T1 - TESTO GUIDA - Fabrizio De André, La guerra di Piero

testo guida

T1

Fabrizio De André

La guerra di Piero

  • Data di composizione 1964
Fabrizio De André nasce a Genova nel 1940. Di estrazione borghese, manifesta presto carattere irrequieto e talento musicale: parallelamente a un percorso scolastico piuttosto accidentato, studia il violino e la chitarra e, dopo il liceo classico, entra nell’ambiente della cosiddetta Scuola genovese, un gruppo di cantautori che, dai primi anni Sessanta, fanno scalpore nel mondo della musica leggera perché contrappongono, alla tradizione delle canzonette sentimentali, contenuti considerati spesso scandalosi rispetto alle convenzioni del tempo. Sono infatti centrali, nelle canzoni di De André, le figure degli “ultimi”: emarginati, prostitute, ribelli e sognatori, le cui storie smascherano, toccando la sensibilità del pubblico, le ipocrisie dei potenti e i conformismi bigotti della società. Esordisce con il pezzo Nuvole barocche nel 1961, ma la notorietà arriva solo con La canzone di Marinella, triste ballata romantica interpretata, nel 1968, dalla celebre cantante Mina. Nei suoi quarant’anni di carriera, De André pubblica tredici album in studio tra cui, interamente in genovese, Crêuza de mä (1984). I suoi testi sono fitti di echi letterari e di riferimenti culturali: ad autori americani (Edgar Lee Masters) e francesi (François Villon, Baudelaire e i “poeti maledetti” del secondo Ottocento), ma anche ai trovatori medievali e alla musica popolare italiana. Muore a Milano nel 1999.

La ballata, scritta dall’autore in collaborazione con il chitarrista Vittorio Centanaro, venne registrata nel 1964 e una seconda volta nel 1968. Fu adottata, per il suo contenuto antimilitarista, dagli studenti e dai contestatori della fine degli anni Sessanta.

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Audiolettura

Dormi sepolto in un campo di grano

non è la rosa non è il tulipano

che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,

ma sono mille papaveri rossi.


5      «Lungo le sponde del mio torrente

voglio che scendan i lucci argentati,

non più i cadaveri dei soldati

portati in braccio dalla corrente».


Così dicevi ed era d’inverno

10    e come gli altri verso l’inferno

te ne vai triste come chi deve

il vento ti sputa in faccia la neve.

Fermati Piero, fermati adesso

lascia che il vento ti passi un po’ addosso,

15    dei morti in battaglia ti porti la voce,

chi diede la vita ebbe in cambio una croce.


Ma tu non lo udisti e il tempo passava

con le stagioni a passo di giava

ed arrivasti a varcar la frontiera

20    in un bel giorno di primavera.


E mentre marciavi con l’anima in spalle

vedesti un uomo in fondo alla valle

che aveva il tuo stesso identico umore

ma la divisa di un altro colore.

25    Sparagli Piero, sparagli ora

e dopo un colpo sparagli ancora

fino a che tu non lo vedrai esangue,

cadere in terra a coprire il suo sangue.


«E se gli sparo in fronte o nel cuore

30    soltanto il tempo avrà per morire

ma il tempo a me resterà per vedere

vedere gli occhi di un uomo che muore».


E mentre gli usi questa premura

quello si volta ti vede ha paura

35    ed imbracciata l’artiglieria

non ti ricambia la cortesia.


Cadesti a terra senza un lamento

e ti accorgesti in un solo momento

che il tempo non ti sarebbe bastato

40    a chieder perdono per ogni peccato.

Cadesti a terra senza un lamento

e ti accorgesti in un solo momento

che la tua vita finiva quel giorno

e non ci sarebbe stato ritorno.


45    «Ninetta mia, crepare di maggio

ci vuole tanto troppo coraggio.

Ninetta bella, dritto all’inferno

avrei preferito andarci in inverno».


E mentre il grano ti stava a sentire

50    dentro le mani stringevi il fucile,

dentro la bocca stringevi parole

troppo gelate per sciogliersi al sole.


Dormi sepolto in un campo di grano

non è la rosa non è il tulipano

55    che ti fan veglia dall’ombra dei fossi

ma sono mille papaveri rossi.

 >> pagina 348 

A tu per tu con il testo

Se pensiamo ai caduti in guerra, a molti di noi vengono in mente allori e fanfare, i marmi e i bronzi dei monumenti omaggiati nelle cerimonie ufficiali: chi muore per la patria viene pubblicamente celebrato, per l’eroismo della sua azione, per il suo contributo di sangue alla grandezza della nazione. Anche Piero è caduto in guerra, nel pieno della primavera: il suo corpo senza vita, però, riceve soltanto gli onori del grano maturo e dei papaveri che ondeggiano sgargianti tra le spighe. Davanti al suo cadavere non avvertiamo alcun fremito d’orgoglio, bensì il penoso contrasto tra la natura in fiore e la sua giovinezza, troppo presto spezzata prima di compiersi. Una pena che diventa strazio perché le parole del cantautore fanno rivivere, in chi le ascolta, i dubbi, la paura, i pensieri semplici e umani che nascono nel cuore di un ragazzo come tanti, e che sta per morire ma non si dà un perché. Non c’è gloria nell’andarsene così, sembra dirci la storia di Piero. Non c’è sacrificio o martirio: solo ingiustizia e insensata casualità, l’esitazione del protagonista e il gesto istintivo del nemico preso dalla paura. De André canta con apparente freddezza, senza mai cedere al patetico e alla retorica: ma proprio per questo più forte esplode in chi ascolta la commozione per la sorte di Piero e la repulsione per l’inciviltà di tutte le guerre.

 >> pagina 349 

Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Riassumi la vicenda di Piero in massimo 10 righe.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

2. Quale rima usa il cantautore per dare alla canzone il ritmo della ballata?


3. Nella canzone sono presenti molti elementi naturali: quale funzione svolgono? Che rapporto c’è tra il paesaggio e lo stato d’animo di Piero?


Il campo di grano e i papaveri

Il torrente



Il vento




4. Attraverso quale strategia retorica viene evidenziata la rapidità della reazione del soldato nemico?


5. A chi possono essere attribuite, a tuo parere, le parole della quarta strofa (Fermati Piero…)? Quale concetto esprimono?


6. A chi attribuiresti le parole della settima strofa (Sparagli Piero…) e perché?


7. Individua, nel testo, le figure di ripetizione: in quali punti si concentrano? Qual è la loro funzione?


8. Come viene descritto l’altro soldato? Viene mai usata la parola “nemico”? Perché? Esponi le tue considerazioni.

 >> pagina 350 

COMPETENZE LINGUISTICHE

9. Lessico. La parola esangue (e privativo + sangue), presente al v. 27, significa letteralmente “senza sangue”, “privo di sangue”, quindi, per estensione, “morto”, ma anche “pallido” (per esempio, un viso esangue). Ti proponiamo una serie di espressioni con “senza” (privo di): trova l’aggettivo che esprima lo stesso concetto con un’unica parola. Quali di questi sono aggettivi derivati?


Espressione

Aggettivo

a) Senza barba

b) Senza paura

c) Senza forze

d) Senza eredità

e) Senza peli

f) Senza frutto

g) Senza fortuna

h) Senza motivo

i) Senza pietà

j) Senza spiegazione

PRODURRE

10. Scrivere per esprimere Che cosa avrà pensato il soldato nemico alla vista di Piero? Scrivi un breve monologo interiore in cui esprimi i suoi pensieri e le sue emozioni (massimo 15 righe).


11. Scrivere per confrontare Confronta la descrizione della morte di Piero con quella del «compagno massacrato» di Ungaretti in Veglia ( T1, p. 379): puoi individuare delle somiglianze e delle differenze (massimo 15 righe)?

spunti di ricerca interdisciplinare

Educazione civica

La Costituzione della Repubblica Italiana, scritta all’indomani della Seconda guerra mondiale, contiene un articolo, il numero 11, in cui la guerra viene esplicitamente rifiutata come mezzo di risoluzione dei conflitti. Leggi l’articolo insieme ai tuoi compagni e discutilo: ti sembra che esso venga effettivamente rispettato oppure no?

SPUNTI PER discutere IN CLASSE

Conoscevi già questa o altre canzoni di Fabrizio De André? Ti piace questo genere di musica? Perché? Ritieni che uno dei compiti della musica sia trasmettere anche messaggi importanti (come in questo caso) oppure che debba rimanere solo un mezzo di svago e divertimento?

 >> pagina 351

Se ti è piaciuto

Il volto della guerra

Nel Novecento il cinema ha saputo colpire a fondo l’immaginario di chi al fronte non c’è mai stato, ma anche di chi ci è stato e ha sperimentato in prima persona le follie belliche. Queste sono al centro di numerose pellicole dedicate alla Prima guerra mondiale, come All’ovest niente di nuovo (1930, regia di Lewis Milestone), vietato dai nazisti per il suo messaggio pacifista, e il nostrano La grande guerra (1959, regia di Mario Monicelli).

La realtà delle trincee, fatta di angoscia, sporcizia, paranoia, risalta anche in Orizzonti di gloria (1957), capolavoro di Stanley Kubrick, che in seguito girerà un altro film antimilitarista, dedicato stavolta alla guerra scatenata dagli Stati Uniti in Vietnam: Full Metal Jacket (1987), dove viene descritto il durissimo addestramento di un gruppo di reclute, trasformate in strumenti di morte, senza alcun riguardo per la loro individualità.

Lo sconvolgente ritorno della guerra in Europa negli anni Novanta, a causa del sanguinoso conflitto jugoslavo, ha offerto lo spunto per la pellicola di Denis Tanovic´ No Man’s Land (2001): è la storia ridicola e insieme atroce di un soldato ferito, che non può muoversi perché farebbe esplodere la mina su cui è sdraiato. Intorno a lui si agitano senza costrutto soldati bosniaci, serbi, i caschi blu dell’Onu e uno stuolo di giornalisti che vorrebbero documentare la situazione.

Di orrori bellici si è occupato a più riprese anche il cinema d’animazione: Valzer con Bashir (2008), dell’israeliano Ari Folman, torna per esempio sulla guerra in Libano del 1982, seguendo il percorso di un soldato deciso a superare un’amnesia dovuta ai sensi di colpa.

Un discorso a sé meriterebbe infine una forma artistica spesso non riconosciuta adeguatamente, ma di grandissimo impatto sull’opinione pubblica: le vignette pubblicate su quotidiani e periodici che, nei casi migliori, riescono a cogliere con fulminante acume l’assurdità della guerra.

La dolce fiamma - volume B
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Poesia e teatro