T3 - ANALISI ATTIVA - Giuseppe Gioachino Belli, Cosa fa er Papa?

analisi attiva

T3

Giuseppe Gioachino Belli

Cosa fa er Papa?

  • Data di composizione 9 ottobre 1835
  • Lingua originale dialetto romanesco
  • Metro sonetto con rime ABBA ABBA CDC EDE
Giuseppe Gioachino Belli nasce nel 1791 a Roma, allora capitale dello Stato Pontificio. Orfano a sedici anni di entrambi i genitori, deve abbandonare gli studi per lavorare prima come segretario presso famiglie nobili, poi all’interno dell’amministrazione papalina. Nel 1816 sposa una ricca vedova di tredici anni più anziana: può così dedicarsi con agio agli studi e ai versi, componendo poemi, sonetti, odi e canzoni in italiano. Inizia il periodo più felice della vita di Belli, che nel 1824 vede nascere l’unico figlio, Ciro. Viaggia molto, entrando in contatto con gli ambienti culturali fiorentini, milanesi, napoletani. Negli anni Trenta si dedica con impegno quotidiano alla poesia in romanesco, ma la morte della moglie, nel 1837, lo fa precipitare in una difficile situazione, e si vede costretto a riprendere il mestiere di impiegato. Ideologicamente conservatore, nel 1849 assiste con sgomento alla fuga del papa e alla nascita della Repubblica romana, capeggiata da Mazzini e Garibaldi. Restaurato l’ordine pontificio viene chiamato nel ruolo di censore teatrale, che esercita con rigore, vietando tra l’altro la rappresentazione delle opere di Shakespeare, ritenute scandalose. Muore a Roma nel 1863, raccomandando di bruciare i suoi oltre duemila sonetti in romanesco, quasi tutti inediti. Per fortuna, non viene assecondato.

Il contadino zappa, il fabbro batte l’incudine, l’impiegato scrive, la maestra insegna: d’accordo. Ma il papa, che fa il papa? Alla domanda risponde il popolano al quale Belli dà voce in questo sonetto.

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Audiolettura

Cosa fa er Papa? Eh ttrinca, fa la nanna,

taffia, pijja er caffè, sta a la finestra,

se svaria, se scrapiccia, se scapestra,

4      e ttiè Rroma pe ccammera-locanna.


Lui, nun avenno fijji, nun  z’affanna

a ddirigge e accordà bbene l’orchestra;

perché, a la peggio, l’ùrtima minestra

8      sarà ssempre de quello che ccommanna.


Lui l’aria, l’acqua, er zole, er vino, er pane,

li crede robba sua: È tutto mio;

11    come a sto monno nun ce fussi un cane.


E cquasi quasi goderìa sto tomo

de restà ssolo, come stava Iddio

14    avanti de creà ll’angeli e ll’omo.


Giuseppe Gioachino Belli, Sonetti, a cura di P. Gibellini, Mondadori, Milano 1990

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A tu per tu con il testo

La nostra vita scorre imbrigliata dalle regole, alle quali ci sottoponiamo più o meno volentieri. Vestirsi in modo appropriato, rispondere a modo, mettere il casco quando guidiamo lo scooter, avvertire se non torniamo a casa, e così via. In ogni momento possiamo ribellarci, ma sappiamo che questo comporterà delle conseguenze. La presenza delle istituzioni – dalla scuola alla forza pubblica, dagli ospedali alla famiglia – garantisce e modella la vita sociale. Bene. Ma fino a che punto questo vale per chi le istituzioni le presiede? Ogni tanto viene spontaneo fantasticare sui privilegi di cui può godere il presidente degli Stati Uniti, o il papa, come accade nel sonetto di Belli, dove sotto la vernice della satira emerge lo stupore di un popolano. Che invidia! La fantasia galoppa: aerei lussuosi come l’Air Force One, folle sterminate che applaudono un uomo minuscolo che in lontananza le benedice da una finestra. Ma è ingenuo credere che la volontà dei grandi della terra sia legge, che possano fare e disfare a loro piacimento. Se potessimo trascorrere una giornata in loro compagnia ci accorgeremmo di quanto le cose siano diverse. Chi regge le redini del potere, se vuole restare in sella, deve fare i conti con mille costrizioni, mille condizionamenti ai quali deve concedere la maggior parte del proprio tempo.

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Analisi ATTIVA

Per molti anni i sonetti in romanesco furono per Belli un esercizio quotidiano, nel corso del quale il poeta dava voce allo spirito popolare della città, alternando argute riflessioni, bozzetti vivaci e satire taglienti, permeate da un realismo crudo ed efficace. Non possiamo in effetti confondere la mentalità che emerge da questi versi con quella dell’autore in carne e ossa, con il Belli persona, insomma, che fu impiegato pontificio e borghese rispettabile. Il cinico pragmatismo di Cosa fa er Papa? appartiene piuttosto alla plebe, che osserva e racconta con irriverenza lo spettacolo del potere vaticano, accorrendo a cerimonie religiose, feste o impiccagioni con il medesimo entusiasmo. Si tratta di uno sguardo spregiudicato e velenosamente satirico, ma al tempo stesso rassegnato davanti a un ordine sociale e politico destinato a non cambiare mai. La condizione del popolo rimarrà sempre condannata a una miseria senza speranza: tuttavia questa consapevolezza non suscita in Belli pensieri di ribellione, ma tutt’al più sconfortata amarezza.

1. Quali versi ed espressioni, secondo te, indicano con maggior forza il punto di vista popolare che mal tollera il potere?

2. Quali figure retoriche evidenziano con grande forza polemica le attività del papa elencate al v. 3?
  • a Il polisindeto. 
  • b Il chiasmo. 
  • c L’allitterazione. 
  • d La ripetizione. 
  • e L’anafora. 
Al tempo in cui venne scritto questo sonetto sul soglio papale sedeva Gregorio XVI (il bellunese Bartolomeo Alberto Cappellari, 1765-1846), che fornì a Belli materia per decine di sonetti, tanto che alla sua morte commentò: «Je volevo bene perché me dava er gusto de potenne dì male» (“Gli volevo bene perché mi dava il gusto di poterne parlare male”). In questo caso il punto d’avvio è costituito da una domanda innocente solo in apparenza, che innesca un’enumerazione di occupazioni piacevoli: il papa beve, mangia, dorme, ozia, si leva qualunque capriccio gli passi per la testa. Ne è ben padrone: nessuno – nemmeno Dio – verrà mai a chiedergliene conto, e non ha figli da crescere, come capita ai comuni mortali, oppressi dalla dura necessità di lavorare e mantenere dignitosamente la famiglia.

3. Le occupazioni a cui si dedica il papa sono (sono possibili più risposte)
  • a di grande responsabilità. 
  • b noiose e ripetitive. 
  • c piacevoli e goderecce. 
  • d raffinate e signorili. 
  • e quotidiane e plebee. 
  • f meditative e contemplative. 

4. Quali tra i seguenti campi semantici puoi individuare nel componimento? (sono possibili più risposte) Dopo averli identificati, fai almeno un esempio per ciascuno.
  • a Cibo. 
  • b Religione. 
  • c Sonno. 
  • d Penitenza. 
  • e Divertimento. 
  • f Lusso. 
  • g Possesso. 
  • h Povertà. 

Il ruolo di supremo pastore di anime è l’ultima delle preoccupazioni di questo papa. Più che la rabbia, si sente nella voce plebea che lo descrive un misto di invidia e ammirazione: se fosse al suo posto, probabilmente ciascuno di noi non si comporterebbe in altro modo. Nelle terzine il crescendo perviene a un delirio di onnipotenza: il papa non solo tiene Roma come fosse una camera sfitta, ma crede di sua proprietà elementi del cosmo e beni primari, l’aria, l’acqua, er zole, er vino, er pane (v. 9). Del tutto estraneo alla carità cristiana, raggiungerebbe la perfetta felicità esclusivamente se fosse solo al mondo, come Dio prima di creare gli uomini. Le considerazioni di una mente semplice si trasformano così da ultimo in una lucida riflessione sulla natura del potere, che conferisce al papa la grandezza malefica di un tiranno allegro e feroce.

5. Quali figure retoriche evidenziano, al v. 9, la brama di possesso del papa?
  • a L’accumulazione. 
  • b La ripetizione. 
  • c L’assonanza. 
  • d Il climax
  • e La paronomasia. 

6. Quale figura retorica istituisce un parallelo, al limite della blasfemia, tra il papa e Dio?

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Laboratorio sul testo

COMPETENZE LINGUISTICHE

7. Italiano e dialetti. Il dialetto di qualunque regione italiana indica con termini molto espressivi oggetti e azioni della quotidianità. Riesci a trovare, nel dialetto della tua zona, gli equivalenti di alcune espressioni usate nel sonetto, come trincare, taffiare, svariarsi, scrapicciarsi, scapestrarsi?

PRODURRE

8. Scrivere per raccontare Ma che cosa fanno davvero, nella loro vita quotidiana, i potenti della terra? Racconta, nella forma che preferisci (pagina di diario o di autobiografia, lettera, narrazione in prima o in terza persona…), la giornata (massimo 20 righe ciascuna):


a) del papa;

b) del presidente degli Stati Uniti d’America;

c) della regina d’Inghilterra.


9. Scrivere per confrontare Confronta l’immagine del potere papale che emerge da questo sonetto di Belli con quella di S’i’ fosse foco di Cecco Angiolieri ( T1, p. 265), argomentando opportunamente le tue considerazioni (massimo 20 righe).

SPUNTI DI RICERCA interdisciplinare

EDUCAZIONE CIVICA

Quando Belli compone i suoi sonetti, il papa è ancora il sovrano di un vero e proprio Stato, che occupa buona parte dell’Italia centrale. Con l’Unità d’Italia, però, il potere temporale del pontefice deve fare i conti con le rivendicazioni del nuovo Stato italiano, e i rapporti fra le due entità non sono sempre stati buoni. Insieme ai tuoi compagni, svolgi una ricerca che ripercorra l’evoluzione dei rapporti fra Stato e Chiesa prendendo in considerazione le seguenti tappe fondamentali: 1870, breccia di Porta Pia; 1929, Patti lateranensi; 1948, Costituzione della Repubblica italiana (in particolare gli artt. 7 e 8); 1984, revisione del Concordato (accordo di Villa Madama).

La dolce fiamma - volume B
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Poesia e teatro