 55-56)?
- a Straordinario.
- b Enorme.
- c Complicato.
- d Impossibile.
6. Concita De Gregorio scrive di aver cercato su Google, insieme a Lydia Cacho (Poi abbiamo aperto Google…, rr. 59 e ss.), notizie sui numerosissimi casi di femminicidio e di aver notato che essi hanno quasi sempre una causa scatenante in comune. Quale?
- a Il movente della gelosia.
- b Il rifiuto da parte delle donne di assecondare la volontà dei loro uccisori.
- c Lo scarso livello culturale degli uomini che aggrediscono e uccidono le donne.
- d Il degrado sociale degli ambienti in cui si svolgono queste vicende.
7. Perché la bambola da poco uscita sul mercato dei giocattoli (r. 90) viene definita un’anti-Barbie? Qual è il messaggio educativo che dovrebbe trasmettere a una bambina?
8. Secondo Concita De Gregorio e la sua collega Lydia Cacho, il più bel centro antiviolenza del mondo (r. 100) è la scuola. Sei d’accordo? Pensi che la scuola potrebbe svolgere questo ruolo? E in che modo, secondo te? Argomenta le tue opinioni in un breve testo di massimo 15 righe.
Primi passi verso l’Esame di Stato: il testo argomentativo
Individuazione dello stile dell’autore: scelte lessicali e campo semantico
Trasformazione di un testo in base al destinatario
Abbiamo già osservato che a rendere efficace un testo argomentativo contribuisce in maniera indiscussa lo stile utilizzato dallo scrittore per esprimere e sostenere le proprie idee. Tra gli elementi basilari dello stile, un ruolo principe è quello dell’uso del lessico, ossia il repertorio di parole che lo scrittore ritiene più incisive per trasmettere il proprio messaggio. Quando più parole (sostantivi, verbi, aggettivi, avverbi ecc.) rimandano a un significato comune si dice che appartengono allo stesso campo semantico (per esempio minuto, scorrere, libero, inesorabilmente possono appartenere al campo semantico del tempo). Ricorrere con insistenza allo stesso campo semantico concorre a rendere un messaggio decisivamente penetrante.
Nel suo articolo Concita De Gregorio affronta uno dei temi più drammatici della nostra attualità, quello della violenza sulle donne. Lo scopo del suo servizio non è soltanto informare su un certo argomento, o denunciare una certa situazione, ma anche indagare sulle cause del fenomeno e proporre una possibile soluzione. La scrittrice sceglie uno stile molto forte e incisivo: per esempio ricorre spesso a figure retoriche come la litote (non è un compito facile né un passatempo gradevole, rr. 1-2), la similitudine (Il silenzio uccide quanto un coltello o una pistola, r. 7), l’ossimoro (la morte spesso un sollievo, r. 14), la figura etimologica (l’esibizione dei troppi meriti è un demerito, r. 43), l’antitesi (Meglio fragile che forte, r. 45) ecc. Usa anche un lessico che rimanda a campi semantici precisi e ricorrenti: per sottolineare la scelleratezza del fenomeno utilizza tantissimi termini che rimandano ai significati di crimine e di legalità (carnefice, vittima, denunciare, minacciare, attentato ecc.); per rappresentare al meglio l’idea sbagliata che molti uomini hanno della donna fa ricorso, invece, a termini che richiamano la mitezza (mite, passivo, pazienza, assecondare ecc.).
La dolce fiamma - volume B
Poesia e teatro