LE TECNICHE

1 IL TESTO TEATRALE E LA MESSA IN SCENA

  • Gli elementi peculiari del teatro
  • Il testo drammatico

Come analizzare
Molière, Un inguaribile avaro, p. 444

Analizziamo insieme
S. Beckett, Un dialogo assurdo, p. 448

Analizza tu
L. Pirandello, «Io sono colei che mi si crede!», p. 450

1. GLI ELEMENTI PECULIARI DEL TEATRO

Che cos’è il teatro

La parola “teatro” deriva dal verbo greco theàomai, che significa “guardare”, “essere spettatore”: già dall’etimologia, dunque, il teatro si presenta come un evento, uno spettacolo che presuppone qualcuno che vi assista e dedichi la propria attenzione all’esibizione di alcuni attori. Lo stesso termine “spettacolo” viene dal latino spectare, cioè “guardare”: ogni rappresentazione teatrale, infatti, si svolge davanti a un certo numero di spettatori (parola che ha la stessa etimologia).

La presenza del pubblico è dunque un elemento fondamentale. Gli spettatori, d’altro canto, non sono semplici fruitori passivi di quanto avviene davanti ai loro occhi: essi accettano di sottoscrivere una sorta di patto non scritto e di prendere sul serio le vicende rappresentate, anche se sono il frutto della recitazione di attori incaricati di far rivivere i personaggi in cui si immedesimano.

Del resto, il confine tra finzione e realtà è sulla scena assai labile: niente è – effettivamente – vero, ma tutto viene considerato tale. È un’illusione, a ben pensarci, che non riguarda soltanto ciò che avviene al di là del sipario: assumere i modi e le sembianze di individui immaginari o agire fingendo di essere in preda a particolari passioni sono comportamenti e abitudini che giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita sociale e, persino, in quella degli animali. I cervi, per esempio, si battono uno contro l’altro per esibire la loro forza fisica, ma senza l’intenzione di provocarsi delle vere ferite.

Fra teatro e vita, insomma, esiste una stretta parentela. Pensiamo alla nostra esperienza di tutti i giorni: quante volte – più o meno consapevol­mente – siamo impegnati a fingere o a recitare una parte, proprio come se ci trovassimo su un palcoscenico, di fronte a un pubblico composto dai nostri amici, parenti e conoscenti?

Naturalmente, ciò non deve far pensare che il teatro sia una forma immediata di comunicazione. Come specifico linguaggio artistico e culturale, esso si basa sull’acquisizione di precise competenze tecniche, sull’analisi attenta dello spazio dove avviene la messa in scena e sul rispetto di regole particolari chiamate “convenzioni drammatiche” (come l’apertura e la chiusura del sipario), che rendono il pubblico cosciente di assistere a un’opera di finzione.

 >> pagina 425 

La messa in scena

L’opera teatrale si basa su un testo, detto “testo drammatico”, scritto da uno o più autori e concepito, secondo convenzioni e stili particolari, per la messa in scena, cioè per essere rappresentato sulla scena teatrale, e non per essere letto, come invece accade per romanzi e poesie. Certo, possiamo apprezzare un testo drammatico leggendolo, per esempio in questo volume; tuttavia esso realizza pienamente la sua funzione solo quando viene recitato davanti a un pubblico. Prendiamo a modello il seguente brano tratto da una commedia di William Shake­speare (1564-1616):
SHAKESPEARE

CURIO Andate a caccia, signore?
ORSINO Che dici, Curio?
CURIO A caccia del cervo.
ORSINO Sì, del cervo che io servo, il mio cuore.

William Shakespeare, La dodicesima notte, in Patrizia Cavalli, Shakespeare in scena, nottetempo, Roma 2016

Per cogliere appieno i risvolti del brano, dobbiamo immaginarlo “dal vivo”, e quindi pensare a due attori sul palco che impersonano Curio e Orsino e si scambiano le battute accompagnandole con gesti, movimenti, posture particolari del corpo, espressioni del volto e così via. Tutti questi elementi danno vita a un linguaggio definito non a caso performativo – dall’inglese to perform, che significa “compiere”, “eseguire” – poiché orienta all’azione: esso prende forma attraverso l’uso di forme conative (imperativi, frasi esortative o interrogative) ed è spesso accompagnato da deittici (avverbi di luogo e di tempo, pronomi personali e dimostrativi, aggettivi e pronomi possessivi), utili a immedesimare nel contesto scenico gli spettatori e ad accrescere la sensazione di realtà della rappresentazione teatrale.
GOLDONI

brighella Signor.
florindo Arlecchino.
arlecchino Son qua.
florindo Assistetemi. Ho bisogno di voi. Venite qui, datemi la vostra mano in pegno della vostra fede.

Carlo Goldoni, La donna di garbo, Mondadori, Milano 1980

 >> pagina 426

Lo spazio del teatro

Poiché il teatro combina l’evento reale dello spettacolo e il mondo immaginario in esso rappresentato, la dimensione dello spazio acquista molteplici significati. È possibile distinguere tre principali tipologie di spazio, che convivono durante l’evento teatrale.


1. Il luogo teatrale è lo spazio concreto in cui si svolge lo spettacolo.

Nell’antica Grecia gli attori recitavano in teatri all’aperto, in cui gli spettatori sedevano su gradinate di pietra, formanti la cosiddetta “cavea”. Di fronte al pubblico veniva collocata una struttura, originariamente in legno e poi in pietra, che costituiva la scenografia fissa, dietro la quale gli attori si preparavano o si ritiravano dopo aver recitato la propria parte sul proscenio.

A Roma si svilupparono invece edifici teatrali costruiti interamente in muratura, fin dalle fondamenta. Il proscenio, cioè lo spazio su cui si muovevano gli attori, era costituito da una piattaforma bassa e profonda, delimitata da un’architettura su più piani: sulla sua tettoia veniva fissato il velarium, una copertura mobile in tessuto a protezione degli spettatori dalla pioggia e dalla canicola.

In epoca medievale, le opere teatrali venivano rappresentate per lo più in luoghi pubblici (strade, piazze o all’interno delle chiese); nel corso del Quattrocento, invece, gli spazi adibiti alla scena furono quelli dei cortili e delle sale interne alle accademie e ai palazzi delle grandi famiglie signorili. Dal XVI al XIX secolo si affermò in tutta Europa il modello del “teatro all’italiana”: l’edificio presentava una sala di varia planimetria (a semiellisse, a campana o a ferro da cavallo) e un palcoscenico soprelevato rispetto alla platea semicircolare dove si assiepava il pubblico, in piedi. Agli spettatori di riguardo venivano riservati dei palchi, vere e proprie stanze separate, che potevano essere chiuse all’esterno da una porta o da una tenda per garantire ai presenti la massima riservatezza, al riparo da occhi indiscreti.

Nel corso del Novecento e in epoca contemporanea, le scelte legate ai luoghi chiuse dei teatri, si svolgono nuovamente all’aperto e addirittura in contesti non convenzionali come piazze, fabbriche, scuole, centri sociali e così via.


2. La scena corrisponde all’area del teatro nella quale solitamente recitano gli attori; collocata sulla pedana rialzata del palco, confina da un lato con la parte della sala adibita al pubblico, e dall’altro con ciò che sta, come si suol dire, “dietro le quinte”. Le quinte sono pannelli verticali realizzati in stoffa o in tela, posti ai lati del palcoscenico per delimitare la scena e nascondere gli attori che non stanno ancora recitando, oltre che le attrezzature necessarie allo spettacolo, come corde, fari, costumi ecc.

Teatro greco, V secolo a.C., Siracusa.

Una scena del documentario Pina, diretto da Wim Wenders nel 2011 e dedicato alla coreografa e ballerina Pina Bausch, che rivoluzionò il mondo del teatro-danza.

Quali tipologie di spazio caratterizzano un EVENTO TEATRALE?

La scena contiene anche i materiali della scenografia, che servono a rappresentare gli elementi spaziali previsti dal testo drammatico: scaffali di una biblioteca, interni domestici, automobili, campi di battaglia e via dicendo. Tutte queste ambientazioni sono raffigurate tramite strutture leggere e facili da spostare: durante lo spettacolo, così, è possibile alternare diverse ambientazioni, seguendo le esigenze dettate dal testo. La scenografia, inoltre, può essere dipinta o proiettata su una tela posta alle spalle del palco, detta fondale.


3. Lo spazio rappresentato è lo spazio immaginario in cui si svolgono gli eventi narrati nel testo drammatico: antiche città della Magna Grecia, castelli medievali, bastimenti, salotti dell’alta società e così via.teatrali sembrano ricollegarsi al passato. Gli spettacoli, infatti, oltre che nelle sale 

studio attivo

Quali tipologie di spazio caratterizzano un EVENTO TEATRALE?


LUOGO TEATRALE  lo spazio concreto in cui si svolge                                

SCENA  area del teatro nella quale solitamente recitano                                

SPAZIO                                  lo spazio immaginario in cui si svolgono gli eventi narrati nel testo drammatico.

La scena evocata

Il luogo teatrale può essere un teatro o una qualsiasi altra costruzione adatta a ospitare una rappresentazione; nel caso del teatro di strada, invece, sono attori e pubblico ad adattarsi a una struttura esistente e di solito destinata ad altri scopi. All’interno del luogo teatrale si può individuare lo spazio scenico, cioè il perimetro della rappresentazione vera e propria, affidata agli attori.

Lo spazio rappresentato, inesistente fino a un momento prima dell’inizio della rappresentazione, è quello che viene evocato, grazie all’immaginazione degli spettatori e alla maestria del regista.

 >> pagina 428 

Il regista e la compagnia teatrale

Il teatro è un’arte collettiva. Alla realizzazione dello spettacolo teatrale, infatti, non solo sono necessari l’autore e un numero variabile di attori, ma anche un gruppo di persone che non si occupano direttamente di recitazione: lo scenografo, il tecnico delle luci, l’addetto ai costumi, la persona incaricata di gestire musiche ed effetti sonori ecc. A coordinare questa squadra di professionisti è il regista, che si occupa anche di fornire le linee guida per l’interpretazione del testo drammatico. Lo stesso testo – per esempio l’Amleto di Shakespeare – può essere rappresentato in modi completamente diversi, per quanto riguarda la scenografia, la recitazione e anche i significati profondi che il regista vuole trasmettere. Il complesso di persone coinvolte nell’allestimento di uno spettacolo teatrale, quando forma un’associazione stabile, prende il nome di compagnia teatrale, un tempo diretta dal cosiddetto capocomico.

Il teatro, di qualunque epoca e genere, ha al suo centro attori e attrici e la loro performance sulla scena; per quanto l’allestimento comprenda molteplici elementi, sono loro a stabilire il contatto più forte con il pubblico, veicolando il testo drammatico attraverso il proprio estro creativo. Quando salgono sul palcoscenico e cominciano a recitare, infatti, essi finiscono per incarnare – nel vero senso della parola – un personaggio di finzione: gli prestano, cioè, il loro corpo, la loro voce, la loro mente, per farlo esistere nel mondo reale, seppure per la breve durata dello spettacolo. Gli spettatori si trovano così davanti sventurate principesse, eroi mitologici, seduttori impenitenti, ma anche ubriaconi, soldati, uomini e donne comuni coinvolti nelle più strane e intriganti avventure.

Attraverso quali modalità comunicative si esprimono gli attori? Innanzitutto per mezzo della prossemica, ossia la disposizione del corpo nello spazio della scena. In secondo luogo, essi comunicano grazie alla mimica facciale, che consiste nella modificazione delle espressioni del volto, usate per rendere il carattere dei personaggi o per sottolineare particolari stati psicologici. In terzo luogo, gli attori mettono in atto una speciale e articolata gestualità, che accompagna ed enfatizza la recitazione, e che assume scopi e significati autonomi (indicare un oggetto, mimare uno svenimento, sparare con una pistola immaginaria, esprimere “senza parole” passione amorosa o disperazione). Infine, la recitazione implica l’uso del linguaggio verbale: gli attori seguono fedelmente il testo drammatico – oppure improvvisano – utilizzando le parole o il canto per interagire con gli altri personaggi e con il pubblico.

Il teatro, che passione!

Carlo Goldoni (1707-1793), il più noto commediografo italiano, era appassionato fin da piccolo di burattini e commedie. Mandato dal padre a studiare filosofia a Rimini, a tredici anni fa amicizia con una compagnia teatrale, con il capocomico e soprattutto con le attrici! Decide addirittura di fuggire sulla loro barca alla volta di Chioggia per raggiungere sua madre. La passione per il teatro, per il suo mondo, per la sua umanità lo hanno ormai contagiato.

 >> pagina 430

Lo spettatore

Un’altra caratteristica fondamentale che distingue il teatro dalle altre forme espressive, come la letteratura e la pittura, riguarda lo speciale rapporto che esso crea con il fruitore. Lo spettacolo teatrale, infatti, non può esistere senza la compresenza fisica del pubblico, il quale coopera attivamente per dar vita all’evento. Gli spettatori non sono delle presenze mute che si limitano ad assistere alla prestazione degli attori; talvolta, gli attori si rivolgono direttamente a essi, oppure vi si mescolano fisicamente, arrivando fino a rivolgersi a singoli individui.

D’altra parte, il pubblico ha a sua disposizione una serie di strumenti per “farsi sentire” dagli attori, reagendo alla fine dello spettacolo che gli è stato proposto: fischi, applausi, urla, reazioni di indignazione o di meraviglia. Si tratta di possibilità oggi meno sfruttate di ieri: il religioso silenzio mantenuto dagli spettatori – di solito attentissimi durante lo spettacolo – è infatti una convenzione tipica dell’epoca contemporanea. Molto più caotiche di quelle odierne, le sale teatrali del passato erano animate da conversazioni mondane, banchetti luculliani, giochi di società, reazioni violente di apprezzamento o di disgusto rispetto alle performance degli attori. Tutte queste occupazioni, lungi dal costituire meri fattori di disturbo, erano parte integrante dell’evento teatrale, che rappresentava, ancora più di quanto accada nella nostra epoca, un’importante occasione di incontro e socializzazione per la comunità.

2. IL TESTO DRAMMATICO

Essendo concepito per la messa in scena, il testo teatrale presenta delle caratteristiche specifiche, che è necessario conoscere per allestire uno spettacolo o comprenderne, da spettatori, le dinamiche di svolgimento. Tali caratteristiche riguardano la struttura del testo, la tipologia di scrittura e la scelta dei contenuti, quasi sempre legati a ruoli e caratteri dei personaggi.
 >> pagina 431

Il copione

Innanzitutto occorre precisare che il testo drammatico non viene messo in scena così come è stato composto dall’autore. Infatti, quando una compagnia teatrale si accinge ad allestire uno spettacolo, agli attori, al suggeritore, allo scenografo e agli altri elementi della compagnia viene distribuito un copione.

Questo consiste in una riproduzione del testo drammatico, a cui il regista ha apportato delle modifiche con lo scopo di fornire una particolare interpretazione dell’opera o con quello di adattare il testo originale al contesto storico-culturale in cui avviene la messa in scena. Durante le prove che precedono la rappresentazione, inoltre, ciascun attore può modificare la propria parte, cioè l’insieme delle parole e dei gesti del suo personaggio, per particolari esigenze di scena, o per renderla più consona alle proprie capacità di recitazione.

I personaggi

  • Rispetto al testo narrativo, in quello teatrale manca di solito la figura del narratore: l’intero sviluppo della vicenda è infatti determinato dagli attori che danno parola e movimento al personaggio che interpretano. Lungo i secoli, la tradizione drammatica ci ha regalato figure memorabili, che hanno segnato in profondità l’immaginario collettivo: re macchiatisi di orribili delitti, soldati fanfaroni, innamorate infelici, seduttori incalliti, vecchiacci avarissimi.

    Esiste naturalmente una gerarchia dei ruoli nella struttura dell’opera rappresentata: a seconda della profondità con cui vengono caratterizzati e della centralità assunta nell’ambito dello sviluppo della vicenda messa in scena, i personaggi si dividono in protagonisti, antagonisti e comparse.

    protagonisti sono le figure più importanti nell’azione drammatica; molto spesso, sono ostacolati dagli antagonisti, che si oppongono alla realizzazione dei loro obiettivi: per esempio, la fanciulla tebana Antigone vuole seppellire il fratello, morto in guerra, ma il re suo zio la condanna a vivere reclusa in una grotta; Romeo e Giulietta si amano ma non possono sposarsi, a causa dell’ostilità che divide le loro famiglie; don Giovanni vuole continuare la sua vita di seduttore impenitente, ma viene trascinato all’inferno dalla statua dell’uomo che ha ucciso.

  • Le comparse, invece, sono personaggi che rivestono un ruolo marginale nello svolgimento dell’azione, come un gruppo di soldati o di popolane, oppure i membri della servitù di una casa nobiliare. Tali personaggi – che spesso non hanno diritto di parola – rimangono sullo sfondo, rendendo la scena più ricca, coinvolgente e verosimile.

  •  >> pagina 432

    Gli atti e le scene

    Il testo drammatico è solitamente suddiviso in atti, che danno ordine allo svolgimento della storia, in modo non troppo dissimile da ciò che fanno i diversi capitoli nella struttura di un romanzo. Il loro numero è variabile fino a un massimo di cinque: esistono tuttavia testi particolarmente brevi, corrispondenti a un solo atto (atto unico).

    Nel teatro di oggi capita frequentemente che tra un atto e l’altro muti l’ambientazione: la chiusura del sipario può determinare il cambiamento del luogo in cui matura la vicenda, un salto temporale o lo sviluppo di un’azione parallela diversa da quella principale. Un tempo non era così, dal momento che vigevano regole più stringenti, le cosiddette unità aristoteliche, poiché tradizionalmente attribuite al filosofo greco Aristotele, fissate per rendere più verosimile la messa in scena. Tali regole prescrivevano che la vicenda narrata nelle opere teatrali dovesse presentare:

    • unità di tempo (la vicenda doveva esaurirsi nell’arco di una giornata);
    • unità di spazio (la vicenda doveva svolgersi in un unico luogo);
    • unità di azione (la vicenda doveva sviluppare un solo nucleo drammatico).

    Ogni atto può essere diviso in scene, ciascuna delle quali è caratterizzata dalla presenza di un determinato gruppo di personaggi, che interagiscono scambiandosi battute e muovendosi sul palco. All’inizio di ogni scena viene riportato l’elenco dei personaggi presenti, come possiamo vedere da questo esempio tratto dalla commedia Gli innamorati di Carlo Goldoni (1707-1793):

    GOLDONI

    SCENA III
    Eugenia e Tognino
    EUGENIA A che ora è venuto a casa, iersera, il vostro padrone?
    TOGNINO È venuto prima del solito, non erano ancor suonate le due.

    Carlo Goldoni, Commedie scelte, vol. II, a cura di G. Ortolani, Utet, Torino 1949

     >> pagina 433

    Le didascalie

    Leggendo un testo drammatico, ci imbattiamo in primo luogo in importanti indicatori, detti “didascalie”, generalmente riportate in corsivo e talvolta tra parentesi nel testo.

    Le didascalie, di lunghezza variabile, costituiscono delle vere e proprie “istruzioni di regia”: esse indicano dove si svolge l’azione, precisano caratteri e modalità della scena, delle musiche, delle luci, dei costumi, stabiliscono l’entrata e l’uscita dei personaggi, le modalità espressive di recitazione, gli sviluppi della narrazione. Prendiamo a modello quattro esempi di didascalia, divisi secondo la funzione svolta all’interno del testo.


    1. Caratteristiche

    della scenografia

    e dell’ambientazione

    A sinistra, la casa del dottor Wangel. La casa è circondata dal giardino e ha una terrazza coperta. Sotto la terrazza una grande asta per bandiera. A destra, nel giardino, c’è un pergolato verde con una tavola e alcune sedie. In fondo, una siepe d’arbusti con un cancelletto. Dietro la siepe, un viale che costeggia la riva del fiordo. Tra gli alberi si scorge il fiordo e, più lontano, una catena di montagne alte con qualche picco. Caldo e luminoso mattino d’estate.

    Henrik Ibsen, La donna del mare, trad. di Térésah, Mondadori, Milano 1921

    2. Entrata e uscita

    dei personaggi

    GENTILUOMO Se così piace a vostra grazia, i due grandi cardinali aspettano di là, nella sala delle udienze.

    REGINA CATERINA Vorrebbero forse parlare con me?

    GENTILUOMO Così m’han detto di riferire il mio messaggio, signora.

    REGINA CATERINA Pregate le loro venerabili grazie di accomodarsi qui dentro. (esce il Gentiluomo) Che cosa possono mai desiderare da me, che son ridotta una povera debole donna, e per di più in disgrazia? […]

    Entrano i cardinali Wolsey e Campeggi.

    WOLSEY La pace sia con vostra altezza!

    William Shakespeare, Enrico VIII, trad. di G. Baldini, Fabbri Editori, Milano 2003

    3. Modalità espressive

    di recitazione

    SIGNOR MARTIN (sognante) Curiosa, curiosissima, incredibilmente curiosa circostanza! Nella mia camera da letto c’è un letto. Il mio letto è coperto da un piumino verde. Questa camera, con il suo letto e il suo piumino verde, si trova in fondo al corridoio tra il water e la biblioteca, cara signora!

    Eugène Ionesco, La cantatrice calva, in Teatro completo, trad. di G.R. Morteo, Einaudi-Gallimard, Torino 1993

    4. Sviluppi della narrazione

    AGAZZI (davanti all’uscio in fondo) Passi, passi, prego.

    Farà entrare il signor Ponza, poi entrerà lui e si dirigerà alla scrivania per prendere le carte che avrà finto di dimenticare lassù.

    Ecco, devo averle lasciate qua. S’accomodi, prego.

    Il signor Ponza resterà in piedi, guardando con agitazione verso il salotto, donde verrà il suono del pianoforte.

    Eccole qua, difatti.

    Prenderà le carte e s’appresserà al signor Ponza sfogliandole.

    Luigi Pirandello, Così è (se vi pare), in Maschere nude, vol. I, a cura di A. d’Amico, Mondadori, Milano 1983

     >> pagina 434

    Le battute

    Un’altra caratteristica che distingue un testo drammatico da un testo narrativo o poetico è la divisione in battute, le parole scritte nel testo per essere poi pronunciate dai personaggi. A seconda del destinatario a cui sono indirizzate, esse si dividono in varie tipologie.


    • Dialogo

    Si ha quando due o più personaggi parlano tra loro, alternando le battute: sulla scena, così, prende corpo un discorso costituito da diverse voci, che può essere più o meno concitato a seconda della lunghezza, del contenuto e dell’atteggiamento dei partecipanti.

    Quando il dialogo coinvolge tre o più persone, si parla di concertato.

    Abbiamo invece un “botta e risposta” quando le battute sono brevi e caratterizzate da un ritmo incalzante, come si vede nel dialogo qui a fianco.

    ESTRAGONE Dove andiamo?

    VLADIMIRO Non lontano.

    ESTRAGONE No, no, andiamocene lontano di qui!

    VLADIMIRO Non si può.

    ESTRAGONE Perché?

    VLADIMIRO Bisogna tornare domani.

    ESTRAGONE A far che?

    VLADIMIRO Ad aspettare Godot.

    Samuel Beckett, Aspettando Godot, trad. di C. Fruttero, Einaudi, Torino 1976

    • Monologo

    Consiste in un lungo discorso tenuto da un personaggio, che esprime il proprio punto di vista al pubblico o a un altro personaggio presente sulla scena, che funge da ascoltatore silenzioso.

    enrico iv Codesto vostro sgomento, perché ora, di nuovo, vi sto sembrando pazzo! – Eppure, perdio, lo sapete! Mi credete; lo avete creduto fino ad ora che sono pazzo! – È vero o no? (li guarda un po’, li vede atterriti) Ma lo vedete? Lo sentite che può diventare anche terrore, codesto sgomento, come per qualche cosa che vi faccia mancare il terreno sotto i piedi e vi tolga l’aria da respirare? Per forza, signori miei! Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! – Eh! che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma! Volubili! Volubili! Oggi così e domani chi sa come! – Voi vi tenete forte, ed essi non si tengono più. Volubili! Volubili!

    Luigi Pirandello, Enrico IV, in Sei personaggi in cerca d’autore; Enrico IV, Mondadori, Milano 1965

    • Soliloquio

    È il discorso di un personaggio che parla tra sé e sé, o si rivolge a interlocutori immaginari oppure assenti dalla scena.

    macbeth […] Domani, poi domani, poi domani: così, da un giorno all’altro, a piccoli passi, ogni domani striscia via fino all’ultima sillaba del tempo prescritto; e tutti i nostri ieri han rischiarato, a degli stolti, la via che conduce alla polvere della morte. Spengiti, spengiti breve candela! La vita non è che un’ombra che cammina; un povero commediante, che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla.

    William Shakespeare, Macbeth, trad. di M. Praz, Sansoni, Firenze 1984

    • A parte

    È un tipo di battuta che il personaggio pronuncia rivolgendosi direttamente al pubblico, senza che gli altri personaggi in scena, pur molto vicini, possano sentirlo. Di solito è segnalato attraverso una didascalia.

    davo (tra sé) Che rimedio mi invento ora, per questo guaio?

    simone Che succede? Possibile che sia così folle? Da una straniera… Ma certo! Ho capito solo ora, che stupido che sono!

    davo (tra sé) Cosa dice di aver capito, questo qui?

    Terenzio, Andria, in Andria, Hecyra, trad. di L. Pepe, Mondadori, Milano 1993

    • Fuori campo

    Si tratta di una battuta pronunciata da un personaggio “dietro le quinte”, che non si trova quindi in scena, e perciò è nascosto agli occhi degli spettatori; anch’essa è sempre segnalata da apposite didascalie.

    cassie (a Glenn) Ti ho visto dal finestrino della macchina. Con chi parlavi al telefono?

    glenn (mentre salgono) Con Carole Newman… Ha scoperto chi è che mette in giro quelle dicerie sul nostro conto.

    cassie Chi è?

    claire È Harold Green. (sono tutti per le scale. Improvvisamente si sente bussare dall’interno della porta della cantina. Tutti si fermano e si voltano)

    myra (da dietro la porta) Aprite. Aprite. Fatemi uscire!

    ken Chi è?

    myra (da dietro la porta) Sono Myra! (tutti guardano Lenny, increduli)

    Neil Simon, Rumors, trad. di L. Cardilli, 1988


    Nel finale di Rumors di Neil Simon (n. 1927), il personaggio di Myra parla da dietro la porta, e perciò è collocato fuori campo.

    Un aiuto in buca

    Il suggeritore era la persona che leggeva dal copione le battute per rammentare la parte agli attori: fino a poco più di mezzo secolo fa stava nell’apertura praticata al centro del palcoscenico, proprio a ridosso della ribalta, nascosto agli spettatori da un cupolino. Non poteva dirsi attore né spettatore: la sua “buca”, proprio sulla linea del palcoscenico, lo collocava in una dimensione intermedia.

    La dolce fiamma - volume B
    La dolce fiamma - volume B
    Poesia e teatro